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inflazione costi e soluzioni
- Subject: inflazione costi e soluzioni
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 06 Jan 2003 09:29:05 +0100
Da l'Unità del 04.01.2003 Inflazione, Berlusconi quanto ci costi di Ferdinando Targetti Molto si discute sul valore reale dell’inflazione in Italia: due e mezzo per l’Istat e un valore molto più alto per altri rilevatori indipendenti del costo della vita come l’Eurispes. Non vorrei soffermarmi sulle modalità di calcolo dell’inflazione, ma sulle cause della stessa e in particolare sulla relazione euro-inflazione. Le cause dell’inflazione sono molteplici: vi sono ragioni interne e ragioni esterne. Le principali cause esterne sono date dall’aumento dei prezzi in dollari delle materie prime, tra cui il petrolio, e dell’aumento del prezzo del dollaro rispetto alla moneta in cui si misura l’inflazione. Negli ultimi mesi su questo terreno si sono verificati due fenomeni di segno opposto: in un anno il prezzo del petrolio in dollari, a motivo della crisi irachena, è aumento del 57%; di segno contrario l’andamento del dollaro, che si è svalutato rispetto all’euro. L’euro comincia ad entrare infatti nei portafogli dei risparmatori internazionali e delle banche centrali come valuta di riserva e come valuta detenuta per scopi precauzionali in momenti di incertezza o quando spirano venti di guerra, caratteristica che prima aveva solo il dollaro e in minor misura il franco svizzero. Quindi la prima considerazione da fare è che, grazie all’euro, abbiamo importato meno inflazione di quella che avremmo importato se si fosse rimasti con la lira. Circa le cause interne conviene suddividere le componenti del prezzo in più fattori e poi cercare di dar conto del motivo per cui uno o più di questi fattori crescono nel tempo. Il costo di produzione di una merce è dato dal costo delle materie prime più il costo del lavoro. Delle materie prime estere abbiamo già detto. Circa i salari, essi sono cresciuti nell’ultimo anno all’incirca quanto la crescita della produttività del lavoro, mentre i prezzi dei prodotti finiti sono aumentati: quindi non sono i salari a causare l’aumento del costo della vita. Oltre al costo di produzione va considerato il costo della distribuzione che per i servizi significa la gran parte del costo complessivo. Sia il costo di produzione, sia quello di distribuzione sono maggiorati da un margine di profitto, che è tanto maggiore quanto maggiore è il grado di monopolio del produttore e del distributore e quanto minore la pressione della concorrenza. Una gran parte delle merci è prodotta in condizioni di concorrenza, soprattutto grazie all’apertura dei mercati e all’esistenza dell’euro, non così dicasi per i servizi, molti dei quali sono offerti da settori che non subiscono la concorrenza internazionale. La ragione principale dell’inflazione italiana risiede nella bassa concorrenza e quindi nell’elevato grado di monopolio del settore dei servizi e della distribuzione. Il cambio della lira in euro non è stato la causa, ma l’occasione per poter sfruttare l’elevato grado di monopolio da parte dei settori non esposti alla concorrenza. In effetti se si prendono le voci che hanno subito un maggiore incremento dall’introduzione dell’euro ad oggi sono quelle alimentari, alberghi e ristoranti e alcune tariffe tra cui quelle assicurative in particolare, mentre tra queste non si ritrovano certo le automobili o i personal computer merci prodotti in settori nel quale vige la concorrenza internazionale. Ora se la causa dell’inflazione fosse l’euro l’aumento dei prezzi si sarebbe verificato in tutti i settori, così come quando l’inflazione italiana degli anni Settanta era causata dalla svalutazione della lira: ma così non è. Un pasto al ristorante che costava 40mila lire spesso oggi costa circa 40 euro. Un automobile che costava 40 milioni oggi costa circa 20mila euro. Un’altra semplice dimostrazione del fatto che l’inflazione ha cause interne si può dedurre dalla considerazione che essa è differente nei vari paesi europei che hanno adottato la moneta unica, mentre se la causa dell’inflazione fosse l’euro l’inflazione sarebbe uguale in tutti i paesi che l’hanno adottato. Far chiarezza sulle cause porta al liberare il campo da recriminazioni assurde e infondate sulle responsabilità dell’euro nell’attuale inflazione italiana: è vero esattamente il contrario. Se non ci fosse avremo una preoccupante e stabile inflazione importata. L’aumento dei prezzi che si è invece verificato è destinato a non perpetuarsi nel tempo perché i settori a bassa concorrenza hanno sfruttato il cambio della moneta che è un fenomeno una tantum. Questo aumento, anche se limitato nel tempo, ha comunque prodotto un trasferimento di reddito dalle famiglie e soprattutto da quelle dei lavoratori dipendenti a favore dei produttori di settore non esposti alla concorrenza. Il rimedio principale sarebbe dovuto consistere (uso il condizionale passato perché, come dicevo, ormai la maggior parte del danno è stato compiuto) nel monitorare i settori distributivi con un apparato di controllo che il governo di centrosinistra si era apprezzato ad allestire e che il governo di centrodestra non ha reso funzionante. Il problema più rilevante che si pone ora riguarda il rinnovo dei contratti. L’inflazione ha eroso i salari reali e adeguare l’inflazione programmata a quella effettiva significa far recuperare potere d’acquisto a salari che l’hanno perso. La perdita è stata poi aggravata dall’eliminazione che il governo ha compiuto nella compensazione per la perdita fiscale dell’inflazione (fiscal drag). Il costo dell’adeguamento graverebbe però in gran parte sulle spalle dei settori concorrenziali in termini di riduzione dei profitti. Questo onere nel breve periodo potrebbe essere sopportato, mentre nel lungo periodo la strada da battere non può che essere quella di dare vita ad un ventaglio di misure, anche legislative, per rafforzare la concorrenza nei settori in cui essa è debole.
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