l'illusione della ripresa americana



da repubblica.it
 
lunedi 09 Dicembre 2002 
 
 

L’illusione della ripresa americana

GIUSEPPE TURANI

Le illusioni sulla "ripresa" americana, che molti descrivevano addirittura
come forte e in accelerazione, sono cadute di fronte ai nuovi dati
sull'occupazione nel mese di novembre: 40 mila occupati in meno. In realtà,
bisogna precisare che in novembre il settore privato dell'economia ha
bruciato 48 mila posti di lavoro, il settore pubblico invece ne ha creati 8
mila. La somma algebrica da appunto 40 mila. Ma il dato che conta è quello
relativo al settore privato (dove si produce) e lì sono stati liquidati 48
mila posti di lavoro. Nel mese precedente, ottobre, il settore privato
aveva bruciato altri 47 mila posti di lavoro. In sostanza, l'America ha
cancellato quasi 100 mila posti di lavoro in due mesi e sembra procedere
alla velocità di 50 mila posti di lavoro in meno ogni trenta giorni.
L'economia degli Stati Uniti è grande, ma 50 mila posti di lavoro in meno,
in un Paese che ha già raggiunto il 6 per cento di disoccupazione,
cominciano a essere tanti.
A questo punto è giusto ricordare che il miglior commento a quanto sta
succedendo si trova nella parole di Greenspan di qualche giorno fa, là dove
diceva che le incertezze di tipo geopolitico (cioè guerra irachena)
inibiscono, bloccano, la spesa, la produzione e l'occupazione. Ma è anche
chiaro che cosa significa la cacciata del ministro del Tesoro e del
consigliere economico della Casa Bianca: se ne vanno perché molto
probabilmente non erano disponibili alla finanza straordinaria.
Mi spiego meglio. E' evidente che sul cattivo andamento dell'economia
americana pesano sia fattori interni (eccesso di investimenti negli anni
passati) che le già ricordate incertezze di tipo geopolitico. Il presidente
Bush, quindi, dovrebbe in qualche modo sciogliere l'incertezza relativa
alla guerra: o facendola subito o dichiarando che lo farà. Ma è difficile
che questo accada. Intanto, però, bisogna cercare di sorreggere in qualche
modo l'economia. Greenspan ha ancora un po' di tassi da tagliare, ma siamo
proprio al limite.
Allora c'è solo una strada: e sarà quella che Bush, con il suo nuovo staff
economico, imboccherà. Mandare a quel paese il rigore nel bilancio pubblico
e spingere l'acceleratore della spesa pubblica, sperando che questo basti.
E infatti sui mercati il dollaro ha già cominciato a indebolirsi perché i
brokers hanno subito capito che aria tira. Nei prossimi mesi dietro il
dollaro ci sarà un bilancio statale sempre più pieno di buchi. E non è
detto che ci sia un'economia in ripresa. Insomma, il dollaro si avvia a
diventare la moneta di un Paese molto malato. E allora è meglio prendere
qualche distanza. 
-------------------------------------------------------