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banane al pesticida
- Subject: banane al pesticida
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 28 Nov 2002 06:44:26 +0100
il manifesto - 26 Novembre 2002 TERRATERRA Una marcia contro il Nemagon MARINA FORTI Hanno marciato per 140 chilometri, da Chinandega a Managua, Nicaragua. Migliaia di persone, accomunate dall'aver lavorato nelle piantagioni di banane che per decenni hanno fatto ampio uso di un certo pesticida che protegge la pianta da un vermetto parassita e ne fa aumentare la resa. Gente in là con gli anni e ammalata: perché quel pesticida, messo sul mercato con il nome di Nemagon, o Fumazone - in termini più tecnici Dbcp, dibromo-3-cloropropano, è assai nocivo: non per nulla la California ne aveva vietato l'uso già nel 1977, e due anni dopo tutti gli Stati uniti, dopo aver notato che gli addetti agli stabilimenti chimici in cui era prodotto erano colpiti da sterilità... La legge americana non vietava però di produrre quella sostanza per venderla all'estero, e così nelle piantagioni del Nicaragua fino ai primi anni `90, provocando un vero e proprio avvelenamento di massa (vedi TerraTerra del 12 maggio 2002). L'associazione di circa quattromila lavoratori ed ex lavoratori colpiti dal Nemagon (Asotraexdan), nata in Nicaragua nel 1992, calcola che 180 persone siano morte e altre migliaia stiano lottando contro mali che vanno dal tumore ai reni, pancreas e milza alle malformazioni cutanee, senza contare la sterilità diffusa e ai figli malformati nati da persone esposte al pesticida. Stiamo parlando di grandi piantagioni e di migliaia di addetti, ma non esiste un'indagine epidemiologica sistematica - è stata proprio l'associazione degli ex-lavoratori a raccogliere informazioni e documentarsi sugli effetti del pesticida. Ed è la Asotraexdan che attraverso una Fondazione aiuta i lavoratori ammalati che non riescono più a sostentarsi. I dirigenti dell'associazione calcolano che negli anni `70 nei sette distretti della regione di Chinandega, nell'occidente del paese, siano passati circa 8.400 lavoratori , a cui aggiungere le mogli o figlie che portavano loro il pranzo e i bambini che giocavano tra le piante: qualcosa come ventimila persone che andrebbero sottoposte a qualche controllo. Una vittoria l'associazione dei lavoratori avvelenati dal Nemagon l'ha ottenuta: nel gennaio del 2001 il parlamento nicaraguense ha approvato una «legge speciale per promuovere processi richiesti dall'uso di pesticidi a base di Dbcp». In base a questa legge (364/2001) gruppi di ex addetti hanno promosso cause legali per chiedere risarcimenti alle 7 aziende che hanno prodotto, distribuito o utilizzato Nemagon in Nicaragua: Dow Chemical Corp, Shell Oil Company, Standard Fruit Co., Standard Fruit and Steamship, Dole e Chiquita Brand. Ora però quella legge è in pericolo, ed è per questo che circa quattromila di persone sono partite il 14 novembre da Chinandega per arrivare 5 giorni dopo nella capitale nicaraguense, al culmine di una serie di proteste e marcie cominciate due mesi fa. La Asotraexdan denuncia il tentativo del governo di derogare alla legge 364, e ha accusa gli Stati uniti di interferenza: pare che Washington, attraverso il suo ambasciatore Oliver Garzia, abbia fatto pressioni fortissime perché la legge 364 sia dichiarata incostituzionale, e per fermare le cause legali. La marcia arrivata qualche giorno fa a Managua si è conclusa davanti al palazzo del governo e al parlamento, dove migliaia di persone hanno sostano per cinque ore, in attesa che fosse ricevuta una propria delegazione guidata da Victorino Espinales, presidente della Fondazione. Il 22 novembre i sopravvissuti al Nemagon sono tornati a casa con un buon risultato. Il parlamento ha affermato in una risoluzione che non modificherà la legge, la Corte suprema ha garantito il suo rispetto, dunque i processi intentati dai lavoratori andranno avanti. Il silenzio è rotto, per giorni e giorni la srtampa nazionale ha pubblicato testimonianze di uomini e donne avvelenati dal pesticida, le loro voci sono state riprese dalle radio. L'associazione dei lavoratori avvelenati ora punta l'attenzione sui processi. E chiede di mandare lettere e messaggi elettronici alle multinazionali chiamate in causa: il testo si trova sul sito dell'Associazione Italia-Nicaragua, che ha lanciato la campagna «No more chemicals» (www.itanica.org).
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