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italia crack delle finanze
- Subject: italia crack delle finanze
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 17 Nov 2002 10:31:09 +0100
dal mondo 15 nov.2002 ITALIA CRACK – DOPO FIAT E CIRIO, ALTRI FALLIMENTI RISCHIANO DI FAR SALTARE IL SISTEMA CREDITIZIO (E FAZIO CHIAMA A RAPPORTO LE BANCHE) Gian Carla Perego per Il Mondo Banche e imprese: un rapporto necessario, ma che può diventare pericoloso. Come rischia di succedere in questa fase al sistema economico-finanziario italiano nella quale, proprio come nel 1974, i banchieri tornano a soccorrere gli industriali. Pericoli? Bankitalia giura che il sistema è solido, ma intanto giovedì 14 novembre ha chiamato a rapporto i vertici dei principali gruppi creditizi. Perché le banche sono diventate le stampelle di un sistema in crisi. Negli ultimi anni, infatti, è aumentato in maniera esponenziale il ricorso all'indebitamento da parte delle grandi imprese. L'ultima fotografia dell'ufficio studi Mediobanca, che riguarda 1.925 aziende (su bilanci 2001), parla chiaro: l'esposizione complessiva verso il sistema creditizio ammonta ormai a 90,5 miliardi di euro. Confermando un trend di crescita nel periodo 1991-2001, dopo anni di tendenza alla riduzione. Le banche, insomma, hanno aperto i rubinetti del credito, soprattutto nei confronti dei grandi gruppi e in particolare di utility e tlc, tendenzialmente in grado di generare flussi di cassa sostanziosi e quindi di ripagare i propri debiti. Ma a queste operazioni si aggiungono i prestiti a gruppi come Cirio, finito in default dopo che non è stato in grado di rimborsare un'obbligazione in scadenza per 150 milioni di euro e che è esposta verso le banche per 400 milioni. E non è solo il ricorso al credito ad aver rafforzato il legame banche-industrie. Diversi istituti di credito hanno assunto direttamente partecipazioni consistenti nel capitale delle imprese: un fenomeno che ricorda la situazione che si era creata negli anni Trenta, quando il sistema bancario italiano, pesantemente esposto verso l'industria (in forte crisi), rischiò il collasso, evitato solo con la nascita dell'Iri. La lista dei casi sotto osservazione è lunga. Dopo Fiat, che ha visto Capitalia, IntesaBci, Sanpaolo Imi e Unicredit finanziare il convertible bond da 3 miliardi di euro, ora toccherà al gruppo Benetton-Autostrade bussare agli sportelli. Per l'Opa lanciata da Schemaventotto sulla società di gestione autostradale, nell'ipotesi ovviamente che questa vada a buon fine, serviranno circa 8 miliardi di euro, che dovrebbero essere messi a disposizione da un pool di banche. Per quanto riguarda il fronte equity, invece, basti citare l'esempio di Edison-Italenergia, che post-fusione e dopo la diminuzione della quota in capo a Fiat vede tra i propri azionisti tre banche, Capitalia, gruppo Sanpaolo Imi, tramite Imi investimenti, e IntesaBci, rispettivamente con il 14,21, 12,48 e 10,66% del capitale. A quanto ammonta l'esposizione delle banche verso le grandi imprese? Difficile giungere a una cifra precisa. Ma per avere una panoramica sul settore, il Mondo ha analizzato un campione di società quotate a Piazza Affari che presentano debiti pari o superiori al patrimonio netto. Tra le prime, per esempio, c'è il gruppo Enel, che a fine giugno 2002 presentava un indebitamento finanziario complessivo pari a 25.864 milioni, di cui 15.902 verso banche. Una grossa fetta del debito di Enel è data da Wind, per 6 miliardi, e da Infostrada, per 1,5 miliardi. Mentre il dato di Autostrade e Benetton aggiornato all'ultima semestrale non tiene ovviamente conto dell'indebitamento che comporterà la riuscita dell'offerta pubblica di acquisto. Più difficile, invece, stabilire l'esposizione complessiva verso le banche di Edison-Italenergia. Dal prospetto informativo relativo alla quotazione della nuova Edison, per, esempio, emerge che verso il solo gruppo San Paolo Imi l'indebitamento era pari a circa 480 milioni di euro al 31 luglio 2002. In totale, in base a dati ufficiali, la posizione finanziaria netta stimata al 31 dicembre prossimo risulta pari a 7,9 miliardi di euro (era 10,5 al 30 giugno), al netto dei proventi per cessioni di Cereol, Provimi e Beghin say. Cifra che va oltre il piano di dismissioni presentato dal management, ma che non tiene conto del debito di Eurogen (poiché partecipata al 40%), attorno a 1,5 miliardi. Dei 7,9 miliardi, inoltre, 5,6 devono essere restituiti alle banche entro il 10 gennaio prossimo. Non a caso la società dovrebbe avere in cantiere un aumento di capitale da 1 miliardo e ulteriori finanziamenti dai soci. Anche per quanto riguarda il gruppo del Lingotto, poi, i dati ufficiali sui debiti verso banche non abbondano. Tra le altre società, invece, che negli ultimi anni hanno sostenuto un progetto di crescita sostanzioso, utilizzando anche la leva finanziaria, c'è Parmalat. Il gruppo di Calisto Tanzi aveva al 30-6-2002 un indebitamento finanziario netto di 2.015 milioni, operazioni di factoring escluse, che dovrebbero superare i 600 milioni. In ogni caso il rapporto debt su equity, cioè su patrimonio netto consolidato, secondo stime di mercato dovrebbe attestarsi a fine anno a 0,84, grazie a un cash flow previsto di circa 47 milioni di euro, al netto dei dividendi. Come finirà? Il mercato scommette che non ci saranno crac. In via Nazionale ostentano sicurezza. Ma il caso Cirio non sarà archiviato facilmente.
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