i conti delle famiglie e il condono che verra'



dal corriere.it 
  
 
  
 Martedì 1 Ottobre 2002 
 
 
  

I conti delle famiglie e il condono che verrà

di DINO VAIANO


Nuove aliquote, nuovi scaglioni, esenzione totale dall’Irpef fino a 7.500
euro per lavoratori dipendenti e pensionati, e fino a 4.500 per i
lavoratori autonomi. Tre concordati fiscali per fare cassa: saneranno il
passato (dal ’97 al 2000), le liti pendenti e il futuro (i prossimi tre
anni). Il governo riduce le tasse alle famiglie per circa 5,5 miliardi di
euro e presenta il pacchetto come il più grande sgravio fino a oggi mai
realizzato. La manovra è concentrata sui redditi bassi, per ragioni di
equità sociale. Tremonti non ha dubbi: «La migliore comunicazione si vedrà
a gennaio sui cedolini degli stipendi e delle pensioni». La pressione
fiscale si ridurrà di un punto. Non è certo la terapia d’urto promessa
prima del voto, ma l’economia annaspa e la difficile situazione dei conti
pubblici non consente molti margini per quello che il governo definisce il
primo modulo della riforma fiscale. 
C’è tempo fino al 2006 per mantenere la promessa elettorale di ridurre il
prelievo a due sole aliquote, 23 per cento e 33 per cento. Ora bisognava
mantenere gli impegni presi nel patto per l’Italia, firmato con la Cisl e
la Uil il 5 luglio scorso, isolando la Cgil. Ampliare la «no tax area», la
fascia esente dall’Irpef, è una scelta coraggiosa per un governo di
centrodestra: la quasi totalità dei benefici fiscali si riversa sulle
famiglie più deboli. Ed è il segnale forte lanciato dalla Finanziaria.
«Lasciamo più redditi nelle mani delle famiglie perché possano consumare e
produrre», dice il premier. Fatti i conti, in media resteranno nelle tasche
di 28 milioni di italiani 226 euro in più. Il governo ha anche deciso il
congelamento delle addizionali locali, dopo il salasso di quest’anno: le
tasse locali hanno fatto aumentare dello 0,2 per cento la pressione fiscale. 
Ma sul piano dell’equità non tutto quadra. Da un lato Berlusconi dà una
boccata d’ossigeno alle famiglie; dall’altro, però, per fare cassa il
governo lancia l’operazione concordato fiscale che, oggettivamente, ha un
tasso d’equità sociale davvero nullo. Chi ha evaso potrà sanare la sua
posizione accogliendo l’offerta scontata del fisco: si metterà al riparo
degli accertamenti. E anche le piccole imprese che hanno rispettato gli
studi di settore (i parametri ritenuti congrui dal fisco) dovranno versare
una sorta di ticket da 300 euro se vorranno evitare la cartella
esattoriale. Quanto alle liti pendenti, si possono chiudere con pochi
soldi: 150 euro se il valore non supera i 2000 euro, il 10 per cento se
l’importo è compreso fra 2000 e 20 mila euro. Questa è la proposta che
sbarca in Parlamento, ma si sa già che i gruppi della maggioranza stanno
preparando emendamenti per trasformare il concordato in un condono tombale,
al quale agganciare forse anche una sanatoria per i piccoli abusi edilizi. 
I conti, peraltro, non tornano neanche per le imprese. Berlusconi e
Tremonti ieri hanno battuto molto sul fatto che nel 2003 sarà ridotta di
due punti l’Irpeg. Gli imprenditori, però, fanno le somme in modo diverso,
mettendo sul piatto della bilancia gli effetti del decreto varato poche
settimane fa che colpiva la tassazione degli utili reinvestiti nel
capitale. Una stangata da oltre tre miliardi di euro, cioè il triplo di
quanto garantirà lo sconto sull’Irpeg. Evidentemente il governo, in questa
tornata, è stato costretto a sacrificare, sull’altare della finanza
pubblica, anche le esigenze della Confindustria. Del resto un altro segnale
che per il governo, nonostante l’allentamento dei vincoli europei,
l’«emergenza cassa» continua, viene dalla riapertura dei termini per lo
scudo fiscale. Il «rimpatrio dei capitali» finora ha funzionato ed è ormai
un classico delle misure tampone varate da questo governo nel primo scorcio
della legislatura. 
 
Dino Vaiano