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economia all'idrogeno
- Subject: economia all'idrogeno
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 13 Sep 2002 06:45:49 +0200
dal messaggero ---------------------------------------------------------------------------- ---- Giovedì 12 Settembre 2002 Intervista a Jeremy Rifkin/L’economista americano parla del suo nuovo saggio sulla prossima grande svolta energetica. Spiega perché è inevitabile e come cambierà tutta la società. Prendendo a modello Internet di MASSIMO DI FORTI «L’IDROGENO è l’elemento chimico più presente nell’universo, costituisce il 75 per cento della sua massa e il 90 per cento delle sue molecole. Non inquina affatto ed è una fonte energetica potenzialmente illimitata. Sarà l’idrogeno a sostituire il petrolio. O sarà un’autentica catastrofe per il pianeta e per l’umanità». Ha dormito appena tre ore, Jeremy Rifkin, ma non ha perso né acutezza né vivacità. E’ appena arrivato da New York e, in una sala di un grande albergo romano, affronta con imperturbabile lucidità il problema della rivoluzione prossima ventura che scuoterà da cima a fondo il Villaggio Globale. Rifkin parla del suo nuovo saggio Economia all’idrogeno (Mondadori, 344 pagine, euro 17,60), ultimo di una collana di bestseller che abbracciano le utopiche prospettive di La fine del lavoro e gli scenari avveniristici de Il secolo biotech, gli antidoti al consumismo prospettati in L’era dell’accesso e la denuncia della “cultura della carne" di Ecocidio. L’idea dell’idrogeno come soluzione dei problemi energetici - ricorda - era stata avanzata addirittura da Jules Verne nel romanzo L’isola misteriosa del 1874... Ma l’economista americano, che dirige a Washington la Foundation of Economic Trends, non è un geniale profeta: è uno degli scienziati sociali più preparati del mondo, un provocatore a tempo pieno magari, ma soprattutto un aggiornatissimo osservatore delle tendenze socio-economiche, capace come pochi di decifrarle e anticiparle. Professor Rifkin, lei sostiene che abbiamo soltanto quindici o venti anni prima di dover dare l’addio al petrolio: non è una visione troppo pessimista sul futuro dell’attuale sistema energetico? «In America alcuni esperti sostengono che ci saranno ancora trentacinque anni prima dell’esaurimento del 50 per cento delle riserve globali di petrolio. Ma dodici fra i più importanti geologi del mondo dicono che il picco dei consumi del petrolio si verificherà entro il 2010-20, molto prima. Tutti però sono d’accordo che ci sarà una grossa crisi e che, nel frattempo, dipenderemo sempre di più dal Medio Oriente. Di fronte a questa svolta storica, l’Europa sembra muoversi bene, puntando verso le energie rinnovabili e verso l’economia fondata sull’idrogeno. Gli Stati Uniti, invece, sono ossessionati dal mantenimento del vecchio regime petrolifero. Bush pensa ai parchi nazionali che ci sono in Alaska. Siamo in piena crisi con l’Iraq e si motiva un eventuale attacco con il pericolo delle armi di distruzione di massa di Saddam, mentre non si dice che c’è in ballo, eccome, il petrolio iracheno. E il 1° ottobre ci sarà l’accordo tra Putin e Bush per la fornitura del petrolio russo all’America. Insomma, l’Europa va incontro alla nuova era mentre gli Stati Uniti sono per la conservazione». Ma, a parte il suo imminente esaurimento, ci sono altre serie ragioni per dire addio al petrolio? «Ce ne sono almeno tre. La prima è il surriscaldamento del pianeta, perché l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera è ormai insostenibile. Lo ha capito anche la gente comune. La seconda è il divario tra “quelli che hanno" e “quelli che non hanno". Viviamo in un mondo incredibilmente ingiusto: se mettessimo in questa stanza i 356 uomini più ricchi del pianeta ci accorgeremmo che il loro reddito sarebbe il 40 per cento di quello dell’umanità intera! E, tornando all’energia, molti hanno dimenticato che il Terzo mondo si è indebitato fino al collo proprio durante la crisi petrolifera degli anni 70. Il terzo problema è quello del Medio Oriente. Dobbiamo combattere il terrorismo di Bin Laden. Adesso vogliamo invadere l’Iraq per prendere il petrolio iracheno... Invece, i grandi paesi industrializzati dovrebbero elaborare un piano comune per passare dall’economia basata sul petrolio a quella basata sull’idrogeno». Quali sono i problemi da risolvere per consentire l’avvento dell’idrogeno? «Benché sia onnipresente in natura anche l’idrogeno, per essere usato come forma di energia, deve essere estratto. Per esempio, dal metano che però ha lo svantaggio di essere in via di esaurimento, cosa che avverrà circa dieci anni dopo la fine del petrolio. E muoversi in questa direzione non avrebbe molto senso... La soluzione migliore è l’elettrolisi, che utilizza l’elettricità per scindere le molecole di acqua in atomi di idrogeno e ossigeno. Dopodiché si separa l’idrogeno, si conserva e poi lo si può usare in cellule combustibili come quelle impiegate dalla Nasa nelle missioni spaziali A quel punto rimane rimane disponibile, come avviene oggi con il carbone e il gas». Perché ci sono tante resistenze a un cambiamento che è inevitabile? «Non so. Eppure ci sono 850 grandi aziende che stanno iniziando questa grande corsa verso l’idrogeno, da entrambe le parti dell’Atlantico. La General Electric e la General Motors stanno costruendo le reti distributive per le cellule di combustibili perché pensano che ci sarà un grande mercato nel prossimo futuro». L’idrogeno, però, avrà anche lati negativi... «Beh, tutte le fonti energetiche ne hanno. Ma l’idrogeno non sarà più pericoloso della benzina dal punto di vista esplosivo. E, soprattutto, eviterà il surriscaldamento del pianeta che con i combustibili fossili ci porterebbe al viale del tramonto della nostra civiltà. L’industria dell’auto lo ha capito e ha investito oltre due miliardi di dollari nelle ricerche sull’idrogeno. Il problema è: chi controllerà questa energia?». Cosa pensa che avverrà? «Il modello da seguire, secondo me, è quello italiano delle cooperative. L’ho detto pochi giorni fa parlando davanti al cancelliere Schroeder. Voi italiani avete le cooperative, piccole unità indipendenti di produzione che si mettono insieme e possono essere imitate anche nel Terzo mondo per quanto riguarda l’energia. Allora, mentre le grandi società controllerebbero le cellule combustibili, cooperative high-tech potrebbero gestire il decentramento costituendo associazioni di produzione e distribuzione in grado di contrattare con le grosse società. Resta il fatto che la conseguenza più importante dell’avvento di un’economia all’idrogeno sarebbe il decentramento dell’energia e una società più giusta». Come? «La svolta sarà rappresentata dal matrimonio tra la rivoluzione delle comunicazioni e quella dell’energia all’idrogeno. L’energia sarà trattata come Internet: l’avremo quando, come e dove vorremo. Una volta configurate le reti distributive, prima potremo democratizzare l’energia stessa e poi la gente potrà accedervi direttamente. A livello planetario, i paesi del Terzo mondo saranno i beneficiari di questa rivoluzione. L’avvento dell’idrogeno li libererà dal giogo energetico che hanno dovuto sopportare da sempre. Non sarà una svolta energetica soltanto: cambieranno i rapporti di potere e tutta la società». ---------------------------------------------------------------------------- ----
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