grandi banche nel ciclone



da repubblica 25 - 7 - 2002
Grandi banche nel ciclone
trema il cuore dei mercati
dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI


SCATENATA dai crack per falso in bilancio, amplificata dal dissesto globale
delle telecom, la crisi dei mercati si aggrava ora fino a coinvolgere
pericolosamente banche e assicurazioni: minaccia al cuore la stabilità del
sistema. Gli interventi dei massimi leader mondiali, da Bush a Blair,
confermano questa paura. L'Europa, dopo essersi illusa di poter lucrare
qualche vantaggio dalla "fine del modello americano", è sconvolta dalla
tempesta.

Il clamoroso recupero di Wall Street di ieri sera non deve illudere:
oscillazioni violente che arrivano fino al 9 per cento in una seduta sono
il sintomo inquietante di una psicologia isterica che è tipica delle fasi
di panico finanziario. E infatti il recupero non inganna il banchiere James
Volk, che osserva cinicamente: "Anche i gatti morti rimbalzano".

"L'economia americana è solida e sta crescendo" ha ripetuto anche ieri
George Bush, i cui interventi per rassicurare la Borsa hanno ormai
raggiunto una frequenza inquietante. La paura toglie lucidità e fa
dimenticare una regola d'oro, stabilita dopo che il presidente Hoover si
ridicolizzò nel crack del 1929: meno la Casa Bianca parla della Borsa e del
dollaro, meglio è. Bush ha ordinato al suo ministro del Tesoro O'Neill di
annullare in extremis una visita ufficiale in America latina: è un altro
segno di nervosismo dell'Amministrazione. Anche a Tony Blair ieri è
scappata una dichiarazione quasi sinistra ("Questo paese è in grado di
sopravvivere meglio di altri alle turbolenze delle Borse"), seguita a ruota
da generiche rassicurazioni dalla Commissione europea.

Se Wall Street ha finito per recuperare in serata, dopo le perdite delle
Borse europee, il merito non è tanto di quelle dichiarazioni. Il peggio
(almeno ieri) è stato evitato grazie a tre fattori occasionali e ad un
gesto importante. Tra i fattori occasionali: primo, si è diffusa a metà
giornata la voce di un intervento della banca centrale americana per
sostenere le Borse (speriamo infondata: che Iddio trattenga Alan Greenspan
dal ripetere l'errore che fece nel 1998 col salvataggio dello hedge fund
speculativo Ltcm, di cui paghiamo ancora le conseguenze); secondo, ci sono
stati massicci buy-back anti-panico, cioè riacquisti di azioni proprie da
parte di grandi gruppi americani a cominciare dal farmaceutico Merck;
terzo, le fasi depressive sono sempre interrotte da recuperi, anche perché
gli hedge fund che speculano al ribasso debbono "ricoprirsi" acquistando le
azioni che hanno venduto senza possederle. È imprudente dedurre dal
rimbalzo che il gatto è vivo.

Ancora più importante per risollevare temporaneamente Wall Street, è stato
l'annuncio che a Washington Camera e Senato si sono messi d'accordo su un
pacchetto di leggi anti-frodi molto più severo di quello proposto da Bush,
e che il presidente sarà costretto comunque a varare in tempi brevi. Tra le
riforme approvate: il divieto per le società di revisione dei conti di
offrire altre consulenze a pagamento; un'authority indipendente di
controllo e sanzione sui revisori dei conti; nuove pene fino a 25 anni di
carcere per i colpevoli di falso in bilancio; e la creazione di un fondo a
carico delle imprese per indennizzare gli azionisti danneggiati dalle
frodi. Se si aggiungono gli arresti dei dirigenti della Adelphia (la cable
tv indagata per falso in bilancio), si ha la prova che questa Borsa ha
bisogno di sentire il rumore delle manette. Rumore che in America, per
fortuna, non si fa mai aspettare troppo.

Ci vorrà altro però per curare una sfiducia così profonda da aver spinto i
risparmiatori americani a ritirare in sole due settimane 33 miliardi di
dollari dai fondi comuni d'investimento: una fuga simile non ci fu neanche
dopo l'11 settembre. Il fatto è che questa crisi ormai coinvolge i gangli
più delicati del sistema finanziario: banche e assicurazioni. Ieri i
colossi bancari americani Citigroup e JP Morgan sono crollati in Borsa per
le accuse del Senato sulla loro complicità con il falso in bilancio di
Enron. Poi hanno invertito tendenza assicurando la massima collaborazione
con la giustizia.

Ma la fragilità delle banche è doppia: oltre ai conflitti d'interessi e
alle eventuali collusioni con le frodi, sono vulnerabili per il credito che
hanno dato ai settori in crisi, telecom in testa. E aleggia il dubbio che
alcune banche abbiano posizioni "fuori bilancio" (derivati e altri
strumenti speculativi) foriere di catastrofi. In Europa tremano le più
grandi compagnie assicurative. Tre colossi come Axa, Aegon e Zurich hanno
distrutto il 40% del loro valore azionario in quattro giorni: un record
dell'orrore. Dietro c'è la paura che le compagnie assicurative - grossi
investitori istituzionali anche per le polizze vita - abbiano accumulato
perdite insostenibili nei loro portafogli azionari.

Un dato paradossale illustra più di tutti la fragilità europea: il crollo
delle Borse di Francoforte Parigi Milano (tra - 10% e - 15% in una
settimana) si è accentuato dopo che l'euro ha raggiunto la parità col
dollaro. Ciò significa che la fuga di capitali da Wall Street non si
traduce in fiducia nel "sistema Europa". Anzi, cresce il sospetto che vi
siano varie Enron nascoste nel Vecchio continente, e poca voglia di
scoprirle. Suscita anzi allarme nei mercati il revival politico del
"modello renano" tra le classi dirigenti europee: come se questa crisi si
potesse risolvere con il ritorno al capitalismo dei monopoli di Stato e
degli aiuti pubblici alle aziende decotte.

Tantomeno rassicura sentir dire al commissario europeo Frits Bolkestein che
"le basi macroeconomiche in Europa sono buone": in realtà la crescita è più
forte in America, e riceverà altro sostegno dal dollaro debole. Gli accessi
di panico nelle Borse sono stati attribuiti di volta in volta alla
"enronite", a WorldCom, a un degrado etico da stock-options, ma nessuna
causa singola è sufficiente a spiegare quello che stiamo vivendo. È
l'esaurimento di un ciclo lungo, iniziato nei primi anni Ottanta, che ha
visto la globalizzazione dei mercati finanziari e anche una rivoluzione
tecnologica vera (Internet). Come tutte le rivoluzioni industriali, si è
accompagnata a un accumulo di investimenti non profittevoli, a debiti
aziendali insostenibili, a valori azionari irreali. Perfino l'epidemia dei
falsi in bilancio non è una vera causa ma uno dei tanti epifenomeni della
malattia; e forse è l'ago che finisce di bucare l'ascesso.