rifiuti riciclati un business in espansione



da affari e finanza

 
 
RAPPORTO / AMBIENTE lunedi 08 Luglio 2002 
 
   Nei prossimi cinque anni è previsto un fatturato aggiuntivo di 2,5
miliardi di euro. L’unico vero freno arriva dalla modesta apertura del
sistema finanziario. La nascita di Clearchem.com, portale dedicato alle
aziende della plastica

Rifiuti riciclati, un business in espansione

ANTONIO CIANCIULLO

Trainato dall’Europa, che ha fatto del recupero dei materiali di scarto una
priorità energetica e ambientale, il business del riciclo di sostanze che
fino a ieri erano considerate solo un costoso fardello, sta crescendo.
Lentamente ma cresce. «In Italia il fenomeno è molto evidente soprattutto a
Sud», spiega Francesco Galanzino, proprietario di una piccola società che
vende macchinari per il recupero dei rifiuti e responsabile per il settore
ambiente dei giovani imprenditori. «E’ un mercato che si sta qualificando e
allargando in maniera decisamente incoraggiante. Secondo le mie stime, nei
prossimi 5 anni il mercato avrà un fatturato aggiuntivo di 2,5 miliardi di
euro: una crescita di mezzo miliardo di euro l’anno. Del resto basta fare
due conti per vedere che la convenienza imprenditoriale c’è. Facciamo
l’esempio di un’azienda alimentare: la scelta è tra portare i suoi scarti
di lavorazione in discarica spendendo in media quasi 10 centesimi al chilo
o puntare sul compostaggio risparmiando il 30 40 per cento».
A frenare lo sviluppo del settore per ora è la modesta apertura del sistema
finanziario. Mentre in Germania il project financing nel settore funziona
bene e mette le imprese tedesche in grado di fare proposte competitive
anche in vari paesi europei, in Italia il sistema è ancora farraginoso.
Proprio questa difficoltà però fa sì che i margini per un intervento siano
ancora piuttosto ampi. Lo prova la nascita di Clearchem.com, il primo
portale verticale per le aziende che lavorano materie plastiche.
L’obiettivo è accelerare i contatti tra domanda e offerta nel settore degli
scarti di produzione e delle giacenze di magazzino. In altre parole creare
un corto circuito virtuale tra un’azienda che vuole liberarsi di una
sostanza plastica inutile per il suo ciclo di lavorazione e un’altra
azienda che ha bisogno proprio di quella sostanza. Un mercato promettente
perché si calcola che solo una minima parte del milione di tonnellate di
scarti di produzione a base polimerica prodotti ogni anno in Italia venga
riciclata in modo efficiente (il 40 per cento non viene né smaltito né
riciclato).
Con Clearchem.com s’inaugurerà la stagione delle aste suddivise per
tipologia di materiale in modo da aprire per le aziende un secondo canale
di approvvigionamento, parallelo a quello del nuovo. «Il rapporto tra
prezzo del greggio e sviluppo del riciclo delle plastiche è evidente: più
bassa e la quotazione del barile e più dura diventa la vita per noi»,
ricorda Angelo Bonsignori, direttore di Unionplast. «Per un certo periodo
questa dipendenza ci ha schiacciato impedendo la formazione di un vero e
proprio sistema industriale. Ora però stiamo liberandoci dell’immagine di
anello verde semi assistito del ciclo di lavorazione delle plastiche per
accettare onori e oneri del regime di piena concorrenzialità».
Secondo Bonsignori il ritardo nello sviluppo di un sistema produttivo
basato sulle plastiche riutilizzate è collegato alla presenza di un mercato
troppo protetto: «Per avere dei prodotti capaci di reggersi sulle loro
gambe dobbiamo accettare la selezione: non tutte le plastiche supereranno
l’esame, ma quelle che prevarranno saranno in grado di conquistare quote di
mercato aggiuntive».
Un dinamismo importante perché va a colmare una zona d’ombra indicata nella
ricerca condotta due anni fa dalla Bocconi e dal Conai (il consorzio
obbligatorio per il recupero degli imballaggi). Secondo questo studio, che
riprende un'analisi dell'Unione europea, si possono considerare settori
maturi quelli dei metalli, della carta e del vetro, mentre settori in via
di sviluppo sono quelli legati al recupero della plastica, del legno, degli
pneumatici, delle batterie, degli olii usati. 
Dunque il settore del recupero dei rifiuti sta acquistando un po’ di
velocità anche in aree che fino a ieri sembravano piuttosto ferme. Nel 2000
il sistema Conai Consorzi ha recuperato più di 4,5 milioni di tonnellate di
imballaggi usati, che corrispondono a circa il 40 per cento dell’immesso al
consumo. Rispetto ai valori del ‘99 il recupero complessivo per le sei
tipologie di materiali di imballaggio è cresciuto in media del 14 per
cento, con punte considerevoli per l’acciaio (75 per cento), l’alluminio
(80 per cento), la plastica (43 per cento) e la carta (19 per cento).
Nel 2001 il recupero si è ulteriormente rafforzato. Ad esempio un materiale
che sta avendo buone performance è l’alluminio. Nel 2001 il Consorzio
imballaggi alluminio ha recuperato 23.200 tonnellate: un affare anche dal
punto di vista economico oltre che ambientale. Il riciclo permette infatti
di risparmiare il 95 per cento dell’energia necessaria per ottenere
alluminio dalla bauxite. L’Italia è il primo produttore europeo di
alluminio riciclato e il terzo al mondo dopo Stati Uniti e Giappone (il 40
per cento dell’alluminio attualmente in circolazione nel nostro paese è
chiamato alluminio secondario perché viene da attività di recupero). Un
primato importante anche per le sue possibili applicazioni nel settore dei
trasporti. 
Il dato più importante quest’anno è comunque un sorpasso: la quantità di
imballaggi recuperati supererà quella degli imballaggi che finiscono in
discarica. Dal 33,8 per cento nel 1998, a fine 2002 si arriverà a quota 50,1.