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messina il ponte del destino
- Subject: messina il ponte del destino
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 03 Jul 2002 21:08:12 +0200
il manifesto - 29 Giugno 2002 Il ponte del destino GUGLIELMO RAGOZZINO Il ponte del destino Quel ponte s'ha da fare. Per fare uscire la Sicilia dalla sua solitudine, per dimostrare che l'Italia riesce a fare un'opera così temeraria. C'è il rischio mafia, c'è l'assenza di una seria analisi dei costi e dei benefici, c'è l'impatto ambientale, ma poco importa. La rivista «Meridiana» sui pro e i contro del ponte sullo stretto GUGLIELMO RAGOZZINO Tempi larghi per il ponte sullo Stretto. La discussione pubblica in atto offre qualche novità. La legge 112 (o Tremonti: quella che contiene il paragrafo sulla Infrastrutture spa per il finanziamento delle «Grandi opere mediante l'utilizzo del Patrimonio») dovrebbe servire a sbloccare le varie cordate bancarie esibendo la volontà dello stato di assumersi i rischi di debitore di ultima istanza, ma le banche che sono alla guida delle cordate non si fidano. Il fatto è che la costruibilità effettiva del ponte non è mai stata dichiarata in modo soddisfacente, il conto dei costi/benefici lascia a desiderare e inoltre la sua esposizione nei confronti di infiltrazioni (per usare la parola più comune) o di attacchi terroristici fanno lievitare i costi di assicurazione già proibitivi. Qualcuno ricorderà che l'industria del nucleare civile dopo l'incidente di Three Mile Island nel 1979 ha avuto negli Usa un arresto che dura ancora per l'effetto congiunto di ambientalismo e assicurazioni. L'ambientalismo avrebbe procurato agli impianti in costruzione tali e tanti ritardi che il costo assicurativo per cespiti bloccati era troppo oneroso... Il governo lascia intendere che vuole arrivare presto al Ponte («entro 36 mesi») e ha posto le condizioni per avocare a sé, al Cipe, la decisione di Via («valutazione di impatto ambientale») e ha eliminato la gara per l'aggiornamento del programma attuativo del Ponte affidandolo presumibilmente a tecnici di fiducia. I problemi potrebbero essere però maggiori di quelli delle banche riottose, degli ecologisti perditempo e degli amici non ancora pronti; l'impressione è che c'è qualche problema strutturale rimasto «sospeso». Al passare dei mesi, di rinvio in rinvio, di dilazione in dilazione, si arriverà a posare la prima pietra, a colpire con la prima picconata di scavo, a ridosso delle elezioni politiche 2006. L'Ulivo gongola. Spera davvero di poter dire: lo facciamo noi, noi che siamo seri; e dunque in questo momento preferisce defilarsi dalla discussione, lasciando ambiguamente che parlino per lui le associazioni ambientaliste, tutte dichiaratamente contrarie. In questa situazione decotta arrivano alcune pubblicazioni di notevole interesse in tema di Ponte. E' un embrione di discussione pubblica su un tema di interesse generale che contiene aspetti di democrazia, di politica, di scienza delle costruzioni e in più, sullo sfondo, l'ambiente e la storia. La prima è il 41 numero di Meridiana, la rivista meridionalista dell'Imes, pubblicata dall'editore Donzelli (Il ponte sullo stretto, pp. 254, 20 euro). E' la riproposizione di un dibattito svoltosi nell'ottobre del 2000. Gli interventi sono tutti risistemati e non varrebbe neppure la pena di ricordare l'occasione se non per notare un accento diverso. La razionalità del ponte non c'è più. L'unico motivo del sì al ponte, l'unica cosa che conti, ormai, è mostrare di saperlo fare, perché questo segnerebbe un una svolta storica per Sicilia e Calabria: costruire qualcosa che nessuno in Italia e nel mondo ha ancora saputo fare. Scrive Leandra D'Antone al termine del suo articolo, ancora inseguendo la razionalità perduta: «Il Ponte non è che un piccolo pezzo di un sistema ampio di connessioni materiali e immateriali, di nuova progettualità pubblica, e di una politica capace di rispettare gli impegni» (corsivo aggiunto). L'idealistico favore al ponte di D'Antone è condiviso da altri interventi importanti. Il più importante di tutti, è quello di Marco Guido Ponti (nomen omen viene il caso di dire). Ponti esamina il progetto da un punto di vista dei costi e dei benefici, mai chiarito, anche se continuamente riproposto dagli advisors. Ne escono in modo inoppugnabile due risultati. Il primo è che nell'ottica di costi/benefici il ponte non è realizzabile; il secondo è ancora più significativo: forse consapevoli di questo aspetto, gli organizzatori del ponte non hanno mai voluto affrontare un esame approfondito costi/benefici. La morale di Ponti è appunto morale: il ponte si deve costruire, ma cercando altrove, non in uno svantaggioso scambio costi/benefici la motivazione. Se Ponti è un economista esperto di programmazione, Rocco Sciarrone è uno storico e studioso dell'organizzazione mafiosa. Anch'egli ritiene che non costruire il Ponte per la presenza delle mafie sarebbe un errore («La variabile criminalità è una delle tante da tenere presente»). Ma poi il suo esame di specialista va in tutt'altra direzione. Prima di tutto viene spiegato come la mafia siciliana possa svolgere intorno a una opera che mobilita tante attività due diverse forme di intervento: la protezione dei cantieri in presenza di sabotaggi e intimidazioni sempre di origine mafiosa e dall'altra parte lo svolgimento di attività dirette nel ciclo di normale costruzione. Qui c'è la considerazione che la richiesta di certificazioni antimafia per gli appalti non turba i contratti usati effettivamente che sono il nolo o l'affitto o per i quali non servono i certificati. Insomma, secondo l'autore, il ponte sarà una occasione formidabile per l'organizzazione mafiosa centrale per fare i conti con se stessa e modernizzarsi. Anzi i cantieri giganteschi, gli scavi, la gestione dei rifiuti e delle scorie, i trasporti , le altissime torri, non saranno abbandonati alle più disorganizzate e sottocapitalizzate cosche locali ma vi sarà - vi è - un ritorno in forze della mafia maggiore. Anche per essa, come per i nostri, il ponte è un'occasione da non perdere. La mafia del XXI secolo se mai nascerà, nascerà dal ponte. Questo non significa non fare il Ponte per paura,ma rendersi conto dell'essenza delle cose. Vi sono interventi favorevoli al ponte tra coloro che forniscono «la valutazione pubblica» ma in un caso almeno risultano controproducenti. E' il caso dello scritto «Altri ponti» di Pierluigi Matteraglia che descrive tre ponti di successo degli ultimi anni nel mondo. Matteraglia è indicato dalla fascetta tra coloro che «danno conto direttamente del lavoro della pubblica amministrazione e degli advisors». E scrive così: «Il collegamento (corsivo nostro) del Great Belt aperto nel 1997 per la ferrovia e nel 1998 per la gomma è stato attraversato nel 2000....» Il fatto è che sul ponte passano solo le auto, mentre i treni passano nel tunnel sotto il Belt, il braccio di mare danese. Niente di male, visto che per lo più i super ponti sono monouso. Ma questo collegamento mette qualche altra pulce nell'orecchio di chi ha qualche prevenzione per il ponte tuttofare tra Sicilia e Calabria. L'esempio è davvero assai calzante. Sopra e sotto il ponte, sopra e sotto il mare. La questione è tutt'altro che chiarita, stando a uno dei testi più interessanti, dovuto ad Ada Becchi. Becchi - come del resto la maggior parte di Meridiana e di Limes - ha sempre detto di essere a favore del Ponte, ma non per motivi di miglioramento del traffico ferroviario o dei collegamenti, che anzi esclude, né per l'occasione di lavori pubblici roosveltiani che potrebbero derivare dalla costruzione, ma per la scossa che si potrebbe avere sulla sicilitudine, l'amaro complesso di superiorità e di solitudine che isola la Sicilia. Meridiana in complesso si dichiara dunque a favore; e poi aggiunge tali e tante osservazioni contrarie, che il suo sostegno, finisce per essere di quelli che i tifosi del Ponte preferirebbero non avere. Molto meglio per essi discutere con Osvaldo Pieroni, («Cancellare i luoghi, la memoria») l'unico dichiaratamente contro nel fascicolo - e con le buone ragioni che il movimento conosce - ma che Meridiana ha il merito di riproporre ai lettori del campo avverso. Ada Becchi insegna urbanistica a Venezia, dopo essere stata sindacalista Fiom, deputata della sinistra indipendente e vicesindaco di Napoli ai tempi di Bassolino. Becchi ripercorre la storia profonda del ponte: e nota un primo aspetto inquietante: il ponte non lo ha deciso nessuno. Non esiste alcun documento di fonte accreditata che dica: Ponte, Ponte sospeso. O meglio è stata l'apposita società Stretto di Messina che senza avere l'autorità di scegliere, ha esercitato però quella di scartare le altre ipotesi concorrenti, garantendo dell'accordo di Anas e Fs. Ancora nella discussione alla commissione trasporti della Camera nel 1991, sono stati sentiti i fautori del tunnel di Archimede (immerso e galleggiante), gli esperti dell'Eni. Nell'ultima fase sono state messe a confronto il ponte sospeso e le ipotesi alternative per l'attraversamento. Ma nessun testo mai stabilisce quale sia l'ipotesi alternativa. Il sistema traghetto + trasporto aereo che è quella esaminata dagli advisors incaricati dal ministero dell'economia e da quello dei lavori pubblici-infrastrutture, in alternativa al ponte sospeso, è una scelta che alla fine gli advisors fanno di volontà propria, interpretrando, di certo correttamente, su questo punto, l'intenzione ministeriale; ma la prova non c'è. Se si trattava di portare una rete ferroviaria decente in Calabria e in Sicilia il ponte è un progetto fallito. Osserva Becchi in proposito: «Ed io che credevo che fosse un ponte ferroviario. No. E' un monumento: altro che i bronzi di Riace».
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