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una guerra contro il lavoro
- Subject: una guerra contro il lavoro
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 10 Jun 2002 20:22:03 +0200
il manifesto - 07 Giugno 2002 Una guerra contro il lavoro L'intervento in Afghanistan come risposta alla crisi della new economy TONI NEGRI L'opuscolo di Marazzi, già pubblicato da Rubbettino nel 2001, appare ora da DeriveApprodi (vedi articolo qui sopra, ndr) arricchito da un ultimo capitolo su «Guerra e ciclo economico». La tesi che Marazzi vuole dimostrare è che «nella new economy il linguaggio, la comunicazione, attraversano strutturalmente e contemporaneamente sia la sfera della produzione e distribuzione di beni e servizi, sia la sfera finanziaria, ed è per questa particolare ragione che le modificazioni del mondo del lavoro e le modificazioni dei mercati finanziari vanno viste come due facce della stessa medaglia.» La dimostrazione fila via con grande chiarezza. (Bisogna qui riconoscere a Marazzi, come già nelle sue altre opere, una trasparenza espositiva ed una ricchezza di argomentazioni che, per quel che mi riguarda, trovo solo nei classici dell'economia politica). Nel primo capitolo si scava dunque il gioco reciprocamente strutturante delle trasformazioni linguistiche della produzione e del mercato (della comunicazione) e la costruzione postfordista del modo di produzione, dell'organizzazione del lavoro e della costituzione dell'impresa virtuale. Questo primo capitolo può essere, per così dire, letto ed utilizzato come appendice volta alla attualizzazione del capitolo marxiano sul General Intellect. Un preciso approfondimento della legge dei rendimenti crescenti, articolata all'analisi della disinflazione come nesso monetario fra postfordismo e new economy, delinea, garantisce ed espone lo sfondo della struttura economica attuale, come orizzonte dell'eccedenza dei valori del lavoro immateriale. Se dunque postfordismo e new economy si integrano vicendevolmente, la dimensione linguistica del denaro (i mercati finanziari) dà specificità alla nuova economia. Qui si apre, su questa base, il secondo approfondimento di Marazzi: sul nuovo business cycle. Vi è qui un elemento centrale che va tenuto presente, ed è il riapparire di una crisi da sproporzione nella new economy. L'originalità di questa sproporzione è tuttavia totale: a fronte delle troppe possibilità di comunicazione essa si rivela come deficit di attenzione. Presto detto: la capacità di comunicazione e di informazione del sistema è tale da rendere impossibile un surplus di attenzione, cioè una domanda aggregata suppletiva per l'espansione del sistema. Su questa base critica si caratterizza il nuovo andamento del ciclo economico. Se la sincronizzazione globale sembra essere la caratteristica fondamentale, qui si percepisce anche come la natura linguistica del lavoro postfordista e la virtualizzaione dei processi tecnico produttivi abbiano radicalmente modificato il quadro della produzione di ricchezza a livello mondiale. Se ora riconfrontiamo le categorie marxiane alla nuova definizione del ciclo economico del postfordismo e della globalizzazione (ed è quanto Marazzi fa in un terzo capitolo), ne potremo trarre alcune conclusioni assai generali ed in particolare: a) che in questo meccanismo estremamente veloce di circolazione economica, il denaro è sempre presente in maniera sufficiente a monetizzare il plusvalore; b) che questo denaro non si presenta come equivalente generale, bensì come polizza sul lavoro futuro; c) che il denaro mondiale si costruisce come forma del valore globale, cioè dell'insieme delle economie globalizzate. Di nuovo il problema della crisi è qui rinviato alle sue dimensioni materiali: crisi di sovrapproduzione davanti al deficit di attenzione, crisi di circolazione in conseguenza della corruzione dei sistemi globali, ma soprattutto crisi strutturale quando le modalità cooperative della produzione di valore mettono fuori gioco il controllo politico delle autorità monetarie, inteso alla riproduzione del sistema. Il General Intellect si è scisso: da un lato esso si è mostrato come dimensione cooperativa e liberatoria, dall'altro si pone come comando capitalistico. (Marazzi introduce qui una serie di diverse riflessioni attorno al rapporto tra comando mondiale e moltitudine dei lavoratori. Sono, le sue, indicazioni e piste per tentare di leggere e di controllare, dal punto di vista della moltitudine, gli effetti di crisi. Ecco dunque l'insistenza per l'invenzione di un Welfare globale «in cui la creazione di redditi per impiegare le risorse umane inutilizzate sia finalizzata alla produzione di tempo libero»; ecco una finissima analisi del panico che accompagna le crisi e delle medicine o dei vaccini attraverso i quali ci si possa da esso liberare; ecco ironiche considerazioni sul No-logo e una lettura politica della globalizzazione dal basso tra valore d'uso delle merci e corpo vivo del movimento, eccetera). Così, all'analisi condotta, si aggiunge un nuovo capitolo sulla guerra. Marazzi innanzitutto sottolinea la moltiplicazione degli elementi di crisi del sistema. E poichè le risposte interventiste che l'Amministrazione Bush ha decretato dopo l'11 settembre lo lasciano abbastanza indifferente, il suo interesse va piuttosto verso quel nuovo configurarsi di una fisica del potere che vede da un lato l'insania bellica del capitale e dall'altro il distendersi sempre più ampio del territorio di liberazione della moltitudine. La contingenza bellica porta sempre più a fondo la scissione critica del capitale, anche nella forma di General Intellect. La guerra si presenta come nuovo strumento di controllo e rivela una forte analogia con la forma denaro: anch'essa è polizza sul lavoro futuro, promessa feroce di una sua distruzione. Quando, di contro, si dice che un nuovo mondo è possibile, si dà valore alla pretesa del lavoro della moltitudine di aprirsi libero nel futuro. Il corpo del potere e la carne della moltitudine si scontrano così su un orizzonte che il General Intellect apre alternativamente alla follia del denaro o all'intelligenza biopolitica. E' difficile dire chi uscirà vincente da questo conflitto: è certo tuttavia, che qualsiasi strategia venga sviluppandosi, dovrà confrontarsi con queste premesse.
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