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i nuovi guardiani della globalizzazione
- Subject: i nuovi guardiani della globalizzazione
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 09 Jun 2002 08:58:54 +0200
da missione oggi di giugno luglio 2002 Editoriale di questo numero Usa: i nuovi guardiani della globalizzazione New York, 11 giugno 2002. Sono passati nove mesi dall’attentato alle Torri Gemelle. Il tempo di una gravidanza. E adesso tutto è chiaro. Purtroppo. L’11 settembre è una data di rottura, che chiude un ciclo geopolitico (quello apertosi il 9 novembre 1989, con la caduta del Muro di Berlino) e ne apre un altro, in cui tutti possono essere sospettati di appoggiare il terrorismo internazionale. È un nuovo maccartismo. Il periodo 1989-2001 era stato caratterizzato dallo sgretolarsi dell’Urss, dalla Guerra del Golfo e da due mandati del presidente Clinton, che forse non era uno stinco di santo, ma se non altro i suoi obiettivi erano auspicabili: combattere le dittature, tutelare i diritti umani e stabilire degli Stati di diritto. Ovvero l’esatto contrario di ciò che prevede l’agenda di Bush. Che si è scelto come alleati, due dittatori: il generale Musharraf, salito alla presidenza del Pakistan con un colpo di Stato nell’ottobre 1999 e il "presidente" dell’Uzbekistan, Karimoff. Quanto ai diritti umani, basta vedere che cosa è successo nella base di Guantanamo, dove sono detenuti – nemmeno con lo status di "prigionieri di guerra" – gli uomini di Al Qaeda. In campo internazionale, gli Stati Uniti non hanno preso, né intendono prendere, una posizione decisa contro l’operazione militare voluta da Sharon nei Territori. E per la prima volta, da dieci anni a questa parte, gli Usa hanno appoggiato apertamente un colpo di Stato: contro Chavez, in Venezuela. Se ufficialmente il messaggio è: "Ci attaccano, ci difendiamo", a ben guardare gli americani hanno deciso di assumere un nuovo ruolo nella globalizzazione: da addetti alla sicurezza. Finora la globalizzazione attaccava i cittadini su due fronti: quello economico – tramite Wto, Fmi e Banca mondiale – e quello ideologico, dove è il neoliberismo a condurre la battaglia. Dopo l’11 settembre, si è aggiunto però un terzo fronte: quello militare. Chi meglio di palestratissimi marines può difendere il sistema? La definizione stessa di "terrorismo" consente all’esercito americano di aggiudicarsi questo ruolo. Oggi l’Afghanistan e domani chissà: l’Iraq? Nessun paese è escluso, ora che la guerra viene fatta contro un concetto, appunto il terrorismo. E non contro una nazione, un governo. A nove mesi di distanza dall’11 settembre, è tuttavia evidente che la gravità degli attentati ha fornito agli Stati Uniti una "giustificazione morale" per praticare questa politica. E l’Amministrazione Bush ha colto quest’occasione al volo. Ma la volontà c’era già. Tutti gli uomini (e le donne) del presidente erano già sulla plancia di comando. Condoleeza Rice, compresa. MISSIONE OGGI
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