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il conto salato della crescita mancata
- Subject: il conto salato della crescita mancata
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 05 Jun 2002 16:25:00 +0200
dal corriere.it Martedì 4 Giugno 2002 Le sinistre in Europa Il conto (molto salato) della crescita mancata di GEMINELLO ALVI Forse con l’eccezione del congresso dell’Spd, da tempo il viso del cancelliere Schröder non è più quello cordiale, volentieri giocherellone, di quand'era tempo fa seduto nei bar di Senigallia, perfetto turista tedesco in Italia. Certo non giova alla sua cera il ministro delle Finanze, il quale gli va predicando da un anno che la ripresa economica è affare quasi fatto. Invece arrivano gli ultimi due trimestri del 2001 negativi e poi la consolazione misera d'una crescita lillipuziana nel primo trimestre del 2002. Un dato parente di quello giapponese: qualche beneficio dalle esportazioni ma la domanda interna fragile. Abbastanza per confortare la vita in moviola del capelluto Duisenberg e degli altri di Francoforte, che dichiarano che il peggio è passato e s'accontentano. Ma a Schröder non può bastare. L'ultimo in corsa, peraltro l'unico simpatico dei leader di sinistra europei, per vincere ha bisogno della crescita. Anzi quel suo viso tirato rende evidente che proprio una crescita intensa era la rischiosa scommessa cui si era affidata, all'inizio senza capirlo, tutta la sinistra europea. Che le destre dilaghino in Europa è comprensibile. Per come va l'economia ottengono i voti più impensabili, quelli operai, e riassorbono quel ceto medio, a cui le sinistre imborghesite tenevano di più. I governi di sinistra europei avevano infatti pagato per l'euro con tasse elevate e con una banca centrale incline a temere l'inflazione più della deflazione. Uno scambio che avrebbe funzionato solo con una crescita come quella profetata nei festini entusiasti a Bruxelles. Davvero con una congiuntura economica europea che si fosse impennata all’americana, tasse e vincoli di Maastricht si sarebbero allentati. Persino il terrore d'inflazione della Bce, con tassi di crescita del 4 per cento, sarebbe stato una benedizione. Ma così non è stato. Sono restate le rendite dei più ricchi, mentre i redditi di chi aveva creduto a Schröder, il cordiale, o al causidico D'Alema o a Jospin, non sono granché migliorati. Ecco quindi gli operai francesi, persino quelli delle regioni più rosse, impoveriti, scoprirsi a votare per Le Pen. E quella Mittelstand da un milione di voti che in Germania aveva lasciato la Cdu, e fatto vincere alla Spd le ultime elezioni, di nuovo in bilico; e la rielezione a rischio. Anche perché il «populismo di destra», come Schröder lo ha chiamato a rischio di un incidente diplomatico, ha ben capito il gioco e di essere favorito dalla congiuntura. Promettere meno tasse e meno concorrenza degli immigrati nel mercato del lavoro funziona tanto meglio quanto peggio va l'economia. Se l'economia non tira, la spinta al ribasso dei salari causata dagli immigrati s'amplia e tutti se n'accorgono. Insomma al boom interminabile avevano creduto non solo gli impiegati voraci, desiosi in Borsa di regalarsi la seconda casa. Le tante chiacchiere solenni della sinistra europea sulla Terza Via erano tutt'uno con le panzane, oggi obliate a memoria, sulla net economy, e i debiti trionfali delle Telecom europee. Ma come tante massaie, ormai traviate dai su e giù della Borsa, neppure le sinistre si sono ancora riprese. Circostanza resa inoltre più rischiosa dal fatto che il centrodestra fa, o promette, cose che, pochi anni addietro, erano tutte di sinistra. Berlusconi aumenta le pensioni minime e insegue la più keynesiana politica di investimenti pubblici; mentre Stoiber dichiara che sfrutterà al limite ogni margine lasciatogli da Maastricht. Attirandosi le accuse di avventurismo da quanti a sinistra ancora non hanno capito il gioco. Il nostro cordiale turista in Italia Schröder, invece, la scommessa andata a male l’ha capita. Anche se non è facile trovarle rimedio. Geminello Alvi
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