[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
una pensione al prezzo di due
- Subject: una pensione al prezzo di due
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 06 Jun 2002 06:44:45 +0200
il manifesto - 02 Giugno 2002 Una pensione al prezzo di due Due rapidi conti per capire le conseguenze della decontribuzione e le dimensioni della rapina del tfr SERGIO CESARATTO L'ammissione del ministro del welfare Roberto Maroni, che in futuro la pensione Inps ai giovani «non sarà garantita dalle norme, ma dalle concrete possibilità esistenti in quel momento in termini di finanza pubblica», chiarisce finalmente, anche a chi non voleva vederlo, il senso della delega previdenziale, che è quello di cominciare a smantellare il sistema pubblico. Molti economisti (anche noi su il manifesto), l'ex ragioniere dello Stato prof. Monorchio lo scorso inverno, e la stessa relazione tecnica del ministero del welfare lo scorso marzo, denunciarono gli effetti nefasti che la decontribuzione di 3-5 punti percentuali sui nuovi assunti, prevista dalla delega, avrebbe prodotto sui conti previdenziali. Tali effetti non si produrranno, naturalmente, se le pensioni future verranno corrispondentemente ridotte via via che il flusso contributivo si assottiglia. Nei giorni scorsi vi è stato un goffo tentativo della Confindustria di ridimensionare la portata del buco che si produrrebbe senza un corrispettivo taglio delle pensioni future. Il balletto delle cifre è impressionante perché segnala una certa malafede che gira. Al recente convegno della Sapienza sulla previdenza, Gianpaolo Galli, direttore del servizio studi di viale dell'Astronomia, ha quantificato il buco in 0,3-0,6 punti percentuali del Pil. Di fronte alle obiezioni di Pizzuti, Galli ha concesso poi un 0,7, che ritorna tuttavia al 0,3 nella cronaca del solerte giornalista de Il Sole-24 Ore. Le cifre (ufficiali) del welfare erano 0,3 per una decontribuzione di 3 punti, 0,8 per 5 punti. Quisquilie per Galli e Cazzola (Il Sole, 23-5); un'enormità per i conti pubblici, dell'Inps in particolare. Maroni ha comunque tagliato la testa al toro annunciamdo che le pensioni pubbliche verranno in futuro conseguentemente ridotte. Confindustria lo sapeva bene, avendo suggerito lo scorso inverno che l'invarianza delle pensioni future - scritta nella delega - a fronte del calo della contribuzione doveva essere intesa come diminuzione delle pensioni pubbliche, compensata da una maggiore pensione complementare da ottenersi con il famoso utilizzo del tfr. Successivamente il dott.Galli ha anche inteso convincerci che questo risulterebbe conveniente per i lavoratori: «un lavoratore ...che vada in pensione a 60 anni con 35 anni di contributi, avrebbe diritto, in base alle norme in vigore, ad una pensione pari al 65% dell'ultima retribuzione. Riducendo i contributi di 5 punti e investendo il tfr nei fondi pensione, questa percentuale salirebbe al 73%, ... nell'ipotesi che il rendimento reale del fondo sia solo del 2,5%» (L'Unità, 20-3). Due conti della serva ci dicono che Galli non la racconta giusta. Attualmente 5 lire di una busta paga lorda di 100 lire versati per 35 anni (cui il lavoratore rinuncerebbe, con la decontribuzione, a favore delle imprese) e capitalizzate ad un tasso reale dell'1,5% (come grosso modo avviene per le pensioni pubbliche), danno 231,38 lire. Correntemente, inoltre, il lavoratore accumula 7 lire di salario ciascun anno come tfr che capitalizzate al tasso reale del 1% (il tfr rende 1,5% più i 2/3 del tasso di inflazione) danno 294,54 lire. La somma di queste due voci dà 525,92 lire - cui il lavoratore rinuncerebbe con la riforma. A fronte di ciò, investendo il tfr nei fondi al tasso di interesse del 2,5% ipotizzato da Galli il lavoratore otterrebbe un montante di 394,11 lire. La differenza tra ciò a cui si rinuncia (525,92 lire) e ciò che si guadagna (394,11 lire) è una perdita secca di 131,81 lire rispetto a prima. Il trucco di Galli è chiaro, e non serve aver studiato ad Harvard per scoprirlo: è vero che il tfr investito nei fondi dà un montante (394,11 lire) superiore a quello che si perde con la decontribuzione (231,38 lire). Ma con la riforma il lavoratore perde anche il tfr investito nell'impresa (294,54 lire). Il dott.Galli ci vende uno al prezzo di due, bell'affare! Con una decontribuzione di solo 3 punti la perdita è ancora di 39,26 lire. Ipotizzando rendimenti reali più alti la perdita si può trasformare in un guadagno (con una decontribuzione di 5 punti e un rendimento dei fondi del 5% reale il vantaggio netto è di 137,94 lire). Si tratta tuttavia di rendimenti difficilmente ipotizzabili, anche per i maggiori costi gestionali dei fondi pensione rispetto a Inps e all'attuale impiego del tfr (nel 2000 i fondi di categoria hanno reso al massimo quanto il tfr). Elevati rendimenti dei fondi sarebbero inoltre probabilmente associati ad una economia che tira. Ma questo comporterebbe anche un più elevato «rendimento» delle pensioni pubbliche (oltre il modesto 1,5% da noi ipotizzato). Alle probabili perdite future corrisponde già da ora un trasferimento secco della decontribuzione dai salari lordi ai profitti. La pretesa della Confindustria e del suo governo è naturalmente che la decontribuzione porti ad un accrescimento dell'occupazione, non solo dei profitti, ma siamo nell'ambito dei pii desideri. Vi è solo da domandarsi dove siano i dirigenti dell'Ulivo, a cominciare da quel Giuliano Amato che fece perdere alla sinistra il Comune di Bologna annunciando una futura riduzione delle pensioni pubbliche. La verità è che sono silenti perché le loro idee, e quelle dei loro consiglieri economici, non sono molto diverse da quelle qui denunciate.
- Prev by Date: com stampa. VERTICE FAO: CENTO (VERDI): "NESSUNA 'ZONA ROSSA'?, UNA BUONA NOTIZIA!"
- Next by Date: il conto salato della crescita mancata
- Previous by thread: com stampa. VERTICE FAO: CENTO (VERDI): "NESSUNA 'ZONA ROSSA'?, UNA BUONA NOTIZIA!"
- Next by thread: il conto salato della crescita mancata
- Indice: