welfare in inghilterra



   
il manifesto - 23 Maggio 2002 
 
 
L'insanità privata 
Viaggio nel welfare inglese al tempo di Blair/ quarta puntata
Tra Tory e Labour il declino del sistema sanitario inglese, che è stato il
migliore del mondo. L'interiorizzazione della logica di mercato produce
costi, sprechi, servizi peggiori. Intervista a Allyson Pollock, esperta di
sanità pubblica, che lotta da decenni contro lo smantellamento del servizio
sanitario
MARCO D'ERAMO
Adifferenza della scuola pubblica, in cui già prima del thatcherismo il
livello era basso, il sistema sanitario inglese (Nhs, National health
service) fondato nel 1948, è stato portato a esempio in tutto il mondo per
decenni. Anche gli occhiali e il dentista erano gratuiti: ci sembra di
sognare quando ricordiamo che nel 1951 il ministro della sanità Aneurin
Bevan si dimise perché il premier Hugh Gaitskell aveva messo un ticket
sugli occhiali e sulle protesi dentarie. Negli anni `60, quando
l'Inghilterra era ancora fuori dall'Europa, se ci ammalavamo, a Londra
venivamo curati gratuitamente, stranieri che fossimo. Rispetto a quel
tempo, il Nhs è allo sfascio, mi dicono tutti, eppure fornisce ancora
un'assistenza di gran lunga migliore di quella erogata da molte regioni
italiane. Ed è ancora un sistema relativamente meno costoso degli altri
europei, e certo meno respingente per gli immigrati. Ma tutto dipende dal
livello di partenza, e - rispetto a quello del 1948 - il declino degli
ultimi vent'anni è stato terribile. Per capire le ragioni di questo degrado
mi avvio verso Tavistock Square, nel quartiere di Bloomsbury, dove si
trovano le varie palazzine dell'University College. Qui mi riceve nel suo
ufficio la professoressa Allyson Pollock, minuta, sulla quarantina,
battagliera e - come risulterà sempre più chiaro durante l'intervista -
totalmente dedita a quella che, più che un lavoro, sembra una missione che
si è assegnata nella vita: lottare contro lo smantellamento del servizio
pubblico in Gran Bretagna. È laureata in medicina e prima di specializzarsi
in salute pubblica ha lavorato negli ospedali di Edimburgo e di Leeds. Ora
è alla testa della Health Policy and Health Services Research Unit e
direttrice del Research and Development at University College London
Hospitals Nhs Trust: uscirò dal suo ufficio ricoperto di estratti delle sue
ricerche sulla privatizzazione della sanità inglese, di cui è una delle
massime - e più combattive - esperte.



Un tempo il Nhs era il miglior servizio sanitario al mondo. Cosa è successo?

Negli ultimi vent'anni i successivi governi hanno proceduto a uno
smantellamento progressivo dei servizi pubblici. La spallata più forte l'ha
data il thatcherismo nei suoi 18 anni di potere. Nel servizio sanitario
nazionale (Nhs), la costante del ventennnio 1980-2000 è stata un
sotto-finanziamento che, bilancio dopo bilancio, ha ridotto dell'1-2% ogni
anno il valore reale della spesa pubblica (in vent'anni fa più del 20%): da
un lato questo ha fatto sì che gli infermieri e tutto il personale fossero
pagati sempre meno, sempre più stressati, incapaci quindi di fornire
assistenza adeguata, dall'altro che gli investimenti siano passati dal 16
al 3% della spesa pubblica. Nel 1999 gli ospedali pubblici avevano 248.000
letti, il 45% in meno di venti anni prima. Poi c'è stata la privatizzazione
vera e propria. Nel 1982 hanno cominciato a esternalizzare tutti i servizi
«non essenziali», a subappaltare la pulizia, il catering, i servizi di
lavanderia (tra il 1892 e il 1990 i dipendenti addetti alla pulizia e alle
cucine del Nhs diminuirono del 40%). Nell'89 fu privatizzato il fondo
finanziario dei medici generici. Poi, nel 1990, delegarono l'assistenza ai
lungo-degenti alle autorità locali, ma obbligandole a spendere l'85% dei
fondi loro versati in case di cura private. Nello stesso anno fu creato il
cosiddetto «mercato interno» che scindeva l'attività sanitaria in
acquirenti (purchasers) e fornitori (providers), secondo una logica che poi
si è ripetuta nella privatizzazione delle ferrovie. Poi furono introdotti i
pazienti privati negli ospedali pubblici. Furono incoraggiate le
assicurazioni mediche private (Amp). La percentuale di popolazione coperta
da Amp è passata dal 4% a metà degli anni '70 al 12,6% nel 1996 (e la
stragrande maggioranza sono imprenditori, professionisti, lo strato agiato
della società). Comunque può trovare la storia della deriva verso il
privato dei servizi pubblici nel libro molto documentato di Colin Leys,
Market driven Politics (Verso, 2001).

Ma dove si è situato lo spartiacque?

In realtà, dal mio punto di vista, la riforma chiave non solo del Nhs, ma
della quasi totalità dei servizi pubblici britannici, è stata
l'introduzione di meccanismi di mercato dentro la pubblica amministrazione,
o per meglio dire l'interiorizzazione delle logiche di mercato da parte dei
manager pubblici. Questa riforma si è presentata a parole come un
decentramento delle decisioni, o maggiore autonomia locale, controllo dal
basso, potere locale, ma in realtà è consistita nell'attribuire
responsabilità finanziarie al manager della singola scuola o del singolo
ospedale: poiché gli viene data una cosiddetta «autonomia gestionale», il
manager a livello locale è considerato capace (e quindi viene promosso)
quando riesce a pareggiare i conti di esercizio, persino con risorse
decrescenti. Cioè, il buon manager è quello che evita alle difficoltà di
ripercuotersi dal livello locale a quello nazionale, quindi è il manager
che protegge in qualche sorta l'amministrazione centrale e il ministero
dagli effetti negativi dei tagli alla spesa pubblica perché continua a
presentargli conti in equilibrio. E siccome ognuno vuole fare carriera ed
essere promosso, tutti tenderanno a perseguire gli obiettivi di pareggio di
bilancio, o persino di profitto. Ma naturalmente, per andare in pareggio
con risorse decrescenti, il «buon» manager deve ridurre i servizi che eroga
o abbassarne il livello. Il vero effetto della riforma è stato di
sconnettere le difficili decisioni a livello locale dal livello delle
scelte politiche. Tra l'altro questo ha un effetto tragico sul dibattito
democratico, perché tutti i problemi vengono visti come problemi locali,
che riguardano per così dire la «ditta» locale, mai come problemi
nazionali, senza contesto globale. Ed è la stessa politica nella sanità,
nella scuola, nei trasporti, nelle strade, ovunque. A questo punto è
inessenziale che il manager locale sia un dipendente locale o il manager di
una ditta in subappalto nel quadro della cosiddetta Ppp
(Public-private-partnership), che si sta mettendo in opera anche in Italia.
La responsabilità si sposta dai governi locali e centrale ai fornitori
(providers) che si comportano come ditte, responsabili per gli investimenti
e per le loro decisioni d'investimento. Se non le gestiscono con criteri
privati sono considerati cattivi manager, cattivi fornitori. Viene meno la
distinzione tra settore pubblico e settore privato: il settore privato ha
obblighi morali nei confronti degli azionisti che sono prioritari rispetto
agli obblighi sociali nei confronti dei clienti; mentre il settore pubblico
è responsabile nei confronti della società (e dell'ambiente ecologico).
Dire che i dirigenti pubblici devono comportarsi come manager privati
significa che hanno capovolto le priorità dei loro obblighi morali.

Ma tutto questo avviene anche col governo del New Labour?

Il New Labour è peggio di qualunque governo conservatore. Proprio perché
non c'è opposizione. I Tories avevano un'opposizione laburista quando
volevano privatizzare. Ora i laburisti non hanno nessuna opposizione e
stanno facendo quel che i conservatori non hanno mai potuto fare e cioè
smantellare e distruggere quel che resta del welfare. Il problema è che il
popolo di sinistra, la gente che ha militato nel Labour o nel socialismo
non vuole guardare la realtà in faccia, perché è troppo dolorosa. Lei non
ha idea di come il New Labour stia soffocando il dibattito politico in
questo paese.

Mi dia un indizio.

Prendiamo la sanità. Nel `92, per supplire ai mancati investimenti, lo
stato varò la Pfi (Private financing initiative) che consiste in questo:
invece di finanziare esso stesso la costruzione di nuovi ospedali e scuole,
usando i titoli di stato o le eccedenze di bilancio che il taglio alle
spese sta generando, lo stato chiede un prestito ai privati - banchieri,
costruttori, operatori di servizi - per progettare, costruire, finanziare
gestire nuove installazioni (ospedali nella sanità, scuole nell'istruzione)
in cambio di un contratto di 30 anni in cui lo stato ripaga la totalità dei
costi affrontati dal settore privato. In altre parole, lo stato non governa
più ma funziona semplicemente da esattore delle tasse per conto dei
privati. Nello schema Pfi, lo stato non trova fondi, ma prestiti, che
ripaga per trent'anni, il cui onere insomma ricadrà sui contribuenti della
prossima generazione. Di più: lo stato, quando restituisce ai privati, deve
pagare non solo l'interesse del debito, ma anche i dividendi degli azionisti.

Lei può ascoltare Gordon Brown, il responsabile dell'economia: ogni giorno
dice alla radio che il governo vuole il migliore sistema sanitario al
mondo. Quel che non dice è che sta mettendo in atto tutte le strutture per
introdurre il sistema americano. Questo non lo hanno fatto i tories nel
1991, lo ha fatto il New Labour nel 2000 con il suo Nhs Care Act che
distrugge il servizio pubblico. Ma non c'è stata e non c'è nessuna
protesta. Il pubblico non capisce che proprio in questo momento è in corso
una drastica controriforma. Ma noi sappiamo benissimo, dall'esempio
statunitense, che la privatizzazione costa di più, non fosse altro perché
la struttura amministrativa è più pesante: negli Usa i costi amministrativi
rappresentano il 22,9% dei costi totali ospedalieri negli ospedali
pubblici, il 24,5% negli ospedali privati non a scopo di lucro, il 34%
negli ospedali privati for profit. Per di più è stato ampiamente dimostrato
che i gestori a scopo di lucro di ospedali erogano un'assistenza di
peggiore qualità rispetto agli ospedali gestiti pubblicamente; forniscono
trattamenti più costosi e più inappropriati dei servizi pubblici; sono
tecnicamente e logisticamente meno efficienti degli ospedali pubblici.
Paradossalmente l'assistenza privata costa al settore pubblico più di
quanto costa l'assistenza pubblica; e la progressiva privatizzazione sta
perciò facendo lievitare enormemente il costo della spesa sanitaria. Ma non
importa, il governo va avanti e aumenta gli oneri e i tickets e per la
prima volta in 50 anni sta ponendo un limite temporale alla copertura
sanitaria per una data malattia. I cambiamenti chiave non sono avvenuti nel
sistema di finanziamento, che è sempre statale, ma nel sistema di
erogazione. E in questo processo stiamo incorporando i modelli
statunitensi. Non dimentichiamo che il processo di globalizzazione ha una
sua dimensione sanitaria e che da tempo le imprese sanitarie e ospedaliere
Usa stanno cercando di penetrare nel mercato europeo, ma finora hanno
trovato un ambiente ostile, sia perché i sistemi europei sono in larga
misura pubblici, sia per le restrizioni e i vincoli a cui sono sottoposti i
privati. Quindi gli attori Usa della globalizzazione esercitano forti
pressioni perché l'habitat economico europeo diventi meno ostile, ossia
perché diventi più simile al mercato sanitario americano: non è un caso se
la valutazione più positiva sull'Inizitiva di finanziamento privato l'ha
dato una società americana di revisori che si chiama - guarda un po' -
Arthir Andersen, quella coinvolta nel crollo della Enron. Perciò la linea
del New Labour non ha una sua razionalità, non ha una sua logica economica,
ma persegue solo a distruzione dello stato sociale democratico.

Uscendo sulla piazza sotto il tiepido sole primaverile, mi dico che quando
Jean-Paul Sartre parlava degli intellettuali impegnati come di tecnici del
sapere pratico che si mettono a disposizione della società, intendeva forse
persone come Allyson Pollock, se l'avesse conosciuta.