l'economia dell'ambiente



dal manifesto
 
il manifesto - 07 Maggio 2002 
 
 
TERRATERRA
L'economia dell'ambiente
MARINA FORTI
Serve una nuova rivoluzione copernicana, sostiene Lester Brown. Dobbiamo
smettere di considerare l'ambiente come un sottoinsieme dell'economia, e
ragionare all'opposto: l'economia è un sottoinsieme dell'ambiente. «Lo
stress nella relazione tra l'economia e la Terra è evidente: le foreste
diminuiscono, i deserti si espandono, la varietà delle specie scompare, i
ghiacci si sciolgono, il clima muta», e la lista dei segni di allarme
potrebbe continuare all'infinito. E' necessario ripensare l'economia in
termini compatibili con i sistemi naturali. E di questo Brown ragiona nel
suo ultimo libro, Eco-economy. Una nuova economia per la Terra (pubblicato
in Italia da Editori Riuniti, aprile 2002), che ieri ha presentato a Roma
insieme al direttore del Wwf Italia, Gianfranco Bologna. Per il fondatore
del WorldWatch Institute di Washington il movimento ambientalista deve
darsi una «visione», nel senso che questo termine ha nella lingua inglese:
guardare a lungo termine, «definire cosa pensiamo che sia un'economia
ambientale». Proprio quanto Brown continua a fare da quando un paio d'anni
fa ha lasciato la presidenza del WorldWatch per fondare il Earth Policy
Institute, che pubblica regolarmente piccoli saggi (Alerts) sullo sviluppo
sostenibile. La base del ragionamento ha la forza delle cose lampanti:
«L'economia dell'usa-e-getta basata sui combustibili fossili a buon mercato
non può funzionare». Serve un altro modello. E il punto, sostiene Lester
Brown, è che una nuova economia «eco-compatibile» esiste già. Prendiamo
l'energia: da tempo il fondatore del Earth Policy Institute ripete che
l'epoca delle fonti rinnovabili è già cominciata. L'energia eolica è
cresciuta del 23% nell'anno scorso, oggi i 23mila MW di capacità installata
bastano al fabbisogno di 22 milioni di persone. «L'energia eolica cresce
per quattro motivi: è una fonte abbondante, inesauribile, economica e
pulita». Il costo di un chilowattora prodotto dal vento è crollato da 38
centesimi di dollaro quindici anni fa a 4 cents nel 2001, e continua a
scendere tanto più migliorano le tecnologie. A Washington ormai si è
formata una lobby di agricoltori favorevole all'energia eolica, accanto
alla lobby ambientale: i farmers guadagnano di più a usare i terreni per
produrre energia a vento che a coltivarli o pascolarci il bestiame.
L'eolico insomma è ormai competitivo con le fonti tradizionali. «Con
l'energia eolica a buon mercato avremo l'opzione di produrre idrogeno
dall'acqua»: con l'idrogeno la rivoluzione energetica sarà completa, perché
è la più pulita che si possa immaginare - ed è immagazzinabile. «Il
progresso nelle due tecnologie di punta, le turbine a vento e le celle a
idrogeno, sarà la base di una rivoluzione economica», prevede Brown: e cita
le aziende petrolifere e automobilistiche che investono nelle celle a
combustibile, Honda e Chrysler che metteranno sul mercato l'anno prossimo
le prime auto a idrogeno... Brown, da pragmatico quale è, afferma la sua
fiducia nel «lato competitivo» dell'industria, che investe per trovarsi in
vantaggio sulle nuove tecnologie. Certo, l'abbandono del petrolio e dei
vecchi combustibili fossili non sarà cosa di pochi anni. «Ci vorranno forse
decenni. A meno che la competizione acceleri l'innovazione tecnologica. E
se il cambiamento del clima incalza, i governi saranno spinti a mettere
incentivi per passare all'energia pulita».

Incentivi? Già, «per costruire un'economia ecologica è necessario
ristrutturare i sistemi fiscali», afferma Brown, in modo che tutti i costi
- anche quelli ecologici - siano incorporati nei calcoli economici. Non è
il primo, Brown, a parlare di incentivi e tassazione ecologici, e di
«esternalità» da riportare nel calcolo dei costi. Lui la mette in questi
termini: «bisogna che il mercato dica la verità ecologica». Il suo libro
vuole dimostrare, con dati e conti, come tutto questo sia non solo
necessario ma già praticabile, possibile.