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l'uomo dventera' una talpa elettrica
- Subject: l'uomo dventera' una talpa elettrica
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 29 Apr 2002 17:25:22 +0200
dal messaggero di venerdi 26 aprile 2002 ---------------------------------------------------------------------------- ---- Venerdì 26 Aprile 2002 Due saggi dei sociologi Zygmunt Bauman e Saskia Sassen L’uomo diventerà una ”talpa elettrica” di MASSIMILIANO PANARARI LA globalizzazione non dà felicità. Per niente, checché ne dicano i cantori del pensiero unico. È questo l’assunto di due importanti volumi usciti, per una - questa sì felice - coincidenza, quasi contemporaneamente nelle librerie, ad opera di due sociologi della globalizzazione e dell’età postmoderna tra i più sofisticati e famosi al mondo. Entrambi, per un altro curioso gioco del destino, cosmopoliti “cittadini acquisiti" del villaggio globale, originari di paesi certamente non posti nel cuore di quell’Impero che descrivono con tanta sagacia e profondità. Stiamo parlando del polacco Zygmunt Bauman (professore emerito di Sociologia presso le Università di Leeds e Varsavia), di cui è appena uscito il suggestivo Modernità liquida (Laterza, 272 pagine, 15 euro) e della finlandese Saskia Sassen, docente di Sociologia urbana a Chicago, autrice di Globalizzati e scontenti. Il destino delle minoranze nel nuovo ordine mondiale (Il Saggiatore, 286 pagine, 14,90 euro). Quest’ultima, dividendosi tra la New York University e la London School of Economics, è anche un prototipo della sempre più ampia pattuglia di abitanti della “metropoli transoceanica" di Ny-Lon, l’élite globalizzata che tiene casa e lavoro a New York e Londra. L’angolo visuale da cui Bauman osserva il nostro mondo investe i fondamenti stessi della modernità che ha via via assunto un carattere “liquido", come scrive il sociologo con metafora di notevole fascino. Un’epoca, quella contemporanea, dunque, che ha liquefatto e parzialmente dissolto le tradizioni e le istituzioni su cui si reggeva l’esistenza degli individui, convertendo molte delle chiavi di lettura con le quali nel passato si interpretava l’universo in quelle che Bauman chiama le “categorie zombie". Tramontata la possibilità stessa del prodursi di una rivoluzione, ossia di una emancipazione mediante la politica, l’individuo attuale vive così in società solo in apparenza libere, ma in verità estremamente rigide, all’interno delle quali le opzioni si sono drammaticamente ridotte proprio per effetto della tendenza alla deregulation (dalla liberalizzazione dei mercati finanziari allo smantellamento delle tutele del Welfare, alla precarizzazione dei rapporti di lavoro) che costituisce il cardine dell’ideologia neoliberista egemone. Sulla scorta di questa sociologia critica radicale e pessimistica, il lettore viene condotto lungo un percorso spietato ma affascinante, attraverso il sovvertimento che ha modificato i tratti di categorie quali “emancipazione", “individualità", “lavoro", “comunità" e, specialmente, “tempo e spazio". Una descrizione a tinte decisamente fosche, dunque, che mette in mostra la crisi e la dissoluzione dei legami sociali ed il rischio che l’uomo si riduca ad una “talpa elettrica", permanentemente connessa al mondo ipertecnologico dominato dai poteri globali, i quali disgregano le comunità e le appartenenze per poter fluttuare e, quindi, dominare senza intralci. Un individuo non più cittadino, ma nuovamente suddito, questa volta all’insegna dell’illusione liquida di una libertà che, a ben guardare, si traduce in prigionia. Sassen ci propone un’analisi interdisciplinare, che spazia dall’economia politica sino alla teoria della cultura, della imprescindibilità delle “città globali" - da New York, centro del saggio, a Tokyo, da Londra a Francoforte - nella riorganizzazione del potere nel pianeta ormai unificato. Facendo attenzione, più di quanto accadesse in altre sue opere, alla condizione concreta degli uomini e delle donne, in particolare degli immigrati (o migranti come direbbero, con una terminologia sempre più diffusa, gli autori no global), senza le cui prestazioni lavorative sottopagate e prive di diritti non potrebbero neppure esistere quegli autentici laboratori della globalizzazione rappresentati dalle metropoli occidentali. Il lettore abituale della sociologa finlandese, cui risultano già familiari nozioni quali quelle di economia informale piuttosto che quella di frammentazione della sovranità o il punto di vista femminista sull’economia globale, trova così nel suo ultimo libro una critica serrata dei meccanismi della mondializzazione. Una disamina capace di dimostrare, dati alla mano, la crescita esponenziale delle disuguaglianze, il carattere indotto dall’Occidente, bisognoso di manodopera a basso costo, delle migrazioni e la funzione di garante dell’economia e della finanza neoliberiste di uno Stato-nazione sì indebolito, ma assolutamente funzionale alla direzione di marcia della globalizzazione. In poche parole, due libri da non perdere. ---------------------------------------------------------------------------- ----
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