art,18 il governo riforma a costo zero



 
il manifesto - 11 Aprile 2002 
 
Art.18 e non solo...
Il governo riforma a costo zero 
Oggi la riforma del collocamento. Cambiano le regole per i disoccupati. Il
presidente Ciampi invita al dialogo 
Il ministro Maroni alla ricerca di soldi per finanziare gli ammortizzatori
sociali. Ma Tremonti ribadisce: non ci sarà un euro
PAOLO ANDRUCCIOLI
Il punto di scontro tra sindacati e governo sugli ammortizzatori sociali è
molto semplice: le risorse per finanziare la riforma degli strumenti che
regolano la disoccupazione, la cassa integrazione e tutti gli altri
interventi pubblici di «protezione sociale», non ci sono. Il governo
Berlusconi - almeno su questo - ha una linea molto chiara: il mercato del
lavoro deve essere liberalizzato e reso sempre più flessibile, con
inevitabili conseguenze sull'amento della precarietà dei lavoratori, ma lo
stato non dovrà più mettere un euro per gli ammortizzatori sociali, come
stabilisce già la legge finanziaria 2002. Lo ha ribadito in più occasioni
il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, anche se il suo collega del
welfare, Roberto Maroni, ha ammesso ieri che una riforma degli
ammortizzatori sociali senza risorse non è una riforma e che dunque il
governo si impegna a verificare la disponibilità di nuove risorse. Ma dove
si troveranno i soldi? Stiamo per un momento ai fatti. La legge finanziaria
firmata Giulio Tremonti parla di un costo zero per qualsiasi operazione di
riforma di questi strumenti che dovrebbero attutire (da qui il termine
ammortizzatori) gli effetti delle crisi economiche e in generale i capricci
del mercato. Nell'ormai famoso Libro bianco su cui il ministro Maroni vuole
varare un'apposita commissione si parla genericamente di ammortizzatori
sociali e di incentivi. Anzi - se si sta al testo del Libro bianco - si
capisce che il governo ha intenzione di realizzare una riforma al
contrario: «Il governo intende procedere, sempre in una prospettiva attiva
e preventiva, alla riforma degli ammortizzatori sociali e degli incentivi
all'occupazione, così da portare a razionalizzazione - e semplificare - un
quadro normativo diventato non solo ineffettivo e inefficace, ma anche
fonte di spreco di risorse pubbliche». Riformare dunque, ma senza soldi,
anzi risparmiando e tagliando qua e là.

Nella legge delega sul mercato del lavoro in votazione al senato si prevede
la «revisione del sistema delle tutele in caso di disoccupazione», la
riduzione del tempo di permanenza nello stato di disoccupato, più altre
misure mirate appunto alla razionalizzazione di un sistema giudicato
inefficace. Ma il punto più interessante riguarda «la razionalizzazione del
sistema delle aliquote preordinate al finanziamento del sistema gli
ammortizzatori sociali». Si tratta di un'idea su cui pare si stia lavorando
molto in questi giorni in vista della definizione di una proposta specifica
del governo sugli ammortizzatori. Siccome Maroni cerca soldi e Tremonti
cerca tagli, la conclusione potrebbe essere questa: le risorse per i nuovi
ammortizzatori si dovranno reperire nell'aumento dei contributi pagati dai
lavoratori e dalle imprese. Tutto questo per evitare uno scoglio politico
enorme per un governo come quello berlusconiano: l'aumento delle tasse.

Su tutt'altra lunghezza d'onda le proposte dei sindacati confederali Cgil,
Cisl, Uil, che vengono ribadite nella piattaforma unitaria preparata in
vista dello sciopero generale di martedì 16 aprile. La Cgil, in
particolare, sta lavorando a una proposta specifica su questi problemi
ampliando e affinando una piattaforma elaborata più di un anno fa. In
sostanza la Cgil propone un taglio alle «regalie» alle imprese che hanno
caratterizzato troppo spesso l'intervento statale in questo settore. Ci
sono stati casi di vera e propria «assistenza» non tanto ai lavoratori
(anche a loro indirettamente) ma alle aziende che invece di ristrutturarsi
riorganizzando ricerca e produzione hanno usufruito dei soldi dello stato e
poi magari hanno chiuso i battenti lasciando tutti in mezzo alla strada. La
Cgil propone di rivedere quindi anche il concetto di responsabilità
dell'impresa sulla falsa riga di quello che si fa in Europa, in Francia
soprattutto, dove le aziende non possono scomparire come succede troppo
spesso qui da noi.

L'altro punto in discussione, sia per la Cgil, ma anche per gli altri
sindacati confederali, riguarda il grado effettivo di copertura degli
intereventi di ammortizzazione sociale. Nella proposta che la Cgil
presenterà agli altri sindacati e alle parti dopo lo sciopero c'è
l'estensione della platea della disoccupazione e l'aumento del grado di
copertura dell'assegno che oggi sta tra il 30 e 40 per cento dell'ultima
retribuzione e che invece si vorrebbe portare al 60 per cento. Ma tutte
queste e tante altre proposte che emergeranno implicano un nuovo sistema di
intervento statale, implicano finanziamenti pubblici. Ovvero implicano uno
stato presente e attivo. L'esatto contrario - pare - dell'ultraliberismo
che va in onda di questi tempi. Non è un caso infatti che il governo
insista solo sulle riforme che non costano, anzi che tagliano. Come per i
licenziamenti.

Ma dai prossimi giorni avremo più chiara la situazione dato che ieri lo
stesso presidente della repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha proposto di
riavviare un dialogo tra le parti. Dopo le litigate è meglio riparlarsi e
non è una regola che vale solo per i rapporti personali, ma soprattutto per
la politica. Il problema però è capire su che cosa riparlarsi dato che i
punti di vista sono tuttora lontanissimi. Sull'articolo 18 e i
licenziamenti non ci può che essere lo stralcio, chiedono i sindacati. Ma
anche sul resto le posizioni sono alquanto distanti se il governo ha
davvero intenzione di cercare i soldi solo in due direzioni: o l'aumento
dei contributi o il taglio delle pensioni. O magari un bel mix tra queste
due soluzioni brillanti.