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state of the world 2002
- Subject: state of the world 2002
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 28 Mar 2002 17:50:53 +0100
da boiler.it State of the World 2002 Il nuovo rapporto sullo stato dell’ambiente mondiale del Worldwatch Institute, il prestigioso think tank americano, è dedicato a un bilancio a dieci anni dall’Earth Summit di Rio e a pochi mesi dal prossimo appuntamento di Johannesburg. A fine agosto, infatti, i leader del mondo torneranno al capezzale del pianeta per valutarne le condizioni e studiare le soluzioni. Servirà a qualcosa? Intanto, Boiler anticipa le riflessioni degli esperti americani, introdotti dalla prestigiosa firma del segretario delle Nazioni Unite. La sfida di Johannesburg estratto dal I capitolo di Gary Gardner in: State of the World 2002 – Rapporto annuale del Worldwatch Institute (a cura di Christopher Flavin, Hilary French e Gary Gardner) Edizioni Ambiente 2002 21,50 euro – 325 pagine NEI GIORNI DI ANGOSCIA seguiti all’attacco terroristico al World Trade Center e al Pentagono, i leader mondiali hanno parlato di una comunità globale improvvisamente e irreparabilmente cambiata. Come si legge nelle parole che il Presidente George W. Bush ha pronunciato l’11 settembre 2001, «la notte è scesa su un mondo diverso», soprattutto a causa di una più ampia esperienza della vulnerabilità. «Gli americani hanno conosciuto la guerra», ha osservato Bush, ma raramente sul proprio suolo. «Gli americani hanno conosciuto attacchi a sorpresa, ma mai, prima d’ora, su migliaia di civili». L’esperienza di quel mattino di settembre ha provocato uno spostamento nelle priorità della nazione, letteralmente nel corso di una notte. Effetto galvanizzante Chi vorrebbe spingere il mondo rapidamente verso la sostenibilità è rimasto sbalordito di fronte all’effetto galvanizzante dell’attacco. Ci siamo chiesti se siano necessarie tragedie di questa grandezza per dirigere il mondo verso il nuovo modello di sviluppo delineato dall’Earth Summit del 1992. Se così fosse, ci sarebbe molto da ricordare. Potremmo immaginare un primo ministro che, al Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile, ripercorra gli eventi dell’ultimo decennio riecheggiando le parole del Presidente Bush: «La famiglia umana ha sofferto le malattie, ma è rara un’infezione che può uccidere un terzo degli adulti di una nazione, così come l’Aids potrebbe arrivare a fare in Botswana nei prossimi dieci anni… Il nostro pianeta assiste da sempre all’estinzione di specie, ma in quattro miliardi di anni solo cinque volte è accaduto qualcosa di simile all’attuale estinzione di massa… Le nazioni hanno lottato a lungo contro le disuguaglianze, ma quanto spesso le ricchezze di tre soli individui sono state pari alla somma delle economie dei 48 paesi più poveri, come è successo nel 1997?». Questi trend sono senza dubbio meno coinvolgenti del dramma di un attacco a sorpresa. Ma indicano al mondo un pericolo meno visibile del terrorismo che però, sul lungo termine, può rivelarsi ancor più grave. Questi e altri trend – dalla perdita di foreste, zone umide e barriere coralline fino al degrado sociale delle nazioni più avanzate – ci segnalano il subdolo deterioramento del modello di sviluppo che si è imposto nel corso del Ventesimo secolo. Un modello adottato tanto dalle nazioni industrializzate quanto da quelle in via di sviluppo, che si basa sull’alta intensità di materiali e sull’uso di combustibili fossili, sui consumi di massa e sulla relativa produzione di rifiuti; un modello orientato prevalentemente alla crescita economica e che trascura i bisogni delle persone. Nel 1992, la Conferenza dell’Onu su Ambiente e Sviluppo (l’Earth Summit) decise di sfidare questo modello, offrendo un’alternativa globale. La famiglia umana è stata chiamata ad affrontare una nuova esperienza, quella dello sviluppo sostenibile. L’ambiente peggiora A dieci anni dallo storico meeting di Rio de Janeiro, il mondo comincia a rispondere a questo richiamo, ma solo in modo sporadico e incerto. Negli anni Novanta, i passi verso un mondo più giusto e dotato di buona resilienza ecologica sono stati troppo piccoli, troppo lenti e mal diretti. L’utilizzo delle fonti energetiche eolica e solare è cresciuto vigorosamente nel corso dell’ultimo decennio, benché il mondo tragga tuttora il 90 per cento dell’energia ad uso commerciale dai combustibili fossili, il cui contenuto in carbonio sta modificando sempre più il nostro clima. Innovazioni creative nei modi di produzione e consumo delle merci sono oggi in grado di ridurre di parecchie volte l’impiego di materie prime e la produzione di rifiuti, benché il grosso sia ancora da fare, tuttora confinato sui tavoli da disegno o fermo allo stadio di esperienza pilota. E i miglioramenti nel campo della salute e dell’istruzione, pur notevoli in molte nazioni in via di sviluppo, sono risultati discontinui mentre in quelle ricche rischiano di perdere colpi. Non sorprende poi che le problematiche ambientali globali – dal cambiamento climatico all’estinzione delle specie, dalla deforestazione alla scarsità d’acqua – siano in genere peggiorate da quando i delegati si incontrarono a Rio. I trend sociali hanno mostrato qualche segno positivo, benché permangano enormi differenze globali nella distribuzione della ricchezza: un quinto della popolazione mondiale vive con meno di un dollaro al giorno, mentre quella più ricca mostra i sintomi dell’eccesso, come l’obesità. Inoltre un numero crescente di economie ha un vorace appetito di materie prime. E se il riciclo di vetro, della carta e di pochi altri rifiuti domestici è oggi una pratica comune in molti paesi, nelle nazioni industrializzate la maggior parte dei materiali vengono utilizzati una sola volta prima di diventare rifiuti. In sintesi, mentre negli anni Novantaè indubbiamente aumentata la consapevolezza rispetto ai temi sociali e ambientali più importanti per uno sviluppo sostenibile, per quanto riguarda la maggior parte dei problemi ambientali globali questa nuova coscienza deve ancora migliorare. La nostra missione In ogni caso, la crescente consapevolezza della necessità di muoversi verso la sostenibilità è un buon punto di partenza. Mai come oggi cittadini, imprenditori e leader politici comprendono che per “sviluppo” va inteso molto di più della sola crescita economica: un tema chiave dell’Earth Summit. L’Agenda 21, il programma d’azione emerso dalla conferenza, trattava di tematiche sociali, di struttura delle economie, di conservazione delle risorse e di problemi della società civile. Questo ampio panorama è coerente con le linee guida dello sviluppo tracciate dall’Undp (U. N. Development Programme): accrescere le opportunità di condurre la vita che si desidera, e soprattutto quelle che favoriscono una vita lunga e in buona salute, l’accesso alla formazione, uno standard di vita dignitoso e la partecipazione alla vita delle comunità. Questo capitolo analizza lo sviluppo negli ultimi dieci anni, seguendo i riferimenti forniti dall’Earth Summit e dall’Undp, e valutando se e quanto il mondo è progredito in termini di protezione dell’ambiente, salute umana, educazione ed economia eco-compatibile. Quando le nazioni si riuniranno per il World Summit a Johannesburg, i delegati dovranno lavorare duro per raggiungere la stessa unità di intenti che caratterizza la battaglia contro il terrorismo. «Abbiamo trovato la nostra missione e il nostro momento» ha dichiarato il Presidente Bush in risposta agli attacchi dell’11 settembre. Vogliamo immaginare una comunità globale che con uguale risolutezza si diriga unanimemente verso la realizzazione dell’idea di sviluppo emersa a Rio. Ciò rappresenta il potenziale e la speranza di Johannesburg. (…)
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