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le pensioni dei desideri
- Subject: le pensioni dei desideri
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 21 Mar 2002 06:38:06 +0100
dal manifesto 13 Marzo 2002 Le pensioni dei desideri Nella delega non viene previsto nulla in caso di crollo dei mercati finanziari. Tutto l'opposto del famoso modello olandese che prevede invece un sistema di garanzia PAOLO ANDRUCCIOLI Ggli aderenti ai fondi pensione negoziali, ovvero quelli dei sindacati di categoria, hanno superato quest'anno gli aderenti ai cosiddetti fondi preesistenti aziendali (vedi l'articolo qui sotto). I "fondi chiusi" sono quindi al primo posto nella classifica generale della previdenza complementare, anche se questo primato non vale per l'entità dei patrimoni: i più ricchi, con circa 52 mila miliardi di lire, rimangono i vecchi fondi aziendali costruiti da tanti anni, mentre gli altri fondi (i "negoziali" e gli "aperti") sono giovanissimi, essendo operativi da due o tre anni. E comunque non è detto che i primati di oggi rimangano invariati perché, in campo previdenziale, sta per scoppiare un altro terremoto: la delega del governo Berlusconi, infatti, oltre ad abbassare ulteriormente il grado di copertura delle pensioni pubbliche ("il tasso di sostituzione"), introduce un elemento che scompaginerà ulteriormente le carte: si vuole mettere tutti sullo stesso piano, fondi chiusi, fondi aperti, il risparmio privato, il risparmio collettivo, le assicurazioni, le banche e via dicendo. Gli operatori temono l'avvio di una lunga fase di "concorrenza sleale" e di mancanza di trasparenza, poiché oggi è vero che i lavoratori sono vincolati per legge al loro fondo (almeno per 5 anni), ma è anche vero che i fondi negoziali funzionano sulla base di precise regole e sono sottoposti a controlli pubblici che non si estendono invece (almeno allo stesso modo) agli altri strumenti previdenziali privati. Il punto vero dello scontro riguarda il futuro dei soldi risparmiati dai lavoratori, i loro rendimenti e il rischio della volatilità. E quindi, in fondo, il futuro di tutte le nostre pensioni "integrative". La delega del governo Berlusconi (meglio conosciuto con il governo del "Polo delle libertà") parte dall'assunto che il lavoratore deve essere obbligato a prendersi il rischio di esporre i suoi contributi pensionistici alle tempeste cicliche della borsa. In questo contesto si evoca spesso il "modello olandese". "In realtà - spiega il professor Marcello Messori, docente all'università di Roma Tor Vergata e presidente del Mefop - è vero che nei Paesi Bassi è obbligatorio iscriversi ai fondi pensione. Ma bisogna anche specificare che in quei paesi i fondi si basano sul principio del beneficio garantito. Il rischio viene bilanciato e in caso di perdita dovuto ai negativi andamenti dei mercati finanziari devono essere le imprese a intervenire per garantire comunque il patrimonio dei lavoratori". Negli Usa tutto si gioca invece sul rischio puro, fino al caso estremo della Enron. Nel Regno Unito non è obbligatorio per legge iscriversi a un fondo, ma lo è nella prassi. Nei Paesi Bassi - modello che qui da noi spesso si evoca appunto anche per le questioni del mercato del lavoro - i rischi dei risparmiatori e dei lavoratori che accumulano negli anni i loro contributi hanno un paracadute garantito. Ovvero il lavoratore, alla fine della sua esperienza professionale, può anche non guadagnarci nulla, ma è sicuro di poter contare almeno su quel capitale che ha risparmiato. In Italia si rischia di passare invece di colpo da un sistema di pensioni pubbliche garantite (anche se il grado di copertura è passato dall'80 al 60-55%) a un sistema che espone tutti al rischio, senza prevedere paracadute. Si vuole lanciare il sistema dei fondi affidandolo solo al mercato, senza prevedere interventi di bilanciamento, affidare insomma i soldi alla lampada di Aladino. Nel panorama attuale solo le compagnie di assicurazione promettono infatti un "beneficio garantito". Ma questa "sicurezza" viene pagata a caro prezzo: i costi della gestione sono enormemente più alti rispetto a qualsiasi altro strumento. Può succedere quindi che per assicurarsi individualmente il gruzzolo finale, ci si perda altrettanto (o almeno una parte consistente del risparmio) in costi, ovvero in soldi regalati alle singole assicurazioni. Cosa che non può succedere per i fondi chiusi di categoria che non garantiscono il beneficio finale, ma hanno costi molto più bassi e sistemi di controllo più garantiti e soprattutto collettivi. I problemi da risolvere sono dunque ancora tanti e molto complessi. Quelli più urgenti. Da una parte bisogna rispondere alla domanda: come possono crearsi una pensione integrativa tutti quei lavoratori "intermittenti" che caratterizzano il nuovo mercato del lavoro italiano e che quindi non hanno un loro fondo "negoziale"? E seconda questione: per evitare la concorrenza selvaggia, gettando tutti nelle mani delle Assicurazioni, sarebbe opportuno prevedere una qualche garanzia per i lavoratori che aderiscono ai fondi. Il professor Messori pensa per esempio "a un sistema che minimizzi il rischio" e che dia ai lavoratori una garanzia di "beneficio minimo garantito". Ma l'aria che tira sembra tutt'altra e l'esito peggiore di tutta questa storia sarebbe quello di dire addio al sistema della previdenza pubblica per essere inghiottiti direttamente dalla giungla. (4.fine)
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