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dopo la concertazione
- Subject: dopo la concertazione
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 26 Feb 2002 06:47:27 +0100
da repubblica di domenica 24 febbraio 2002 DOPO LA CONCERTAZIONE di ilvio diamanti Quanta polvere attorno al dibattito fra il governo e i sindacati, attorno al nodo dei licenziamenti.Attorno alla divisione tra i sindacati confederali in merito alla trattativa sulla flessibilita' la CGIL decisa procede nel progettato sciopero generale, la Cisl e la Uil contrarie e disponibili a riprendere il confronto con il governo. E' diffusa la tentazione di ricorrere a spiegazioni immediatistiche e politichesi: la ambizioni politiche di Cofferati , interessato a guidare la sinistra;il cedimento di Cisl e Uil alle pressioni della Cdl. A LA questione è ben più ampia. Riguarda il posto del sindacato nell'era della post-concertazione; il suo rapporto con la politica, irrisolto dopo la fine della prima Repubblica. ' Sotto questo profilo~ il percorso tortùoso intrapreso da Cofferati non differisce molto da quello affrontato, negli anni 90, da Sergio D'Antoni: costretto a inventare un referente politico che non c'era più, dopo la fine della Dc e del Psi. Fino a "privatizzare" la Cisl, facendone una sorta di partito personale. Per scoprire, dopo essere entrato direttamente in politica, fondando DE, che lo spazio politico "intermedio", era piccolo piccolo. Molto più di quanto immaginasse. Cofferati, a sua volta, oggi si trova a fare i conti, nella sinistra, con un referente politico debole e diviso. Dove, peraltro, come ha dimostraio il congressa di Pesaro, egli rappresenta una minoranza. D'altra parte, il rapporto con la politica per il sindacato è diventato topico. Perché la realtà del lavoro è sempre più condizionata dalle scelte esercitate in ambito pubblico. Basta pensare agli argomenti che oggi infiammano il dibattito: la disciplina del mercato del lavoro, la previdenza, la' tutela. Poi, c'è il problema della rappresentanza del sindacato, che è cambiata profondamente. I luoghi di lavoro si sono frammentati, la produzione globalizzata, le grandi fabbriche declinano, i nuovi occupati hanno contratti intermittenti e parziali. La gente invecchia. Fatica, il sindacato, a iscrivere i nuovi assunti. Mancano i "posti", dove li poteva incontrare. Mentre la componente più estesa dei suoi iscritti è costituita da pensionati. Se aggiungiamo il peso dei dipendenti pubblici fra i sindacalizzati, si comprende bene come il rapporto con lo Stato e con il sistema politico per il sindacato divenga essenziale. Vincolante. Da ciò 1'importanza assunta, nei primi anni `90, dalla concertazione: 1'intesa fra Stato-governo, sindacati e associazioni imprenditoriali. Per lo Stato e per il siste- ma politico, in tempi di difficoltà economiche e finanziarie e di sfaldamento della prima Repubblica, la concertazione è una via obbligata per affrontare il risanamento economico e finanziario e i sacrifici che ne conseguono, garantendosi un consenso adeguato. Per il sindacato, però, la concertazione costituisce un modo per fare fronte alle sue difficoltà interne ed esterne: per acquisire legittimazione pubblica, per ottenere risorse che ne saldino il rapporto con i lavoratori. Da ciò una lunga stagione senza conflitti, rotta solo dalla pausa del governo Berlusconi. Non tanto per ostilita';ma perche' la proposta sulle pensioni minaccia di spezzare quell'intesa, quell'equilibrio. LA stagione concertativa, peraltro, accelera la mutazione del sindacato. Che si istituzionalizza e si burocratizza. Moltiplica i legami con le pubbliche amministrazioni. Peraltro, il modello della concertazione si propaga in diverse direzioni: di settore, di territorio. Tuttavia, questa stagione nella seconda metà degli anni 90 appassisce, proprio mentre (e perché) i suoi frutti maturano. In primo luogo, il rafforzamento del1'Unione europea sposta altrove a Bruxelles, a Francoforte, in sede di Commissione e di Bce, la definizione dei parametri di reddito, inflazione; oltre alle le scelte in materia di mercato del lavoro, Welfare. Così la concertazione perde i suoi fini I suoi contenuti. Inoltre, il sistema partitico, che ha usato la concertazione per ridurre la crisi di consenso degli anni 90, sopporta con disagio crescente la supplenza e la mediazione sindacale nell'ambito della politica sociale e, in generale, nel rapporto con la società. Così il sindacato si ritrova ad affrontare il dclino della concertazione senza disporre di una strategia altemativa. Istituzionalizzato,und decennio di bassa mobilitazione sociale, con un rapporto nei con&onti della politica irrisolto e, per certi versi, più complicato di prima. D' altra parte, alle elezioni politiche del 13 maggio 2001 (indàgine di Itanes) il 50~o della classe operaia ha votato per la Cdl, il 42°io per 1'Ulivo. Ma questa pluralità di opzioni riguarda anche gli iscritti al sindacato, tra i quali il 60~ hanno votato per il centrosinistra, il 36% per la Cdl. Gli elettori di centrodestra, inoltre, salgono al 40°Io nella base Uil e al 50% tra gli iscritti della Cisl, mentre fra gli aderenti della Cgil scendono al 29%. Che costituisce, comunque, una quota ragguardevole. Dunque, non esiste una coalizionediriferimentoesclusivaper i sindacati. Era così anche in passato: ma oggi il bipolarismo rischiadiriprodurreallorointerno i conffitri politici "esterni". Con effetti laceranti. È 1'epoca della post-concertazione. Segnata dalla ricerca di nuovi modelli di relazioni fra governo e parti sociali, In un clima di conflitti sui simboli, più che su interessi concreti. L'art. 18: riguarderà pochi lavoratori, ma se si andasse a un referendum, come mostrano i sondaggi, il 60% degli elettori voterebbero per mantenerlo. Inoltre, anche se ispirato da Confindustria, questo tema non sembra interessare molto gli imprenditori, soprattutto nel Nord. TUTTAVIA, il govemo ha molte ragioni per investire in questa direzione. Per tracciare un solco rispetto al passato; per sancire che nell'era di Berlusconi la concertazione è finita. Per affermare il metodo Tremonti, tradotto da Maroni, che mira ad accentuare 1'autonomia decisionale del governo attraverso lo strumento della delega. ` Per nascondere la povertà delle risorse che il governo può spendere sul tavolo del negoziato fra le parti sociali. In parte perché vincolato dallaUe. In parte, perché risorse da trasferire nel negoziato ce nesonomolto poche. E le poche dispoonibili le ha gia impegnate nel contratto del pubblico impiego. Per questo agisce sulla leva "ideologica" dell'art. 18, sperando che apra la breccia verso una nuova era, in cui il vincolo della mediazione e dei mediatori sociali si allenti. Per ragioni diverse, gli stessi sindacati stanno al gioco. Perché non hanno chiara 1'alternativa alla concertazione, né dispongono di un disegno preciso, circa il rapporto con il sistema politico. Così la Cisl e la Uil, impiantate su un retroterra contrattualista e pragmatico e su una base politicamente divisa, accettano di andare al tavolo delle trattative. Così la Cgil, coerentemente con la sua tradizione, spinge sulla Ieva dell'identità e dell'opposizione attraverso il richiamo alla piazza. Ma tutti rischiano qualcosa, in questo gioco, dove la massa simbolica è eccedente, debordante. La Cisl e la Uil perché, al tavolo del negoziato c'è dawero poco da negoziare, in quanto il governo non offre contropartite strategiche (unpianosulMezzogiorno, investimenti in formazione...) al pacchetto sulla flessibilità nel lavoro. Può al massimo.:. rinunciare all'art.l8. La Cgil, perché la piazza è uno strumento forte per generare identità e aspettative. Ma poi, se non arrivano risultati, può subentrare la delusione. Il governo, perché ogni giorno che passa, senza unadecisione, la sua pretesa di attore forte, in grado di bypassare il sindacato, perde credibilità; mentre la sua posizione ostile su temi sensibili per i lavoratori (sindacalizzati e non), come i licenziamenti e le pensioni, rischia di fargli perdere il consenso presso una parte importante del suo elettorato. È il tempo della post-concertazione e dello sconcerto. Nel quale i soggetti politici, economici, sindacali si aggrappano alle parole e ai miti del passato. Per non fare i conti con se stessi.
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