quel lavoro al centro del mondo



dal manifesto

    
    
 
    
 

23 Gennaio 2002 
  
 
   
Quel lavoro al centro del mondo
Lavoratori agricoli e alimentaristi tra globalizzazione, diritti e
controllo del prodotto 
FRANCESCO PICCIONI 




Il congresso che non ti aspetti. Quello della Flai-Cgil, che arriva nel
centenario della leggendaria Federterra, non ha nulla del sonnacchioso
schierarsi per la conta finale a livello confederale. Nell'icona rispolvera
la falce originaria - il martello, da sempre, è in mano alla Fiom -; nel
discorso, pone con rara consapevolezza la centralità del rapporto con la
natura, del ciclo dell'alimentazione e della sua "limitata adattabilità"
alla logica del profitto. La relazione del segretario, Franco Chiriaco,
gioca a tutto campo: dall'analisi della globalizzazione ("in realtà è solo
un altro nome per definire il dominio degli Usa nel mondo", parola di Henry
Kissinger) fa discendere le prospettive per il mondo del lavoro, il
sindacato, la sinistra politica; e la relazione senza illusioni con un
governo che dichiara di voler riconoscere i sindacati "solo sulla base
della presenza e del ruolo svolto nelle forme bilaterali. Cioè chi firma".
Ne deriva un sindacato fortemente politico, che contratta - certo - ma non
si adatta a fare da sponda alle compatibilità e alle esigenze delle imprese
comprimendo diritti e retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Un sindacato
che rifiuta gli Ogm (organismi geneticamente modificati) ma critica la
sinistra politica per aver "abbandonato i valori della ricerca e della
scienza"; che si batte per la libertà di ricerca, perché il problema vero è
che "occorre attaccare il profitto". Delinea un programma per la nuova Cgil
"che ha superato il periodo delle supplenze politiche" e vuole cambiare "da
rappresentante di parzialità a quella di totalità". E' ricca ormai la lista
delle prese di posizione fuori del coro assunte anche dalla confederazione:
sulla guerra, il diritto dei popoli all'autogoverno, la difesa dello stato
laico e della scuola pubblica, dei giovani che contestano, ecc. E se la
sinistra partitica è in crisi, "noi non intendiamo rassegnarci a questo
declino".
Ma non è affatto l'ennesimo rifugiarsi dietro i movimenti "no global".
Anzi, la critica di merito - severa - tocca anche loro, che si ritrovano a
parlare, nei documenti, della "remunerazione economica per gli
agricoltori", degli "aiuti ai micro-macelli" e agli appezzamenti di terreno
di "superfici minime"; e perfino di "benessere animale". Un po' di tutto,
lamenta la Flai, tranne che dei "700.000 lavoratori dipendenti", la "classe
che lavora", e soprattutto dei lavoratori extracomunitari totalmente in
nero, senza diritti, puri mezzi di produzione, non-uomini.
Una critica da sinistra, "di classe", che punta ai nodi concreti e guarda
in faccia il traguardo cui puntano - per restare all'Italia - la
Confindustria e Berlusconi: il "caporalato sindacale" e una "lunga
avventura reazionaria". Non stupisce, in questo quadro, che anche obiettivi
teoricamente solo "ambientalisti" rientrino senza problemi in un'ottica da
sindacato "che lotta". La sicurezza alimentare, per esempio: viene delegata
alle imprese stesse, a qualche authority (cioè ai governi che la nominano)
oppure è un controllo che solo chi produce - i lavoratori del settore
alimentare - può effettuare?
La rottura con un modo di concepire il ruolo strategico della sinistra, sia
pure riformista, è chiarissima: "governare la globalizzazione? E' come
voler governare il capitalismo. Non è possibile". Se non, keynesianamente,
recuperando ruolo e funzione degli stati come garanti di regole e politiche
che tengono conto del corpo sociale nel suo complesso, non solo delle
imprese.