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quel lavoro al centro del mondo
- Subject: quel lavoro al centro del mondo
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 26 Jan 2002 06:47:23 +0100
dal manifesto 23 Gennaio 2002 Quel lavoro al centro del mondo Lavoratori agricoli e alimentaristi tra globalizzazione, diritti e controllo del prodotto FRANCESCO PICCIONI Il congresso che non ti aspetti. Quello della Flai-Cgil, che arriva nel centenario della leggendaria Federterra, non ha nulla del sonnacchioso schierarsi per la conta finale a livello confederale. Nell'icona rispolvera la falce originaria - il martello, da sempre, è in mano alla Fiom -; nel discorso, pone con rara consapevolezza la centralità del rapporto con la natura, del ciclo dell'alimentazione e della sua "limitata adattabilità" alla logica del profitto. La relazione del segretario, Franco Chiriaco, gioca a tutto campo: dall'analisi della globalizzazione ("in realtà è solo un altro nome per definire il dominio degli Usa nel mondo", parola di Henry Kissinger) fa discendere le prospettive per il mondo del lavoro, il sindacato, la sinistra politica; e la relazione senza illusioni con un governo che dichiara di voler riconoscere i sindacati "solo sulla base della presenza e del ruolo svolto nelle forme bilaterali. Cioè chi firma". Ne deriva un sindacato fortemente politico, che contratta - certo - ma non si adatta a fare da sponda alle compatibilità e alle esigenze delle imprese comprimendo diritti e retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Un sindacato che rifiuta gli Ogm (organismi geneticamente modificati) ma critica la sinistra politica per aver "abbandonato i valori della ricerca e della scienza"; che si batte per la libertà di ricerca, perché il problema vero è che "occorre attaccare il profitto". Delinea un programma per la nuova Cgil "che ha superato il periodo delle supplenze politiche" e vuole cambiare "da rappresentante di parzialità a quella di totalità". E' ricca ormai la lista delle prese di posizione fuori del coro assunte anche dalla confederazione: sulla guerra, il diritto dei popoli all'autogoverno, la difesa dello stato laico e della scuola pubblica, dei giovani che contestano, ecc. E se la sinistra partitica è in crisi, "noi non intendiamo rassegnarci a questo declino". Ma non è affatto l'ennesimo rifugiarsi dietro i movimenti "no global". Anzi, la critica di merito - severa - tocca anche loro, che si ritrovano a parlare, nei documenti, della "remunerazione economica per gli agricoltori", degli "aiuti ai micro-macelli" e agli appezzamenti di terreno di "superfici minime"; e perfino di "benessere animale". Un po' di tutto, lamenta la Flai, tranne che dei "700.000 lavoratori dipendenti", la "classe che lavora", e soprattutto dei lavoratori extracomunitari totalmente in nero, senza diritti, puri mezzi di produzione, non-uomini. Una critica da sinistra, "di classe", che punta ai nodi concreti e guarda in faccia il traguardo cui puntano - per restare all'Italia - la Confindustria e Berlusconi: il "caporalato sindacale" e una "lunga avventura reazionaria". Non stupisce, in questo quadro, che anche obiettivi teoricamente solo "ambientalisti" rientrino senza problemi in un'ottica da sindacato "che lotta". La sicurezza alimentare, per esempio: viene delegata alle imprese stesse, a qualche authority (cioè ai governi che la nominano) oppure è un controllo che solo chi produce - i lavoratori del settore alimentare - può effettuare? La rottura con un modo di concepire il ruolo strategico della sinistra, sia pure riformista, è chiarissima: "governare la globalizzazione? E' come voler governare il capitalismo. Non è possibile". Se non, keynesianamente, recuperando ruolo e funzione degli stati come garanti di regole e politiche che tengono conto del corpo sociale nel suo complesso, non solo delle imprese.
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