economie senza certezze



da repubblica

DOMENICA, 30 DICEMBRE 2001 Stampa questo articolo 
  
Economia senza certezze le Borse non si illudono  
  
  
  
Analisti divisi, mercati insicuri, ripresa indefinita: l'unica sicurezza è
che il futuro è ormai una scommessa  
  
 

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Sapere come andranno le Borse l'anno prossimo non è (apparentemente)
difficile. Ci ha pensato uno dei più autorevoli settimanali economici del
mondo, e cioè BusinessWeek. Come fa a ogni stagione, ha interpellato i più
famosi analisi e guru d'America, e poi ha stilato la sua brava tabella. E
quindi sappiamo che il pronostico vincente è questo: Dow Jones a quota
11090, a fine anno, Standard and Poor's 1292, Nasdaq 2236. In base alle
ultime quotazioni, questo significa che da qui alla fine del 2002 il Dow
Jones salirà del 13 per cento, lo Standard & Poor's del 15 per cento e il
Nasdaq del 14,5 per cento. E' poco, è tanto?
Rispetto a come sono andate le cose nel 2001 (con perdite che vanno dal 20
al 30 per cento) c'è quasi da fare i salti dalla gioia. Poiché siamo in una
stagione di bassa inflazione, se questi pronostici dovessero avverarsi,
Wall Street dispenserebbe guadagni medi superiori al 1012 per cento.
Infinitamente meglio di come sono andate le cose l'anno scorso.
Ma, si chiederà il lettore, quanto sono attendibili queste previsioni?
Probabilmente la loro attendibilità è uguale a zero. Basti dire che le
previsioni di un anno fa indicavano per il Dow Jones una crescita dell'11
per cento e per il Nasdaq addirittura del 42 per cento. Poi, è arrivata la
recessione (che nessuno aveva previsto), e tutto è crollato.
E allora che cosa ce ne facciamo di queste previsioni? Intanto, prendiamo
atto del fatto che, a differenza di quelle degli anni passati, sono molto
prudenti, caute. Dopo le botte prese nel 2000 e nel 2001 nessun guru ha più
voglia di lanciarsi in avanti con pronostici troppo ottimistici. E poi
possiamo cercare di capire che cosa c'è dietro questa prudenza.
E scopriremo che c'è una sola cosa: l'incertezza. Il 2002 è infatti un anno
quasi indecifrabile per quanto riguarda le Borse. Si sa infatti che dovrà
arrivare la ripresa. Ma non si sa quando. E già questo fa una bella
differenza. Inoltre non si sa quanto sarà forte. C'è chi dice che partirà
robustissima già nel primo trimestre del 2002, ma c'è anche chi dice che
bisognerà aspettare l'autunno prossimo e che sarà un riavvio molto lento e
faticoso. E nessuno, forse nemmeno Greenspan, ha elementi per decidere fra
una e l'altra possibilità.
Ma non basta. In realtà, la data e la forza della ripresa sono fattori
quasi secondari. Ai fini della Borsa (e delle sue eventuali performance)
quello che conta è la ripresa degli utili. La tesi prevalente fra gli
osservatori e i guru, oggi, è che la ripresa degli utili sarà comunque
molto lenta. In parte perché il crollo del 2001 è stato veramente forte e
in parte perché certi settori (soprattutto l'hitech) sono ancora oggi molto
intasati e ci vorrà tempo perché tornino gli acquisti e quindi gli utili di
una volta (se mai torneranno).
Insomma, lo scenario dentro al quale ci si muove è più complesso di quello
a cui si pensa. Non siamo in presenza di uno scenario: ripresa economia
americana = ripresa degli utili aziendali = ripresa delle quotazioni a Wall
Street. Nel 2002, molto probabilmente, l'economia, alla fine, andrà più
forte di come non andranno gli utili delle aziende. Esiste una stima,
secondo la quale nel corso del 2002 gli utili delle imprese americane
cresceranno del 13 per cento. Ma all'uscita di precedenti crisi economiche,
1975 e 1983, la ripresa degli utili era stata pari al 23 per cento, quasi
il doppio di quella attesa per l'anno in arrivo.
La verità, che comincia a farsi strada nella testa di molti analisti, è che
nel 2000 l'economia americana ha vissuto una stagione assolutamente
straordinaria, con profitti altrettanto straordinari. Nel 2001, invece,
tutto è andato storto, e gli utili sono crollati. E adesso c'è l'idea che
gli utili del 200 non torneranno mai più. Se non fra quattrocinque anni.
Ma se non tornano quegli utili, allora non torneranno nemmeno i prezzi del
2000. Da qui la prudenza.
Ma ci sono anche analisti che sono ancora più precisi e che manifestano una
paura reale. I prezzi di oggi, dicono, sono già troppo alti. E quando
usciranno i dati sui primi risultati del 2002, si vedrà che non
giustificano le quotazioni alle quali sono arrivati i titoli. E quindi
esiste la possibilità concreta che ci sia una sorta di smottamento dei
listini nella prima parte dell'anno, se non addirittura già a gennaio.
Dopo, nella seconda parte, le cose potranno migliorare insieme al
miglioramento generale dell'economia. Ma, prima, c'è il rischio di andare
controvento e di rovesciarsi.
A tutte queste incertezze, va aggiunto che il mondo, oltre a essere
attualmente in recessione quasi globale, non vive un momento rassicurante.
C'è il fallimento dell'economia argentina. Ci sono le tensioni in
Medioriente e nell'area PakistanIndia. Senza contare la questione del
terrorismo e della determinazione americana a combatterlo. Insomma, nei
cieli del pianeta si aggirano potenziali bufere economiche, politiche e
militari di un certo peso.
E, sotto, a terra, ci sono le maggiori economie che stanno tentando di
risollevarsi, con fatica, da una recessione che ha colpito quasi tutti. Lo
scenario vero è questo.
E quindi è corretto essere prudenti con le previsioni di Borsa. Anzi, è
bene aggiungere che il 2002 per i listini di tutto il mondo sarà
soprattutto una grande scommessa. Le felici e tranquille sicurezze della
stagione 19992000 (quando il Nasdaq era raddoppiato nel giro di sei mesi)
sono ormai alle nostre spalle, appartengono a un mondo infranto,
irripetibile. Davanti abbiamo, appunto, solo scommesse.