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l'on line ora si paga
- Subject: l'on line ora si paga
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 12 Dec 2001 06:37:54 +0100
dal manifesto 09 Dicembre 2001 L'on line ora si paga FRANCO CARLINI Dal 15 novembre c'è un cambiamento vistoso nel sito web del quotidiano La Repubblica: le notizie online restano quello che erano, ma la lettura del giornale cartaceo offre una modalità diversa (e migliore) che però, a regime, sarà a pagamento. Per ora basta registrarsi in prova, ma poi occorrerà versare una certa somma, via carta di credito, per leggere dal web l'edizione nazionale e i quotidiani locali; in più i visitatori paganti potranno accedere all'archivio storico del quotidiano degli ultimi 17 anni, ovvero dal 1984. L'annuncio ha suscitato preoccupazioni e persino proteste del tipo "ecco, è la fine dell'Internet libera e gratuita". Le proteste ovviamente non hanno senso, perché fare informazione in maniera professionale costa (molto) e ogni editore deve decidere come coprire i costi e, se possibile, guadagnarci pure. Oltre tutto potrebbe esserci persino un valore promozionale-educativo nell'offerta a pagamento: in una rete dove di informazione ne circola tanta, ma spesso inattendibile (o copiata e riciclata senza scrupoli), farsi pagare è un modo indiretto di segnalare che c'è un valore. Anche il manifesto, per esempio, essendo pressoché unico nel panorama della stampa italiana, ha da tempo un prezzo in edicola superiore agli altri quotidiani, come se fosse un servizio Premium. Insomma, non è questo il tema, né ci sarà da fare petizioni all'ingegner De Benedetti perché continui a regalare La Repubblica via Internet. Le questioni che il caso solleva sono semmai altre: intanto se un modello come quello che il quotidiano romano va proponendo avrà successo oppure no. Il secondo riguarda lo stato generale dell'informazione giornalistica in rete, che offre molte ombre, ma anche delle luci interessanti da guardare. Dunque La Repubblica, anzi l'intero portale del gruppo, mostra segni di affaticamento finanziario. Kataweb fu la prima e più coraggiosa iniziativa internet di un gruppo editoriale italiano ma oggi è un peso sull'editoriale l'Espresso dato che le sue perdite influivano ufficialmente, nell'ultimo bilancio, per la sgradevole cifra di 20 miliardi di lire. Avendo perso il momento buono per l'andata in borsa, l'iniziativa mostra crepe vistose, anche perché nel frattempo gli (eccessivi) entusiasmi iniziali delle aziende verso la New Economy si sono trasformati in una (eccessiva) paura e disgusto: il risultato è che la pubblicità, unico canale finanziario con cui Kataweb si alimentava, è risultata largamente inferiore ai bisogni. E' una situazione pesante che anche altre star del Web, come l'americana Yahoo! vanno sperimentato e in tutti questi casi la risposta è stata giocata su due tastiere: riduzione delle spese (di solito di personale) e affannosa ricerca di nuovi introiti, sia facendo pagare certi servizi che in precedenza erano gratuiti, sia inventando nuove iniziative e formule per "dare valore" e incassare moneta. Sul fronte pubblicitario poi, cresce l'aggressività e l'invadenza: i banner si fanno sempre più grandi e animati e riemergono le terribili pubblicità interstiziali: uno clicca su Repubblica.it per leggere il testo di una notizia, ma prima di arrivarci viene interrotto da una pagina pubblicitaria infilata nell'interstizio tra le due, appunto. E' un po' l'analogo degli spot televisivi che interrompono un film, con la differenza che gli spot possono essere saltati con il telecomando, ma questi interstizi pieni di inserzioni no. Dall'autunno ha cominciato a farlo anche la leggendaria rivista californiana solo Salon Magazine: i banner possono essere evitati pagando 30 dollari all'anno. I servizi a pagamento di Kataweb sono sette, variando dalle news personalizzate alla finanza, dallo sport agli Sms. Chi li acquisti tutti spenderà 45 mila lire al mese, mentre la sola lettura del quotidiano vale 20 mila lire. In pratica ogni copia costa quasi 700 lire, contro le 1500 di quella di carta. In una intervista recente (www.www.html.it/focus/125.htm) Vittorio Zambardino, direttore generale di Kataweb, dice che sarebbe contento se nella fase di lancio venissero raccolti dai 3 ai 6mila abbonamenti, che - nell'ipotesi maggiore - farebbero un incasso di 120 milioni al mese, una cifra francamente modesta ma probabilmenteb realistica. Va ricordato che un solo quotidiano al mondo, il Wall Street Journal è riuscito a vendersi online: oggi ha circa 600 mila abbonati che pagano ognuno 60 dollari all'anno. Questo successo è stato possibile grazie a tre fattori: a) si tratta di una testata internazionale notissima e assolutamente indispensabile per larghe schiere di professionisti dell'economia. b) il mercato cui si rivolge è mondiale, grazie alla lingua inglese. c) con l'abbonamento si compra non solo il giornale, ma l'accesso a un archivio economico e finanziario enorme, ricco di tutti i possibili servizi: quanto valevano il 7 dicembre le azioni dei divani Natuzzi? Istantanea la risposta (13,37 dollari), con il corredo di tutte le informazioni possibili sul gruppo italiano e il suo andamento. Un altro caso è quello del New York Times che è a lettura gratuita, ma che tuttavia è riuscito a chiudere l'ultimo trimestre in utile: 14,4 milioni di dollari di fatturato che si traducono in un utile prima delle tasse di 2,7 milioni di dollari. Ci lavorano 290 persone, che sono una quantità enorme per gli standard italiani dove la testata online più attrezzata, Il Nuovo del gruppo e.Biscom, ha una trentina di giornalisti (ma tutti gli altri editori molti di meno). Il NY Times ha rinunciato a produrre molti contenuti originali per la rete, ma si è attrezzato per riconfezionare al meglio i materiali testuali, grafici e sonori che già possiede all'interno del gruppo (una scelta che La Repubblica, per motivi ignoti non ha mai compiuto e che caratterizza invece sia il Corriere della Sera che La Stampa. Ma soprattutto il quotidiano di New York ha spinto con decisione sulla pubblicità, per primo inaugurando nuovi formati e promuovendola aggressivamente; questa è un'attività che le concessionarie di italiane non sanno fare, né la sonnolenta Sipra né quelle che dovrebbero essere ben più dinamiche magari perché berlusconiane. Insomma, non è detto affatto che l'Internet gratuita sia destinata a scomparire: semplicemente occorre mettere a punto ( e sperimentare volta per volta, le soluzioni più adeguate e flessibili). Sembra questa la filosofia di lungo momento della Tiscali di Renato Soru, oltre a tutto unico a correre su una dimensione continentale. Quelli che si trovano in maggiore difficoltà sono i grandi portali nati sull'onda della NEI (New Economy Ingenua): ha chiuso (vendendo a Rusconi) CiaoWeb del gruppo Agnelli, dimezza i suoi organici il famoso Virgilio (convocando i singoli dipendenti e proponendo loro esodi malamente agevolati), si restringono violentemente i bilanci del portale Rainet, nato da meno di un anno. Nel gruppo tedesco Bertelsman è saltata la poltrona di Andreas Schmidt, responsabile dell'online. Eccetera. In tutti questi casi il gigantismo degli investimenti - tipico della Old Economy - si è rivelato un drammatico errore: per esempio, credendo di semplificarsi la vita e comunque mal consigliati da consulenti a 3 milioni al giorno, molti hanno scelto dei software editoriali pesanti come l'americano Vignette, salvo scoprire, alla prova dei fatti che era rigidissimo (ogni modifica dell'impaginazione richiede l'intervento dei programmatori e comunque i gradi di libertà sono ridotti) e che i costi di manutenzione erano altissimi. Ben più saggia la Bbc online che ha continuato a produrre le sue pagine in linguaggio Html, solo in seguito standardizzandole, quando era sicura del risultato. In ogni caso creandosi competenze editoriali interne, anche nei giornalisti. Non per caso il sito della Bbc (http://news.bbc.co.uk) resta di tutti il migliore e ancora di recente è stato premiato da una giuria internazionale perché "ha fatto uno straordinario lavoro nell'immaginare il prodotto-notizia, integrando le loro attività televisive e online in una copertura efficace in entrambi i media. I giornalisti operano in media multipli, le storie sono scritte in forma assolutamente leggibile con l'aiuto di guide cliccabili, offrendo un punto di vista di grande valore e senza pari".
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