verso un mondo piu' povero



da liberazione di mercoledi 21 novembre 2001

      

Pubblicato il rapporto Ocse sull’economia mondiale. Oggi è la volta dell’Fmi
Verso un mondo più povero
Gli effetti della guerra si riverberano sulle condizioni dello sviluppo

L’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico tra i
paesi più industrializzati, il Fondo monetario internazionale (Fmi), la
Confindustria e il governo italiano non riescono proprio a mettersi
d’accordo. Le previsioni di ciascuno di loro producono di volta in volta
numeri che “ballano” e assieme ai numeri, ad esempio sulla crescita del
prodotto interno lordo, per ogni punto di differenza percentuale ballano
anche dai 20 ai 25mila miliardi di lire. Quasi un’intera manovra finanziaria. 
Economia mondiale in apnea Ieri è stata la volta delle previsioni
pubblicate sul World Economic Outlook, il rapporto semestrale dell’Ocse che
pone particolare attenzione sulla situazione economica dei paesi membri
(Unione Europea, Stati Uniti, Canada, Giappone e Australia) che inglobano,
grosso modo, il 70% dell’intera ricchezza mondiale. Secondo gli economisti
e i superesperti della potente organizzazione, il cui capo è l’italiano
Ignazio Visco (nessuna relazione con l’omonimo ex ministro dell’economia
Vincenzo), la crescita del Pil in Italia alla fine dell’anno dovrebbe
attestarsi all’1,8% con un rapporto deficit-Pil che non riuscirà a scendere
sotto l’1, 4%. Dati confermati nella sostanza anche dall’Fmi che oggi
presenterà a Washington le sue stime, con qualche aggiustamento, ma diversi
da quelli di Confindustria che prevede una crescita del Pil italiano
all’1,9 e un deficit all’1,5, e ancor più divaricati rispetto all’ultimo
aggiornamento del Documento di programmazione economica e finanziaria
(Dpef), operato in ottobre da Giulio Tremonti, che sostiene di poter
raggiungere una crescita del 2% in un rapporto con il debito pubblico
contenuto all’1, 1%. Non sono cifre di poco conto, considerato che siamo
quasi a fine anno e che su quelle due esigue cifre si “giocano” da un lato
le ipotesi sul gettito fiscale e conseguenti tagli dal lato del prelievo,
dall’altro il rispetto dei parametri fissati dall’Unione Europea con il
patto di stabilità, su cui tanto si sono scatenate le intemperanze verbali
del ministro Tremonti ai tempi della presentazione “televisiva” sulla
manovra del governo Berlusconi e sul presunto “buco” nei conti del
centrosinistra. 
Crescita zero virgola nove Peggio ancora, se si vanno a spulciare i dati
del 2002, quando il tasso di incremento del Pil rallenterà all’1,2 e il
rapporto con il deficit all’1,1 - secondo l’Ocse - e all’1,4 e 0,9
rispettivamente - secondo l’Fmi -, mentre le previsioni di Confindustria
parlano di un 1,9 per il Pil e di un 1% per il deficit e il Ministero
dell’economia “giura” che l’Italia arriverà a una crescita del 2,3% e a un
pareggio sostanziale del debito, che dovrebbe arrivare, secondo Tremonti,
all’agognato 0, 5% promesso a Bruxelles. Come si può vedere, la differenza
tra il 2,3 di Tremonti e l’1,2 di Ignazio Visco sposta in termini di
ricchezza nazionale prodotta qualcosa come 25-30mila miliardi di lire. Che
non sono esattamente, come diceva Totò, quisquilie e pinzillacchere. Per
non parlare delle previsioni sull’andamento dei prezzi al consumo. Mentre
il governo di centrodestra “ferma” il tasso di inflazione programmata
all’1, 9, l’Fmi colloca l’Italia al 2, 7% e l’Ocse al 2,8, a ben tre
decimali sulla media del 2,5 dei Dodici dell’eurozona e dei Quindici della
Ue, contro una previsione del 2,1 per gli Usa e addirittura di una
deflazione del -1, 6% per il Giappone. 
Disoccupati di tutto il mondo Ma il dato veramente sconvolgente riguarda il
mercato del lavoro. Per l’Italia infatti l’Ocse prevede un tasso di
disoccupazione del 10%, che dovrebbe arrivare al 10,2 il prossimo anno,
contro l’8,5 per il 2001 in Eurolandia e il 7,8 nell’Unione, e contro una
disoccupazione attestata attorno al 4, 8 negli Usa e al 5% (esattamente la
metà) in Giappone. Come se non bastasse, ieri all’università californiana
di Berkeley il presidente della Fed di S. Francisco, Robert Parry, ha
ribadito il pessimismo delle autorità monetarie americane, secondo le
quali: la disoccupazione è destinata ad aumentare ancora, il quarto
trimestre del 2001 sarà peggio del terzo, il rallentamento dell’economia
continuerà anche nella prima metà del 2002, con segnali di ripresa nella
seconda metà del prossimo anno e nel 2003. «Se l’attuale clima di
insicurezza sparisse e se la guerra in Afghanistan si concludesse
rapidamente in modo positivo la crescita potrebbe ripartire» ha detto il
capo degli economisti Ocse Ignazio Visco. Ma nessuno lo sta a sentire. 

Gemma Contin