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cosa sono le case passive



da forumenergia.net

mercoledi 31 marzo 2004

  LE CASE PASSIVE

Wolfgang Feist è ospite a casa mia per qualche giorno. Nel paesino in cui
abito sono iscritto a un'associazione culturale che lo ha invitato a fare la
relazione introduttiva a un convegno sull'efficienza energetica degli
edifici. Arriva da Darmstad, una piccola città tedesca vicina a Francoforte,
dove dirige il Passivhaus Institut, un istituto che fornisce la
certificazione di qualità agli edifici costruiti in modo da non aver bisogno
dell'impianto di riscaldamento e ai materiali di costruzione che lo
consentono. Ha 48 anni, una laurea in fisica, l'aria mite e l'espressione
attenta. La sua competenza tecnica è sostanziata da motivazioni etiche.
Anche se crede profondamente in ciò che fa e di cose da dire, tutte basate
su esperienze concrete, ne ha parecchie, non c'è nessuna ansia didattica nel
suo modo di rapportarsi con gli altri. Non parla per persuadere, ma per
descrivere. Prima di parlare ascolta con attenzione e risponde in modi
pacati senza dire una parola più del necessario.
«Wolfgang, quanta energia si consuma per riscaldare gli edifici che voi
certificate come case passive?»
«Nulla o quasi nulla. Il loro fabbisogno di energia termica non deve
superare i 15 chilowattora al metro quadrato di superficie calpestabile all'
anno, ma deve essere soddisfatto senza l'apporto di un impianto di
riscaldamento. Devono bastare i contributi dell'irraggiamento solare, del
metabolismo delle persone che li abitano (circa 80 watt ciascuna), delle
dispersioni termiche degli elettrodomestici e delle lampadine, del calore
prodotto per cucinare. Nelle condizioni climatiche più rigide si può
utilizzare un sistema centralizzato di ricambi d'aria con scambiatore di
calore, che richiede consumi di energia elettrica così modesti da poter
essere soddisfatti con fonti rinnovabili».
«Prima di continuare la conversazione vorrei fare una premessa. Una delle
missioni che mi sono scelto in quanto ambientalista, è scoperchiare i bidoni
"verdi", che creano false aspettative di soluzioni miracolistiche e paradisi
in terra dove tutto è abbondante, non costa nulla e non inquina. Invece
inquinano più i venditori di fumo che il fumo delle ciminiere. Per cui giura
di dire la verità e nient'altro che la verità».
«Lo posso anche giurare, ma a che servirebbe? A testimoniarlo ci sono oltre
3.000 «case senza riscaldamento dove nessuno ha freddo», come ha scritto una
rivista tedesca. La prima è stata costruita a Darmstad nel 1990, è composta
di quattro unità abitative dove vivono altrettante famiglie che non hanno
mai speso un euro per riscaldarsi. Oltre che in Germania, ce ne sono anche
nei paesi scandinavi, in Austria, Svizzera e Francia. In Italia solo nella
provincia di Bolzano».
«Neanche una in area mediterranea. Tutte nell'Europa centro-settentrionale,
dove le temperature sono molto rigide».
«Alcune sono state costruite in zone climatiche dove d'inverno la
temperatura notturna scende regolarmente a 20 gradi sotto zero».
«Mi sembra incredibile. Spiegami come si fa».
«Bisogna ridurre al minimo gli scambi termici tra l'interno e l'esterno dell
'edificio. D'inverno non deve entrare il freddo e non deve uscire il caldo.
D'estate non deve entrare il caldo e non deve uscire il fresco. Per
raggiungere questi obbiettivi si deve intervenire a tre livelli. Realizzando
una accuratissima coibentazione dei muri perimetrali, del sottotetto e del
pavimento del piano terreno. Installando finestre con telai coibentati e
vetricamera termoisolanti, doppi o tripli in relazione alle caratteristiche
climatiche della zona. Utilizzando, dove è necessario, sistemi di
ventilazione meccanica con scambiatori di calore per i ricambi d'aria. Al
fine di ottenere i massimi risultati col minimo costo d'investimento, sono
stati studiati programmi di calcolo che consentono di valutare in fase di
progettazione quale sia il mix ottimale degli interventi da realizzare a
questi tre livelli in relazione alle caratteristiche dell'edificio, alla sua
destinazione d'uso, ai dati climatici del luogo in cui verrà costruito. Un
valido programma deve consentire di calcolare mese per mese il bilancio tra
le perdite di calore per trasmissione e aerazione e i guadagni di calore
forniti dall'irraggiamento solare; le perdite di calore causate da ponti
termici e ombreggiature; il bilancio energetico dell'impianto di
ventilazione; i guadagni di calore interni.
La coibentazione dell'involucro esterno dell'edificio si ottiene realizzando
intercapedini di uno spessore variabile tra i 20 e i 60 centimetri riempite
di materiali isolanti. Lo spessore delle intercapedini incide in maniera
rilevante sugli extra-costi di costruzione rispetto a un edificio normale,
non solo per il prezzo degli isolanti termici con cui si riempiono, ma anche
perché accresce la superficie edificata. Naturalmente deve essere tanto
maggiore quanto più basse sono le temperature minime della zona, ma sarà
tanto minore quanto più efficaci sono i coibenti utilizzati, ovverosia
quanto più basso è il valore della loro conduttanza termica ?. Questo valore
si misura in Watt al metro per grado di temperatura (W/mK, dove K indica i
gradi Kelvin) ed è molto basso nelle fibre e nelle schiume minerali, nelle
schiume di vetro e nel polistirolo. Una soluzione valida anche
ecologicamente è la cellulosa in fiocchi, ricavata da carta di giornale
sminuzzata opportunamente in modo da farle assumere la consistenza del
cotone e trattata con sali di boro antimuffa e ignifughi. Con una efficiente
coibentazione si realizza un involucro ermetico di cui si può misurare la
tenuta d'aria con appositi strumenti.
Per ridurre al minimo le dispersioni termiche attraverso le finestre si
utilizzano telai coibentati e vetri doppi o tripli, facendo molta attenzione
ai ponti termici che si possono creare sulla cornice tra il telaio e il
vetro. I vetricamera devono essere di tipo evoluto, con caratteristiche che
consentono di ottenere un isolamento maggiore del 50/60 per cento rispetto
ai vetricamera semplici. Il risparmio energetico che ne consegue va da 9 a
14 litri di gasolio, o metri cubi di metano all'anno per metro quadrato di
superficie vetrata. Il mercato tedesco ormai offre una vasta gamma di
finestre per case passive che noi abbiamo certificato come componenti di
qualità.
Il terzo aspetto su cui occorre intervenire sono i ricambi d'aria, perché
ogni volta che si aprono le finestre, quella che entra nelle stanze è fredda
d'inverno e calda d'estate. Per evitare le perdite energetiche che ne
conseguono, l'aria esterna viene introdotta in casa attraverso un impianto
di distribuzione e trattamento dove viene riscaldata dal calore dell'aria
viziata estratta dall'interno e portata all'esterno. Il rendimento dello
scambio termico è del 75 per cento, per cui quando l'aria proveniente dall'
esterno si diffonde nelle stanze è già quasi alla temperatura ambiente. I
ricambi forzati evitano anche i ristagni di umidità perché il vapore acqueo
fuoriesce con l'aria viziata. L'impianto è in grado di operare ricambi
differenziati stanza per stanza, più frequenti nelle cucine e nei bagni,
dove l'umidità è maggiore, meno frequenti nelle altre camere. Per potenziare
il contributo dello scambiatore di calore al condizionamento termico degli
ambienti, il condotto che preleva l'aria dall'esterno può essere fatto
passare sotto terra a una profondità di circa 1 metro e mezzo, dove la
temperatura è costante e si aggira intorno ai 15 gradi: ben più calda dell'
aria esterna d'inverno e ben più fresca d'estate. Questa soluzione comporta
però maggiori costi d'investimento, per cui viene adottata solo nelle
situazioni in cui è necessaria. Risultati ancora più efficaci in termini di
riscaldamento invernale e raffrescamento estivo si possono ottenere
collegando al tubo sotterraneo una pompa di calore.
La somma dei risultati che si possono ottenere intervenendo a questi tre
livelli consente di realizzare edifici con dispersioni termiche talmente
basse da poter essere riscaldati con meno di 15 chilowattora al metro
quadrato all'anno. Ma per ricevere lo standard di casa passiva non basta:
questi chilowattora non devono essere ricavati da un impianto di
riscaldamento. Oltre agli apporti interni dati dal metabolismo delle persone
e al calore di scarto dei motori degli elettrodomestici e delle lampade,
occorre pertanto sfruttare bene gli apporti gratuiti esterni dell'
irraggiamento solare. A tal fine le finestre devono essere distribuite in
modo da catturarne il più possibile d'inverno, evitando al contempo i rischi
di surriscaldamenti estivi per non aver bisogno di condizionatori. Sul lato
nord le superfici vetrate servono soltanto a garantire una luminosità
sufficiente ed è bene che non superino il 10 per cento della facciata. Nel
lato sud non possono essere inferiori al 40 per cento della facciata,
altrimenti non basterebbero a captare la quantità necessaria di
irraggiamento solare, ma è meglio che non siano superiori al 60 per cento,
perché gli apporti ulteriori d'inverno non potrebbero essere utilizzati
mentre d'estate porrebbero i problemi di surriscaldamento a cui ho fatto
cenno. Sui lati ovest ed est la dimensione ottimale delle finestre può
variare tra il 15 e il 30 per cento delle facciate, tenendo presente che i
rischi di surriscaldamento estivo sono maggiori sul lato ovest».
«Quello che dici è molto interessante. Però permettimi di essere un po'
dissacrante anche con te. Con questo standard delle case passive non avete
mica inventato nulla. Avete riscoperto le metodologie costruttive che si
utilizzavano in passato, quando la disponibilità di energia per scaldare le
case era poca e si doveva fare molta attenzione a non sprecarla. Poi è
arrivata l'età delle fonti fossili e dell'abbondanza a basso prezzo che ha
cancellato di colpo tutto un sapere e un saper fare nutrito da secoli di
esperienza. La parsimonia e la sobrietà nella gestione delle risorse è stata
considerata come sinonimo di miseria e taccagneria. Per progredire bisognava
cambiare tutto. Le tradizioni sono state considerate fardelli che
rallentavano il cammino della modernità. Voi invece riproponete un modello
culturale antico rinnovato dalle più avanzate conoscenze scientifiche e
tecnologiche».
«I tubi sotterranei in cui far passare l'aria per rinfrescare gli ambienti
sono stati inventati dagli Assiro-Babilonesi, che li facevano anche
attraversare vasche d'acqua fredda scavate sotto gli edifici. Sistemi
analoghi venivano utilizzati dagli antichi romani. Lunghi camini di
raffreddamento, che incanalano l'aria calda sottraendola per differenza di
pressione agli ambienti da rinfrescare venivano utilizzati dagli arabi e
sono ancora visibili nei castelli normanni in Sicilia. Intercapedini
riempite di fibre vegetali per coibentare pareti e sottotetti; magazzini di
calore realizzati con intercapedini riempite di cocci di laterizi sulle
pareti dei camini; captazione dell'irraggiamento solare attraverso la
distribuzione e l'ampiezza differenziata delle finestre e un opportuno
orientamento delle case; utilizzo della morfologia dei suoli come barriera
ai venti freddi del nord; sfruttamento del metabolismo animale: sistemi di
questo genere sono sempre stati utilizzati dall'umanità per climatizzare le
case prima che l'abbondanza delle fonti fossili li facesse apparire metodi
primitivi e poco efficaci. Noi ci proponiamo invece di rivalutare questi
metodi implementandoli con le più avanzate conoscenze tecnico-scientifiche e
i più sofisticati sistemi di calcolo per ottenere risultati sempre più
efficaci. La possibilità di costruire case senza impianto di riscaldamento
anche nelle più avverse condizioni atmosferiche l'abbiamo ormai dimostrata.
E le difficoltà crescenti poste dalle fonti fossili, sia in termini di
esaurimento delle risorse, sia in termini di inquinamento ambientale, sia in
termini di approvvigionamento, stanno facendo crescere l'interesse nei
confronti dei prodotti che noi certifichiamo, tant'è che in Germania il
settore delle case passive è l'unico in forte espansione nel mercato delle
costruzioni, ormai in crisi da anni. Ma le motivazioni che ci spingono ad
approfondire la ricerca e a migliorare la qualità non sono soltanto
economiche. Sono anche e soprattutto ecologiche. I nuovi obbiettivi che ora
ci proponiamo di raggiungere sono due. In primo luogo vogliamo ridurre gli
extra-costi delle case passive, che in una decina d'anni sono già scesi fino
a diventare appena il 10 per cento in più delle costruzioni normali. In
secondo luogo vogliamo fare un salto di qualità, passando da edifici che non
consumano energia per il riscaldamento a edifici che producono l'energia
elettrica di cui hanno bisogno e l'energia termica per gli usi sanitari in
modi efficienti e puliti».
«Insomma, dalle case passive alle case attive».
«Sì, perché siamo convinti che la transizione dalle fonti fossili alle fonti
rinnovabili non potrà avvenire se non insieme alla transizione dalla
produzione centralizzata in grandi impianti alla produzione diffusa in
piccoli e medi impianti finalizzati all'autoconsumo ma collegati alla rete,
in modo da riversarvi i chilowattora eccedenti quando ne generano più di
quelli che consumano e da attingervi quelli di cui hanno bisogno quando ne
consumano più di quelli che producono».

Tratto dal libro di prossima pubblicazione: Maurizio Pallante, Un futuro
senza luce?, Editori Riuniti, Roma, marzo 2004