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state of the world 2002
da boiler.it
State of the World 2002
Il nuovo rapporto sullo stato dell’ambiente mondiale del Worldwatch
Institute, il prestigioso think tank americano, è dedicato a un bilancio a
dieci anni dall’Earth Summit di Rio e a pochi mesi dal prossimo
appuntamento di Johannesburg. A fine agosto, infatti, i leader del mondo
torneranno al capezzale del pianeta per valutarne le condizioni e studiare
le soluzioni. Servirà a qualcosa? Intanto, Boiler anticipa le riflessioni
degli esperti americani, introdotti dalla prestigiosa firma del segretario
delle Nazioni Unite.
La sfida di Johannesburg
estratto dal I capitolo di Gary Gardner in:
State of the World 2002 – Rapporto annuale del Worldwatch Institute
(a cura di Christopher Flavin, Hilary French e Gary Gardner)
Edizioni Ambiente 2002
21,50 euro – 325 pagine
NEI GIORNI DI ANGOSCIA seguiti all’attacco terroristico al World Trade
Center e al Pentagono, i leader mondiali hanno parlato di una comunità
globale improvvisamente e irreparabilmente cambiata. Come si legge nelle
parole che il Presidente George W. Bush ha pronunciato l’11 settembre 2001,
«la notte è scesa su un mondo diverso», soprattutto a causa di una più
ampia esperienza della vulnerabilità. «Gli americani hanno conosciuto la
guerra», ha osservato Bush, ma raramente sul proprio suolo. «Gli americani
hanno conosciuto attacchi a sorpresa, ma mai, prima d’ora, su migliaia di
civili». L’esperienza di quel mattino di settembre ha provocato uno
spostamento nelle priorità della nazione, letteralmente nel corso di una
notte.
Effetto galvanizzante
Chi vorrebbe spingere il mondo rapidamente verso la sostenibilità è rimasto
sbalordito di fronte all’effetto galvanizzante dell’attacco. Ci siamo
chiesti se siano necessarie tragedie di questa grandezza per dirigere il
mondo verso il nuovo modello di sviluppo delineato dall’Earth Summit del
1992. Se così fosse, ci sarebbe molto da ricordare. Potremmo immaginare un
primo ministro che, al Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile,
ripercorra gli eventi dell’ultimo decennio riecheggiando le parole del
Presidente Bush: «La famiglia umana ha sofferto le malattie, ma è rara
un’infezione che può uccidere un terzo degli adulti di una nazione, così
come l’Aids potrebbe arrivare a fare in Botswana nei prossimi dieci anni…
Il nostro pianeta assiste da sempre all’estinzione di specie, ma in quattro
miliardi di anni solo cinque volte è accaduto qualcosa di simile
all’attuale estinzione di massa… Le nazioni hanno lottato a lungo contro le
disuguaglianze, ma quanto spesso le ricchezze di tre soli individui sono
state pari alla somma delle economie dei 48 paesi più poveri, come è
successo nel 1997?».
Questi trend sono senza dubbio meno coinvolgenti del dramma di un attacco a
sorpresa. Ma indicano al mondo un pericolo meno visibile del terrorismo che
però, sul lungo termine, può rivelarsi ancor più grave. Questi e altri
trend – dalla perdita di foreste, zone umide e barriere coralline fino al
degrado sociale delle nazioni più avanzate – ci segnalano il subdolo
deterioramento del modello di sviluppo che si è imposto nel corso del
Ventesimo secolo. Un modello adottato tanto dalle nazioni industrializzate
quanto da quelle in via di sviluppo, che si basa sull’alta intensità di
materiali e sull’uso di combustibili fossili, sui consumi di massa e sulla
relativa produzione di rifiuti; un modello orientato prevalentemente alla
crescita economica e che trascura i bisogni delle persone. Nel 1992, la
Conferenza dell’Onu su Ambiente e Sviluppo (l’Earth Summit) decise di
sfidare questo modello, offrendo un’alternativa globale. La famiglia umana
è stata chiamata ad affrontare una nuova esperienza, quella dello sviluppo
sostenibile.
L’ambiente peggiora
A dieci anni dallo storico meeting di Rio de Janeiro, il mondo comincia a
rispondere a questo richiamo, ma solo in modo sporadico e incerto. Negli
anni Novanta, i passi verso un mondo più giusto e dotato di buona
resilienza ecologica sono stati troppo piccoli, troppo lenti e mal diretti.
L’utilizzo delle fonti energetiche eolica e solare è cresciuto
vigorosamente nel corso dell’ultimo decennio, benché il mondo tragga
tuttora il 90 per cento dell’energia ad uso commerciale dai combustibili
fossili, il cui contenuto in carbonio sta modificando sempre più il nostro
clima. Innovazioni creative nei modi di produzione e consumo delle merci
sono oggi in grado di ridurre di parecchie volte l’impiego di materie prime
e la produzione di rifiuti, benché il grosso sia ancora da fare, tuttora
confinato sui tavoli da disegno o fermo allo stadio di esperienza pilota. E
i miglioramenti nel campo della salute e dell’istruzione, pur notevoli in
molte nazioni in via di sviluppo, sono risultati discontinui mentre in
quelle ricche rischiano di perdere colpi.
Non sorprende poi che le problematiche ambientali globali – dal cambiamento
climatico all’estinzione delle specie, dalla deforestazione alla scarsità
d’acqua – siano in genere peggiorate da quando i delegati si incontrarono a
Rio. I trend sociali hanno mostrato qualche segno positivo, benché
permangano enormi differenze globali nella distribuzione della ricchezza:
un quinto della popolazione mondiale vive con meno di un dollaro al giorno,
mentre quella più ricca mostra i sintomi dell’eccesso, come l’obesità.
Inoltre un numero crescente di economie ha un vorace appetito di materie
prime. E se il riciclo di vetro, della carta e di pochi altri rifiuti
domestici è oggi una pratica comune in molti paesi, nelle nazioni
industrializzate la maggior parte dei materiali vengono utilizzati una sola
volta prima di diventare rifiuti. In sintesi, mentre negli anni Novantaè
indubbiamente aumentata la consapevolezza rispetto ai temi sociali e
ambientali più importanti per uno sviluppo sostenibile, per quanto riguarda
la maggior parte dei problemi ambientali globali questa nuova coscienza
deve ancora migliorare.
La nostra missione
In ogni caso, la crescente consapevolezza della necessità di muoversi verso
la sostenibilità è un buon punto di partenza. Mai come oggi cittadini,
imprenditori e leader politici comprendono che per “sviluppo” va inteso
molto di più della sola crescita economica: un tema chiave dell’Earth
Summit. L’Agenda 21, il programma d’azione emerso dalla conferenza,
trattava di tematiche sociali, di struttura delle economie, di
conservazione delle risorse e di problemi della società civile. Questo
ampio panorama è coerente con le linee guida dello sviluppo tracciate
dall’Undp (U. N. Development Programme): accrescere le opportunità di
condurre la vita che si desidera, e soprattutto quelle che favoriscono una
vita lunga e in buona salute, l’accesso alla formazione, uno standard di
vita dignitoso e la partecipazione alla vita delle comunità. Questo
capitolo analizza lo sviluppo negli ultimi dieci anni, seguendo i
riferimenti forniti dall’Earth Summit e dall’Undp, e valutando se e quanto
il mondo è progredito in termini di protezione dell’ambiente, salute umana,
educazione ed economia eco-compatibile.
Quando le nazioni si riuniranno per il World Summit a Johannesburg, i
delegati dovranno lavorare duro per raggiungere la stessa unità di intenti
che caratterizza la battaglia contro il terrorismo. «Abbiamo trovato la
nostra missione e il nostro momento» ha dichiarato il Presidente Bush in
risposta agli attacchi dell’11 settembre. Vogliamo immaginare una comunità
globale che con uguale risolutezza si diriga unanimemente verso la
realizzazione dell’idea di sviluppo emersa a Rio. Ciò rappresenta il
potenziale e la speranza di Johannesburg. (…)