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Emilio Riva scrive ai tarantini, vi sveliamo i restroscena della mossa (parte I)
Perché il padrone dell'ILVA Emilio Riva ha deciso di scrivere - per la
prima volta - una lettera ai cittadini di Taranto?
Perché ha deciso di inviare ben 70 mila lettere alle famiglie dei suoi
lavoratori e ai tarantini tutti con una manovra di pubbliche relazioni
senza precedenti? Per caso Riva vuole diminuire l'inquinamento per venire
incontro "alle esigenze di miglioramento della qualità della vita che i
cittadini di Taranto, giustamente, pretendono", come scrive a conclusione
della lettera?
No, la ragione della pubblica mossa a sorpresa di questo furbo imprenditore
è altra ed è nascosta.
Riva vorrebbe piazzare a Taranto l'altoforno di Genova. Ma poiché questo
sarebbe difficile da far accettare in quanto aggraverebbe il carico
inquinante (e Riva è indagato per reati ambientali) ecco che ricorre ad
un'operazione di immagine, di quelle classiche che si studiano sui manuali
di Pubbliche Relazioni. Per aumentare il carico produttivo sulla città Riva
scrive una lettera in cui non annuncia questa spinosa questione ma in cui
invece promette una graduale riduzione dell'inquinamento;
contemporaneamente chiede fondi pubblici (ovviamente per non intaccare i
suoi profitti multimiliardari) e concorda in segreto con il governo una
mossa furbissima: dammi un po' di soldi per ridurre l'inquinamento così
potrò far spazio ad un'altra fonte inquinante, oltre che di profitto.
Tarantini, non abboccate: il futuro di Taranto così non migliorerà.
Ci sarà un aumento della produzione a caldo e della massa di emissioni
correlata, compensata da qualche operazione di depurazione per
controbilanciare. Con l'operazione di facciata di oggi si pongono le
premesse per un cambiamento della composizione delle fonti inquinanti, non
del loro ammontare complessivo. Si riduce, poi si aumenta e tutto rimane
come prima.
Quanto esposto non lo inventiamo noi di PeaceLink ma è quanto i genovesi
possono leggere sul Corriere Mercantile di Genova che spiega i progetti di
Riva di spostamento dell'altoforno. Questa manovra che i genovesi leggono
con sollievo non deve rimanere nascosta ai tarantini che possono leggere
con (finto) sollievo solo le promesse di Riva.
I retroscena di questa astuta manovra sono stati svelati a PeaceLink dal
consigliere comunale di Genova Francesco Barchi che ha urgentemente
recapitato proprio oggi un plico con i dettagli di quanto a Genova sta
accadendo, sia in Tribunale sia presso il Consiglio di Stato dove si
giocano le sorti dello stabilimento di Cornigliano. A Genova un movimento
di cittadini chiede la chiusura non solo della cokeria ma dell'altoforno e
in ciò sta la ragione della mossa diplomatica di Riva che tenta di salvarsi
spostando l'altoforno su Taranto e che perciò ha bisogno di presentarsi un
po' meglio, dopo aver snobbato per mesi e mesi il sindaco e la città.
Ora Riva veste di fronte ai tarantini gli insoliti panni dell'uomo amante
dei dialogo e persino dell'ambiente. Ma tutto si spiega nel titolo del
Corriere Mercantile di Genova che avverte: "Ilva, l'altoforno verso Taranto".
Riva scrive con orgoglio nella sua lettera ai tarantini: "Cinque anni fa il
Gruppo Riva è subentrato alla gestione dell'Ilva, risollevando le sorti di
un impianto che versava in condizioni disperate". Sarà vero?
Basta informarsi meglio e scoprire che nel '94, ultimo anno in cui faceva
parte delle partecipazioni statali, il bilancio dell'Ilva registrò un utile
netto di 565 miliardi. Ma come si fa allora a credere a Riva se anche in
questo non ci dice tutta verità?
Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink