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riciclo a rischio in italia



dal sole24ore di mercoledi 4 luglio 2001
 
 Elettrodomestici - Sul territorio nazionale sono attive soltanto 19 delle
28 piattaforme di smaltimento progettate

Riciclo a rischio in Italia
Un unico impianto (a Pomezia) per televisori, Pc e hi-fi - In arrivo la
direttiva Ue
 F.V. 
MILANO - Con quali infrastrutture l’Italia si prepara alla prossima
direttiva Ue sui «rifiuti elettronici»? In ordine sparso e con un "peccato
originale" dovuto alla mancata finalizzazione dell’accordo di programma
sulle piattaforme (sia di raccolta sia di smaltimento) ipotizzato dall’ex
ministro dell’Ambiente, Edo Ronchi. Esistono una trentina di "siti
attrezzati", ma non tutti risultano capaci di svolgere l’intero ciclo dello
smaltimento; quelli che funzionano sono appena una ventina, cioè i due
terzi (per la precisione 19 su 28). La distribuzione territoriale è
lacunosa, specie nel Sud. Tentiamo di fare il punto della situazione,
scontando qualche imperfezione. Non prima di aver ricordato che le
trattative sull’accordo di programma non sono andate in porto. Quali le
conseguenze? Dicono all’Anie, l’associazione dei produttori di
elettrodomestici: «In assenza della formalizzazione degli accordi di
programma, i fondi accantonati sulla legge finanziaria 2000, e
originariamente destinati al miglioramento dell’efficienza energetica del
freddo, sono stati impiegati in altro modo». Tra i motivi del fallimento di
questa intesa c’è anche stata, in sede di trattativa, la dichiarata
impossibilità da parte dei comuni (Anci) di assumere «impegni in nome e per
conto delle municipalizzate e degli enti locali per la realizzazione delle
piazzole». Inoltre, sempre in sede ministeriale, anche i rivenditori
aderenti all’Ancra avevano escluso la possibilità di una
«responsabilizzazione diretta dei commercianti per il conferimento ai
centri di raccolta dei beni a fine vita ritirati presso l’utente». Da
tenere presente che la distribuzione specializzata conta in Italia 1.600
punti vendita ai quali bisogna aggiungere 12mila piccoli negozi. Prima di
andare avanti è forse bene spiegare le fasi di smaltimento. Si comincia con
la raccolta, lo stoccaggio, il trasporto alle piazzole di pre-trattamento
(smontaggio e separazione dei componenti). A questo punto inizia il
riciclaggio vero e proprio. Si tratta di effettuare la demolizione o la
triturazione recuperando, quando è il caso, il Cfc. Nei frigoriferi i gas
considerati responsabili dell’effetto serra sono presenti, oltre che nei
compressori, anche nelle carcasse coibentate con le schiume poliuretaniche.
Secondo la più recente indagine della Fise-Assoambiente, in Italia esistono
16 impianti privati per il trattamento specializzato degli apparecchi
domestici (frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie). Alcuni di essi trattano
anche, in tutto o in parte, televisori e computer. Il riciclaggio completo
dei "bruni" (prodotti elettronici) viene effettuato a Pomezia. Esistono poi
una dozzina di altre piattaforme di pre-trattamento frigoriferi di tipo
comunale, che sono state catalogate dalla Cispel-Federambiente. Tre di
queste (Torino, Carpi e Taranto) sono in grado di fare il trattamento
completo. Qualche sito si sta organizzando (ad esempio Livorno), mentre
tutti gli altri sono in grado di fare il "pretrattamento". In pratica si
tratta di smontare gli elettrodomestici (con l’aspirazione dei gas serra
per i compressori). Rimane però da fare la triturazione delle carcasse in
ambiente controllato e con aspiratori. Ci sono poi 16 impianti di
frantumazione associati all’Assofermet per il trattamento delle carcasse di
autoveicoli e di beni durevoli. Esistono infine altri impianti e
piattaforme di raccolta comunali o sovracomunali che però non risultano
catalogati.