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l'acqua contesa
dalla rivista del manifesto luglio 2001
Materidli per Genova
Giorgio Nebbia
L'ACQUA CONTESA
L' acqua è un `fattore limitante' dello sviluppo. Anche in presenza di
altri fattori - mano d'opera, capitale, terra, minerali, risorse naturali -
la scarsità o la
mancanza di acqua impedisce una vita domestica e urbana decente e moderna,
1'agricoltura, attività manifatturiere, turismo.
Benché apparentemente 1'acqua sia una risorsa rinnovabile, le cui riserve
sono continuamente reintegrate attraverso il grande ciclo naturale
dell'acqua, in molte zone della Terra 1'acqua è scarsa; in altre 1'acqua è
disponibile, o anche abbondante, ma la qualita' delle riserve viene
continuamente peggiorata dagli inquinamenti e la disponibilità di acqua
dolce di buona qualità si fa sempre più scarsa.
L'utilizzazione delle risorse di acqua dolce - dei fiumi e del sottosuolo -
a fini umani e' possibile soltanto attraverso un progetto di solidarietà:
occorre che molte persone lavorino insieme per sollevare acqua dai pozzi,
per trasportarla spesso a grandi distanze; regioni e Stati devono
collaborare per regolare il flusso dei fiumi ed evitare le alluvioni; e
devono accettare regole comuni per diminuire 1'inquinamento che `distrugge'
una parte dell'acqua adatta a fini umani.
L'acqua è presente sulla Terra in quantità grandissime: 1.400 milioni di
miliardi di metri cubi; peraltro le acque dolci, cioè a basso contenuto
salino, le uniche utilizzabili per la maggior parte delle forme di vita
vegetale e animale del pianeta e per le attività umane, sono presenti nel
sottosuolo in quantità di appena 11 milioni di miliardi di metri cubi e nei
fiumi e nei laghi per appena 150.000 miliardi di metri cubi. Questa acqua
dolce è reintegrata dalle piogge in quantita' ancora più piccola, appena
40.000 miliardi di metri cubi 1'anno.
L'aumento della popolazione terrestre e 1'aumento del livello di vita e
della produzione agricola e industriale, pur così diversi da luogo a luogo,
comportano crescenti prelevamenti di acqua dolce dalle falde sotterranee e
dai fiumi e laghi: quando le riserve vicine o locali non bastano, le
comunità umane hanno bisogno di `importare' acqua da zone lontane,
sottraendola ad altre comunità e ad altri usi; nello stesso tempo le
attività agricole e urbane e industriali generano crescenti quantità di
scorie e rifiuti che vengono immessi nei fiumi, nei laghi e sul suolo e che
peggiorano la qualità delle acque contenute nelle riserve da cui vengono
estratte crescenti quantità di acqua. Alcune comunità umane esercitano così
una forma di violenza nei confronti di altri esseri umani: più domanda di
acqua, peggioramento della qualità, meno acqua disponibile, più richiesta
di altra acqua, sottratta ad altri.
Oggi la conquista dell'acqua avviene in forma di conflitti e guerre
sanguinose soltanto in alcune zone del pianeta: se si va avanti di questo
passo tali conflitti saranno più diffusi e violenti di quelli che oggi
caratterizzano la conquista di altre risorse naturali essenziali come
petrolio, minerali, diamanti, cromo, tungsteno, legname, eccetera.
Un quadro della violenza associata allo sfruttamento e alla conquista
dell'acqua è offerto dal libro del francese Jacques Sironneau, giurista,
funzionario del ministero dell'Ambiente francese, intitolato: L'àcqua.
Nuovo obiettivo strategico mondiale, di recente pubblicato dal1'editore
Asterios di Trieste (tel. 040.811286, email: asterios.editoreC~xnet.it).
Come è possibile, nel mondo, ma anche in Italia, abbassare il grado di
violenza associato alla scarsità fisica dell'acqua? Prima di tutto
attraverso una crescita nelle scuole, nelle università, nei partiti
politici, nelle chiese - della cultura dell'acqua, del suo ciclo, del suo
uso. Sarebbe così possibile constatare che, mentre i cittadini dei paesi
industrializzati sprecano acqua per annaffiare i giardini, i tre quarti
della popolazione mondiale deve andare a raccogliere a grande distanza la
poca acqua disponibile, spesso contaminata, per la propria alimentazione.
In ciascun paese quanta acqua viene usata? da chi? per fare che cosa? Come
viene usata 1'acqua? Come uso io 1'acqua? Potrei usarla diversamente?
Per riconoscere quali usi sono essenziali e quali superflui si puo'
ricorrere a indicatori del valore dell'acqua, legati alla sua scarsita'. Si
pua per esempio parlare di un `costo in acqua' di un bene o di un servizio
espresso in termini fisici, `naturali', come litri di acqua necessaria per
fare una doccia, per produrre una tonnellata di grano o di patate o per
allevare un maiale, per fabbricare un kilogrammo di zucchero o di acciaio.
`Varrà', così, di più una merce o un servizio che hanno richiesto `meno'
acqua per unita' di utilita' umana prodotta, indipendentemente dal prezzo
monetarío che non fornisce alcuna informazione sulla scarsità, sulla
violenza, sugli effettî sulle generàzioni future.
Un'altra forma di violenza è rappresentata dagli inquinamenti provenienti
dalle attività di produzione delle merci e di uso delle merci; essi
rappresentano una vera e propria forma di distruzione dell'acqua; piccole
quantità di agenti altamente tossici (per esempio i metalli velenosi o i
pesticidi) dispersi nei fiumi o nel suolo e da qui nelle falde idriche
sotterranee, possono contaminare, e quindi rendere inutilizzabili a fini
umani, grandissime riserve di acqua.
Anche in questo caso la lotta alla violenza degli inquinamenti richiede,
prima che soldi o depuratori, la consapevolezza culturale che 1'acqua usata
non scompare e continua nel suo ciclo, addizionata con i residui di cibo,
dei processi produttivi, degli escrementi: dove va a finire 1'acqua
contaminata? Quali persone o popoli saranno danneggiati dalle scorie che un
paese ha immesso, più o meno lontano, nell'acqua dei loro fiumi o dei loro
laghi?
Il moto delle acque nel loro ciclo di piogge e nevi e di ritorno nel mare
si svolge nel grande scenario, disegnato dalla natura, di valli e fiumi: il
fiume è al centro di tale ciclo, momento di unione e solidarietà dei popoli
vicini ma divenuto, purtroppo, nei secoli, territorio di conflitto e di
divisione. II fiume è il punto più facilmente difendibile militarmente
contro 1'invasione di popoli vicini, il punto in cui e' più facile
riscuotere le tasse, e quindi in moltissimi paesi il fiume è stato, ed è
rimasto ancora oggi, il confine fra paesi e popoli.
Le valli e i fiumi sono stati spezzati in due o più parti dai confini
politici e ciascun paese crede di `possedere' un pezzo di fiume o una riva
di un fiume, e di poterne fare quello che crede, dal prelievo dell'acqua, o
della sabbia, alla costruzione di sbarramenti e laghi artificiali, all'uso
come ricettacolo dei rifiuti. Tutte le guerre del1'acqua, descritte nel
libro di Sironneau, hanno al centro un fiume, quello che invece dovrebbe
unire i popoli che abitano lo stesso bacino idrografico, il complesso di
valli, fiumi, affluenti e laghi che confluiscono poi alla fine nel mare,
1'unica vera `unità' politica e amministrativa per una corretta gestione
delle acque. Se fosse possibile ridisegnare, in termini di solidarietà, i
confini degli Stati bisognerebbe far coincidere i confini politici con
quelli, ben definiti geograficamente ed ecologicamente, dei bacini
idrografici. A rigore non esistono i popoli della Svizzera, della Germania
o della Francia, ma esiste il popolo del bacìno del Reno. Così come
esistono i popoli del bacino del Danubio, del bacino del Mìssissippi, del
bacino del Fiume Azzurro, o del Gange o del Rio delle Amazzoni.
Bisognerebbe imparare (e insegnare) a `leggere' sulla carta geografica
prima i fiumi e poi i confini amministrativi e sviluppare un senso di
`appartenenza' non tanto a un paese, ma a un fiume, a un bacino
idrografico. Solo così le opere di captazione e di trasporto del1'acqua da
un territorio all'altro potrebbero passare dall attuale situazione di furto
a una situazione d scambio solidale.
Tanto più che è nell'ambito di ciascun bacino idro~ grafico che le acque,
nel loro moto lungo le valli versc i fiumi e il mare, provocano fenomeni di
erosione de suolo (la causa prima delle frane e delle alluvioni), governano
i profili delle spiagge e delle coste. Questa violenza può essere limitata
o arginata mediante opportune scelte nella localizzazione delle strade e
degli edifici, nella difesa e ricostruzione della copertura vegetale, degli
alberi e della macchia che trattengono le acque nel loro moto sulla
superficie del suolo.
Una possibile strada per aumentare 1'acqua in molte zone della Terra
consiste nella dissalazione dell'acqua di mare. Nel 2000 nel mondo sono
stati ottenuti dal mare circa 7 miliardi di metri cubi di acqua dolce
(altri 3 sono stati prodotti per dissalazione delle acque salmastre). I
processi di dissalazione richiedono energia, ma possono usare anche calore
di rifiuto di altre attività e hanno il vantaggio, rispetto alle altre
fonti di approvvigionamento idrico, di fornire `nuova' acqua dolce,
`fabbricata' dal mare, senza intaccare le riserve di acqua dolce esistenti.
Sono in corso continui progressi nelle tecniche di dissalazione, con
dispositivi adatti anche a piccole comunità isolate e assetate.
La scarsità di acqua può essere sconfitta, insomma, solo attraverso un uso
pianificato delle risorse naturali: dalla difesa dei boschi alla
limitazione degli sprechi, alla regolazione del corso dei fiumi, alla lotta
all'inquinamento - al coraggio di `dire no' alle azioni motivate
dall'avidità del profitto di individui, gruppi economici, paesi, contro
1'acqua, vita e diritto di altre persone o popoli. Cio' richiede regole e
accordi internazionali, ma essi non saranno possibili, né rispettati, se
manca una cultura che sia politica ed ecologica insieme.
Ha ragione Sironneau a parlare della necessità di una `idropolitica', di
accordi internazionali; ha ragione il grande movimento che in queste stesse
settimane riunisce tante persone, nel mondo, per un grande patto di
solidarietà' per I'acqua. Ma viene da chiedersi se tale patto sia attuabile
in un mondo dominato dalla legge del profitto capitalistico, la quale
impone di produrre più merci, di vendere più raccolti, di moltiplicare le
città e gli sprechi dei consumi, perché di essi è fatto il famoso Pil,
impone di portare via più acqua a chi ce 1'ha, di sfruttare il suolo, di
evitare i costi imposti da una revisione delle apparecchiature ' che
distribuiscono e usano acqua, che depurano le , acque usate. ~
Intorno all'acqua sono cosi'esplose, e esploderanno, le contraddizioni fra
le 'maIàttìe del Nord dél mondo ; dovute all'egoismo e agli sprechi dei
paesi ricchi, e le malattie del Sud del mondo, la povertà e la sete. II
coraggio e la solidarietà possono essere 1'unica efficace cura per le
malattie di tutti e due.
Il Nord e il Sud, nei confronti dell'acqua, non sono solo quelli dei paesi
industrializzati, in genere ricchi di risorse idriche, e quelli arretrati,
spesso poveri di acqua; le contraddizioni e le violenze sono presenti anche
in Italia dove I'acqua si manifesta, a volta a volta, come causa di
rallentamento dello sviluppo civile ed economico o come forza devastante
del territorio. Si potrebbe scrivere una storia dell'Italia basata sulla
sete e sulle alluvioni e sui tentativi dei governi, dall'Unita' in avanti,
per affrontare e risolvere tali contraddizioni.
Sul territorio italiano cadono ogni anno circa 300.000 milioni di metri
cubi di acqua; di questi circa 150.000 milioni scorrono sulla superfice del
suolo dalle montagne e colline verso i fondo valle e verso il mare,
portandosi dietro, in tale moto, tutto quello che trovano sospeso o
disciolto nel suolo e nel sottosuolo. A seconda delle stagioni e del clima
locale, il flusso delle acque è lento o rapido e violento e, a seconda
dello stato delle valli e dei fiumi, 1'acqua riesce a raggiungere il mare
oppure supera le sponde e gli argini e allaga le pianure, le case, i campi.
I1 corso dei fiumi è cambiato col tempo, a seconda delle sostanze
trasportate in sospensione, a seconda dell'uso antropico delle zone
circostanti; la natura, quando il disturbo umano è rimasto limitato, ha
disegnato e ridisegnato, a seconda delle sue leggi fisiche, le pianure,
lasciando intorno ai fiumi le zone più ricche e fertili e comode e
appetibili per insediamenti umani.
Gli antichi principi sapevano che la natura doveva essere lasciata in pace
e hanno fissato come propria proprietà, come demanio, le zone in cui era
prevedibile I'espansione dei fiumi in piena, quelle comprese fra gli
argini, vietandone 1'occupazione. Col passare del tempo, e con la scomparsa
dei prìncipi, le zone golenali demaniali sono state privatizzate o lasciate
alle costruzioni di strade, edifici, campi, con la conseguenza che ogni
volta che aumentava il flusso delle acque queste allagavano le zone
circostanti. Del tutto inosservata è rimasta la `legge Galasso', che
stabiliva limiti di inedificabilita' intorno ai laghi e ai fiumi e lungo le
rive del mare, al fine di assicurare alle acque di piena uno spazio in cui
potessero espandersi senza incontrare ostacoli posti dagli, e senza
arrecare danno agli, abitanti.
Tutte le leggi, fin dall'unità d'Italia hanno sempre stabilito che le acque
sono pubbliche - un concetto ribadito ancora una volta con fermezza dalla
legge `trentasei' del 1994; ma 1'acqua, lo si e' visto, è troppo preziosa
per frenare 1'avidità di chi, con opportune concessioni, se ne appropria a
fini speculativi e di profitto.
Dei 150.000 milioni di metri cubi `disponibili' ogni anno in Italia come
deflusso (questo, come i successivi numeri relativi ai `consumi' di acqua,
sono stime aocchio-e-croce, a causa della povertà dei rilevamenti e delle
elaborazioni statistiche di questa, come di molte altre risorse naturali e
ambientali italiane), 1'agricoltura, grazie a innumerevoli consorzi, riesce
a ottenerne per pochi centesimi (di lira, non di euro) al metro cubo
20-25.000 milioni di metri cubi; passando attraverso 1'agricoltura, I'acqua
in parte evapora e in parte si `arricchisce' - si fa per dire - dei sali
dei concimi, dei pesticidi, di residui organici.
Altri circa 15.000 milioni di metri cubi di acqua ogni anno vengono
prelevati e usati dalle industrie per i propri cicli produttivi, per il
raffreddamento degli impianti; infine di altri 10-12.000 milioni di metri
cubi di acqua si appropriano le moltissime `aziende' acquedottistiche che
dopo averne perso un terzo per inefficienze e difetti delle reti di
distribuzione, vendono il resto a prezzi variabili fra mille e tremila lire
al metro cubo alle famiglie e alle comunità urbane. La legge del 1994
stabilisce che le aziende distributrici di acqua devono applicare tariffe
che coprano i prezzi di gestione, per cui, dove 1'acqua e' scarsa e costosa
da reperire e distribuire, come nel Mezzogiorno,l'acqua costa di piu'
rispetto al Nord. Brillante esempio di Politica meridionalistica!
A riprova della sconsiderata politica italiana dell'acqua va detto che
circa 10.000 milioni di metri cubi (in continuo aumento ogni anno( di acque
pubbliche vengono concessi alle aziende imbottigliatrici private che le
vendono a un prezzo fra 150 e 300.000 lire al metro cubo (cento volte di
più dell'acqua per usi civili che lo Stato dovrebbe assicurare pulita e
sicura a tutti i cittadini e allo stesso prezzo in tutta Italia).
Ma c'è di peggio: si diceva prima che 1'unica maniera per una corretta
gestione delle acque (pubbliche, a parole) e delle conseguenti interazioni
fra acque, suolo e attivita' umane, consiste nell'amministrazíone delle
acque nell'ambito dei bacini idrografici. Ma anche in Italia, come in molti
altri paesi, le vicende storiche hanno lasciato confini amministrativi tali
che i bacini dei fiumi e torrentí ricadono in genere nel territorio di -
`appartengono' a - differenti regioni, ciascuna delle quali fa una propria
politica di uso e concessioni, di opere idrauliche e licenze edilizie.
II bacino idrografico del Po e dei suoi affluenti `appartiene' a sei
Regioni; i confini amministrativi regionali tagliano trasversalmente
importanti bacini idrografici come quello del Tevere (spartito fra Toscana,
Umbria e Lazio), quello dell'Ofanto (fra Campania, Basilicata e Puglia),
eccetera.
Nel 1989 il Parlamento, dopo un lungo dibattito , approvò una legge, la
183, che stabiliva 1'istituzione di autorità e organi di `bacino
idrografico' che avrebbero dovuto coordinare prelievi, azioni di difesa del
suolo, azioni contro 1'inquinamento, perfino i piani regolatori delle
amministrazioni nel cui territorio cadevano i vari pezzi di ciascun bacino.
Figurarsi! Dopo alcuni anni, si sono moltiplicate le autorità di bacino,
con rispettivi presidenti, segretari, funzionari, uffici, tutti uniti per
disturbare il meno possibile le avidità e gli egoismi delle Regioni e delle
amministrazioni locali - in violazione dello spirito e del contenuto della
legge. Le devastanti alluvioni e frane degli ultimi dieci anni sono
awenute, e si sono aggravate, fra 1'altro, proprio per il fallimento e la
violazione di una delle poche leggi dello Stato che proponeva coordinamento
e pianificazione di interventi, nel nome della sicurezza delle vite e delle
attività umane, e della difesa delle risorse naturali.
Così come la crescente passione di liberalizzazione e di espansione dei
consumi e degli sprechi e di difesa degli interessi degli affari ha
impedito I'attuazione di iniziative, pure altrettanto importanti, come le
politiche di risparmio, e di limitazione dei consumi, dell'acqua, una
attenta politica di lotta all'inquinamento.
Altro che la geopolitica planetaria di cui parla Sironneau! In Italia non è
mai neanche cominciata una politica unitaria dell'acqua e del suolo: una
tale politica dovrebbe partire dal rispetto delle leggi esistenti, anche se
toccano potenti interessi agricoli, industriali, degli imbottigliatori,
delle aziende acquedottistiche, delle amministrazioni locali. Non si è
fatto nessun passo in questa direzione, neanche nella breve stagione dei
governi di centro-sinistra: figurarsi adesso! Eppure la diffusione di una
cultura di geopolitica dell'acqua non è un capriccio da ecologisti: è
un'impresa di minimo buongoverno e di rispetto della vita e dei beni
materiali - di diritti fondamentali - della collettivit~ nazionale. Per
inciso è 1'unica seria condizione per aumentare dawero il benessere
economico e 1'occupazione, per fare passi avanti nell'innovazione
tecnicoscientifica, per riscattare il Mezzogiorno dalle sue condizioni di
sottosviluppo: non a caso all'acqua guarda con attenzione e dell'acqua si
appropria la criminalità organizzata che ben sa che la sconfitta della sete
e' 1'unica strada di riscatto civile e sociale del Mezzogiorno.
*La situazione di usi e sprechi in Italia e'~ illustrata da un recente
volume: Un futuro per l àcqua in Italia, pubblicato nel 1999, come
«Quaderno 109» dell'Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale
delle ricerche, e in moltissimi altri libri fra i cui autori citera la
prof. Teresa Isenburg dell'Università di Firenze, il prof. Ugo Leone
dell'Università di Napoli - e io stesso, tanti anni fa, scrissi un
librettuccio che fu un insuccesso editoriale e di cui sono sopravvissute al
macero poche copie in qualche biblioteca.