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petrella: globalizzazione fase due



dalla rivista del manifesto luglio 2001

Mdteriali per Genova
Riccardo Petrella
GLOBALIZZAZIONE FASE DUE

Nell'evoluzione della globalizzazione capitalista degli ultimi cinquanta
anni, si possono identificare due fasi: la fase dell àffermazione
concentrata e la fase del consolidamento diffuso. La prima va dagli anni
'50 alla fine degli anni '70, la seconda, in corso, copre t'ultimo ventennio.

Fase uno: 1'affermazione concentrata

Questa fase si sviluppa in un contesto determinato dalle logiche e dai
rapporti di forza imposti dalla `guerra fredda' tra le due superpotenze
militari (Stati Uniti e Unione Sovietica) alimentata, anche, dallo scontro
ideologico e culturale per la supremazia mondiale tra il sistema
capitalista, autodefinitosi libero e democratico (nelle sue diverse
configurazioni: dagli Stati Uniti ai paesi scandinavi passando per l'Italia
e per 1'Olanda...), e il sistema socialista o comunista, autoproclamatosi
rivoluzionario e progressita (anch'esso nelle diverse concretizzazioni:
dalla Cina all'Urss passando per Cuba e I'Ungheria...).
In questa fase, il sistema capitalista `occidentale' - nato dallo sfacelo
causato dalla crisi del capitalismo finanziario statunitense (1929-1932) e
dalla seconda guerra mondiale (1940-1945) - è stato mosso soprattutto da
due logiche di potenza: quella dell'attore più forte in seno al mondo
`occidentalè , gli Scati Uniti; e quella degli altri due principali attori
dell"Occidente', 1'Europa occidentale e il Giappone.
La Logica degli Stati Uniti (lato `poteri pubblici') - confermati dalla
guerra come la prima potenza mondiale dell'Ovest, principale simbolo della
`bontà' del sistema capitalista (`corretto' secondo le quattro principali
varianti dello Stato del Welfare) ~ e presenti mi(itarmente in tutti i
continenti del mondo - mira a dífendere e a rafforzare le loro `leadership'
in seno al mondo occidentale e, forte dell"unità~ del mondo occidentale
attorno al `leader' nella lotta contro il comunismo, a sconfìggere la
potenza dell'Unione Sovietica e a evitare che la Cina divenrasse un nuovo
potenziale concorrente alla leadership mondiale.
la (ogica del mondo Fìnanziario e industriale degli Stati Uniti è quella di
assicurarsi 1'entrata senza grandi difficoltà nei mercati europei e
giapponesi in via di ricostruzione ed espansione. Gli anni '50 e '60
diventano, in effetti, scenario di un boom degli investimemi statunitensi
all'estero e della conseguente multinazionalizzazione delle imprese
americane e della loro conquista di posizioni forti sui mercati europei,
giapponesi, asiatici e latino-americani. È 1'epoca d'oro di Ibm,
Procter&Gamble, Gm, Ford, Itt, Esso...
La logica degli europei e dei giapponesi (dalla parte dei poteri pubblici e
privati) è di recuperare terreno nei confronti degli Stati Uniti. II
Giappone riesce a ottenere notevoli risultati positivi, conquistando negli
anni '70 una posizione di leader mondiale in importanti settori di beni
tecnologici e di beni di consumo, approfittando delle difficoltà americane
causate dal Vietnam. L'intricata natura delle connessioni/integrazioni tra
poteri pubblici e poteri privati proprie della società giapponese ha
permesso al `capitale giapponese' di partecipare alla globalizzazione
capitalista in posizioni sempre più forti. Gli europei occidentali contano
soprattutto sull'integrazione doganale ed economica per riconquistare la
potenza perduta anche a seguito della decolonizzazione. Malgrado le
difficoltà incontrate e le crisi sofferte, 1'integrazione economica
permette al capitale europeo di rinnovarsi (vedi ristrutturazione
dell'industria siderurgica) a costi sociali elevati, e di mantenersi su
posizioni di forza (nucleare, aerospaziale, chimica, telecomunicazioni,
meccanica di precisione...). Grazie al processo di integrazione, gli
europei cercano anche (Convenzione di Lomè) di non perdere il controllo
delle loro ex-colonie.
In questo contesto di concordanze quasi totali (lotta contro `I'Est') e, in
paritempo, di malcelata opposizione di interessi sul piano militare,
economico e tecnologico tra Staci Uniti, Europa Occidentale e Giappone, la
globalizzazione capitalista del mondo occidentale avanza sottoforma di
`triadizzazione' dell'economia `che conta nel mondo', all'insegna:
a. di una intensificazione dell'internazionalizzazione degli scambi
commerciali, dei mezzi di trasporto e delle comunicazioni;
b. della multinazionalizzazione crescente delle imprese e delle strutture
di produzione;
c. (a partire dalla fine degli anni '60 negli Stati Uniti e '70 in Europa)
della critica e dell'inizio delle politiche di riforma e smantellamento
dello Stato del Welfare e, quindi, della ridefinizione dei rapporti
capitale/lavoro (in tutti i suoi aspetti) secondo una logica favorevole al
capitale privato;
d. di una forte competizione tecnologica e commerciale tra i vari attori
del capitale occidentale sullo sfondo di una generalizzazione della
strategia della competitività nazionale (tuttora persistente).
Le quattro dinamiche sopraindicate hanno contribuito:
- ad accelerare e intensificare importanti processi di razionalizzazione,
ristrutturazione e concentrazione industriale e finanziaria in tutti i
settori, tanto che alla fine degli anni '70 si parla della formazione di
oligopoli mondiali nell'industria chimica, petrolifera, aeronautica,
automobilistica, agro-alimentare;
- a far ritenere come inevitabili le spinte in favore della
liberalizzazione del commercio, dei mercati e dei flussi finanziari, e
della deregolamentazione dello Stato. È il periodo in cui si comincia anche
a sentire in maniera pesante la pressione in favore della privatizzazione.
In particolare, la competizione tecnologica come strumento della strategia
di competitività nazionale:
- ha rinforzato i processi di multinazionalizzazione delle imprese in una
logica di `conquista mondiale';
- ha dato maggiore potere decisionale al capitale privato in materia di
fissazione delle priorità economiche e sociali;
- ha spiazzato i paesi del Terzo Mondo, appena emersi dal processo di
decolonizzazione, amplificando i `terms of trade' sfavorevoli nei loro
confronti.
Alla fine della fase uno, la stato della globalizzazione capitalista é
caratterizzato:
a. dall'indebolimento crescente del potere politico formale, nazionale e
internazionale. A livello mondiale si cominciano a intravedere i segni
premonitori di una crisi del multilateralismo intergovernativo come
strumento di organizzazione delle relazioni mondiali;
b. dall'affermazione del potere delle imprese multinazionali, specie dopo
il crollo nel 1971-73 del sistema finanziario incernazionale nato nel 1945
(Bretton Woods);
c. dalla scomparsa sul piano ideologico e socio-culturale del `socialismo
reale' come effettiva alternativa credibile al capitalismo occidentale;
d. dalla ripresa del potere di controllo dei paesi `sviluppati' sul
divenire dei paesi considerati ormai `sottosviluppati' (esplosione
dell'indebitamento dei paesi `sottosviluppati' e imposizione, a partire
dagli anni 1978-1979 delle politiche di aggiustamento strutturale sotto la
direzione del Fmi e della Banca mondiale).

Fase due: il consolidamento diffuso

La fase due inizia, se cosl posso suggerire, in coincidenza con I'arrivo al
potere nel 1979 di Margareth Thatcher e nel 1980 di Ronald Reagan. Essa
vede il consolidamento in tutto il il mondo del potere acquisito dal
capitale privato negli anni '60 e '70. In questa fase si assiste alla
capacità delle forze legate al capitale privato di far accettare alle altre
principali forze sociali e di potere i princìpi fondatori e gli obiettivi
del capitalismo come princlpi e obiettivi della società contemporanea; ciò
con sfumature e gradazioni diverse secondo i paesi, ma in tutti i paesi,
compresi il Vietnam e la Cina (ad eccezione della Corea del Nord e di
Cuba). La formulazione da parte della Cina della richiesta di diventare
membro dell'Omc illustra perfettamente il cammino compiuto dalle forze del
capitale nel corso di quesca fase ventennale. Ormai in nessun paese i
dirigenti pubblici e privati difendono un'altra narrazione del mondo e
della società, differente da quella delle società capitaliste di mercato.
Si è realizzato il regno, come già alcuni anni fa 1'ha definito il
direttore di «Le Monde diplomatique», del `pensiero unico'. In alcuni paesi
i dirigenti di tradizione socialista, socialdemocratica o cristiana
progressista tentano di mantenere qualche distanza e di affermare una
parvenza di indipendenza-opposizione al capitalismo argomentando su
supposte differenze di sistema tra economie di mercato (che pretendono di
rigettare), economia con mercato (che dichiarano di accettare) e società di
mercato (che affermano di rifiutare). Resta il fatto che, qualunque sia il
contenzioso sulle parole, le politiche da essi applicate sono quelle che
hanno condotto dappertutto alla diffusione e al consolidamento della
globalizzazione capitalista di mercato.
II consolidamento diffuso, anzitutto di natura ideologica, della
globalizzazione capitalista è visibile per il fatto che le classi dirigenti
al potere nel mondo credono nei tre princìpi fondatori della società
capitalista, e cioè:
- il primata dell individuo: la societa', si afferma, è basata sugli
individui. Essa è un insieme di transazioni inter-individuali dove ciascun
individuo cerca, legittimamente, di minimizzare i costi e massimizzare i
benefici al fine di ottimizzare la sua utilità individuale. II mercato è il
dispositivo naturale che permette, in maniera più effìcace di ogni altro,
di regolare le transazioni inter-individuali per assicurare a ciascuno di
ottimizzare la sua utilità. Da qui, la `societa' di mercato'.
- la centralità dell'impresa: 1'impresa è 1'istituzione che è la più adatta
a operare nel mercato e a organizzare le transazioni inter-individuali (tra
produttori, investitori, consumatori, azionisti, scienziati, tecnici...) in
maniera tale da promuovere la migliore utilità per tutte le parti implicate
(i famosi stakeholders) grazie alla creazione di nuova ricchezza e di
profitto.
- Il capitale come parametro di defznizione del valore: come misurare
1'utilità? La risposta consiste nel dire che è il capitale finanziario a
svolgere il ruolo di paramentro (universale) di definizione del valore.
Tutto ciò che contribuisce a creare plusvalore in termini di capitale
finanziario è utile. Un bene, un servizio, ha meno valore se è minore il
suo contributo alla creazione di plusvalore.
Il consolidamento diffuso è anche osservabile sul piano delle strategie
politiche da seguire con I'adesione quasi generale ai `sei comandamenti'
delle `nuove tavole della legge' della globalizzazione capitalista, che sono:
Primo: devi diventare globale. Non avrai salvezza al di fuori o contro la
globalizzazione;
Secondo: liberalizzerai tutti i mercati al fine di creare il grande mercato
unico mondiale;
Terzo: non lascerai più allo Stato il potere di regolamentazione
dell'economia;
Quarto: tutto al privato: promuoverai la privatizzazione dí tutto cib che è
privatizzabile;
Quinto: devi essere innovatore tecnologico senza sosta, ad ogni momento,
dappertutto;
Sesto: sii il migliore, il più forte; sii il vincitore.
È, su queste basi che la fase due ha sacralizzato il Diritto di Proprietà
Intellettuale quale principio universale di riconoscimento e di garanzia
della proprieta' privata del capitale e del potere attribuito al capitale
privato di diventare proprietario di qualsiasi bene materiale e
immateriale. Nel corso di questa fase, ogni cosa è stata trasformata in
merce, la persona umana è stata ridotta a una `risorsa umana'. Il commercio
e' stato accettato com.e `il luogo' e il quadro di definizione generale
delle regole rélative all'insieme delle relazioni econQmiche, sociali,
culturali. Tutto è rapportàto al commercio e alle sue
logiche. Da qui I'importanza predominante assunta dal Wto (World Trade
Organization).
La globalizzazione capitalista fase due è riuscita a far accettare come un
fatto `naturale', economicamente comprensibile, che la crescita delle
ineguaglianze socio-economiche e' inevitabile, e che non è affatto
realistico pensare che sia possibile sradicarle. I dominanti attuali
affermano che le ineguaglianze possono essere solamente attenuate e ridotte
parzialmente e che esse sono legittime e accettabili nella misura in cui il
sistema capitalista garantisce I'uguaglianza di opportunità.
Infine, 1'acquisizione da parte degli Stati Uniti dello statuto di unica
superpotenza mondiale egemonica consacra politicamente la natura di
imperium del capitalismo mondiale.

Opportunità e vincoli per i promotori di un'altra mondializzazione.

Che `deve' fare ora il `popolo di Seattle', di Washington, di Praga, di
Nizza, di Napoli, di Bangkock, di Barcellona, di Québec, di Góteborg e di
Genova?
Da alcuni anni, `questo popolo' - estremamente diversificato, composto da
popolazioni molto diverse tra loro, portatrici di concezioni, valori,
metodi e comportamenti anche difficilmente conciliabili - è riuscito a
vincere due battaglie contro la `mondializzazione' promossa dalla
globalizzazione capitalista proprio al momento in cui i produttori di
questa mondializzazione hanno creduto, sentendosi abbastanza forti, di
potere imporre senza più tanti limiti la loro narrazione del mondo.
La vittoria degli oppositori è stata di grande rilievo simbolico perché
relativa a due elementi centrali della globalizzazione capitalista: la
finanza e il commercio. L'abbandono del progetto Ami (Accordo multilaterale
sugli investimenti) nel settembre 1998, sotto la pressione della
contestazione popolare, e 1'annullamento sine die- a seguito anche
dell'opposizione manifestata dai rappresentanti di molti paesi `in via di
sviluppo' (!) - dei negoziati del Wto a Seattle (inizio dicembre 1999),
hanno rappresentato due sconfitte particolarmente dolorose per i dominanti.
Soprattutto perché hanno contribuito a decredibilizzare la
`mondializzazione della globalizzazione capitalista' non solo sul piano
politico ed economico ma anche sul piano etico, contribuendo, in pari
tempo, a credibilizzare le tesi dell"altra mondializzazione'. Si tratta di
un'opportunità considerevole. Ia presa di coscienza di questa oportunita'
ha permesso la tenuta e il successo del Forum sociale mondiale di Porto
Alegre.
La seconda opportunita', apertasi sempre negli ultìmi due-tre anni, è la
consapevolezza acquisita dall'opinione pubblica dei vari paesi del mondo, a
seguito delle grandi catastrofi tecnologiche (`mucca pazza', pollo alla
diossina, Ogm...) e ambientali (cambiamento climatico...) di questi anni,
che non è più né umanamente saggio né socialmente ragionevole continuare a
usare la (e abusare della) scienza e la tecnologia, cosl come il Pianeta,
al solo scopo dell'arricchimento finanziario dei pochi, `solo per Fare più
denaro'. In questo caso, si è assistito alla credibilizzazione
dell'inevitabilità e dell'urgenza di un `altro' sviluppo, di un'altra
economia.
Certo, è bene restare con i piedi per terra e non lasciarsi andare a troppe
speranze sul breve termine. La cosa è diversa se si ragiona su un orizzonte
temporale di 15-20 anni. In questo caso è legittimo considerare che le
opportunita' sono potenzialmente significative. Il che significa che è
necessario identificare e misurare - in relazione anche all'opposizione al
G8 di Genova e soprattutto in vista di Porto Alegre 2 - i vincoli da
rispettare e superare per far sl che le azioni intraprese oggi possano far
maturare nei prossimi 5-10 anni le condizioni che permetteranno di
costruire 1'altra economia, 1'altra mondializzazione.
A mio parere, i vincoli da assumere, oggi, sono tre:
- il vincolo della narrazione. non si può costruire un altro mondo senza
una narrazione della società e del divenire differente da quella bandita
dalla globalizzazione capitalista. II lavoro di ricerca, di dibattito, e di
costruzione sulle parole, sui simboli, sulle idee, sui progetti deve essere
condotto sistematicamente a tutti i livelli delle nostre organizzazioni e
concentrarsi sempre di più sulla definizione di un altro ordine del giorno
mondiale;
- il vincolo della `Prima Planetaria': è urgente riconoscere che i
dominanti, il capitale, sono riusciti a imporre la loro narrazione perché
si sono organizzati sul piano mondiale. Si consideri, al contrario,
1'esempio dei sindacati dei lavoratori sempre più `nazionali' e
intrappolati nell'accettazione della competitività nazionale. Non vi sara'
reale alternativa alla globalizzazione capitalista se le forze
dell'opposizione non daranno vita gradualmente e con accortezza a un
processo unitario di coordinamento reale con 1'obiettivo dí far maturare
una `Prima Planetaria' il cui compito consistera' precisamente nel favorire
1'emergenza di un altro ordine del giorno mondiale;
- il vincolo dell àlterita: 1'altra mondializzazione non può essere che il
risultato del riconoscimento e della valorizzazione della
diversita'/alterità in quanto dimensione centrale della mondialità della
condizione umana.
La mia proposta per quanto riguarda specificamente il vincolo della
narrazione è di identificare come assi centrali del1'altro ordine del
giorno mondiale, imperniato sul `diritto alla vita per tutti :
- 1'acqua per tutti, 1'acqua primo bene comune dell'Umanita' e della Terra;
- I'educazione dappertutto e per tutti, 1'educazione primo servizio comune
mondiale;
- la democrazia mondiale, la nuova `politeia' dell'altra mondializzazione.

Riccardo Petrella è professore all'Universitd Cattolica di Lovanio, dove
tra l àltro tiene un corso sulla mondializzazione dell économia e della
società». Indirizzo elettronico: riccardo.petrellaC~cec.eu.int
Roosveltiana (Usa), bismarckiana (Germania), keynesianaBeveridge
(Inghilterra) e scandinava.
È. questo il termine sinteticamente usato dai dirigenti degli Stati Uniti
allorché p~rlano del ruolQ del~~oro paese nel contesto mondiale. - .~ .