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i nuovi ecomostri
da boiler.it di martedi 3 luglio 2001
I nuovi “ecomostri”
elaborazione da “Mare Monstrum 2001”, dossier di Legambiente
I “PIRATI” DEL CEMENTO SELVAGGIO continuano l’assalto alle nostre coste.
Dall’abusivismo sulle aree demaniali marittime (monitorato dalle forze
dell’ordine e dalle Capitanerie di porto) agli “ecomostri” (molti dei quali
saranno oggetto dei blitz della Goletta Verde in nome del “Demolition
day”), passando per l’analisi delle colate di cemento che stanno
coinvolgendo pesantemente il Salento in Puglia, ecco i numeri e le storie
dell’assalto del cemento alle coste del Belpaese. Nella classifica
dell’abusivismo edilizio sulle coste le prime quattro posizioni sono
occupate da Calabria, Sicilia, Campania e Puglia, regioni caratterizzate da
un mare invidiabile e allo stesso tempo dalla presenza pervasiva della
criminalità organizzata. La regione dove si concentra il maggior numero di
abusi accertati sul demanio marittimo è la Calabria, che conferma il
primato dello scorso anno (652 infrazioni accertate, 652 persone denunciate
e 26 sequestri giudiziari operati). Al secondo posto figura la Sicilia (480
reati accertati, 480 persone denunciate e 67 sequestri effettuati), mentre
al terzo e al quarto troviamo la Campania (416 infrazioni) e la Puglia (347).
Tra le aree a rischio cemento nel nostro Paese ci sono le coste del
Salento, la provincia di Lecce, un territorio per buona parte ancora ben
conservato, ma sul quale sembrano essersi concentrati considerevoli
appetiti speculativi. Complice una sostanziale deregulation urbanistica e
un sistema di controlli a maglie larghe, nel Salento si assiste da tempo a
un’inquietante apertura di cantieri che stanno cambiando il profilo
costiero di un territorio producendo opere e infrastrutture spesso inutili
che rischiano di compromettere le potenzialità turistiche dell’area. Si
tratta inoltre di interventi puntuali, episodici e scollegati da qualsiasi
disegno imprenditoriale che sembrano far rivivere il destino di questa
regione, da sempre terra di conquista e di predoni.
Ma intanto – dopo la demolizione del Fuenti, quelle nell’Oasi del Simeto a
Catania, Eboli, la collina del disonore di Pizzo Sella a Palermo, la Valle
dei Templi di Agrigento e sul lungomare di Rossano –, le ruspe demolitrici
hanno riacceso i motori proprio, andando all’attacco dell’hotel Baia delle
Ginestre a Porto Malu a pochi chilometri da Teulada, definito “l’alveare”,
uno dei simboli del cemento selvaggio in Sardegna. Tuttavia gli altri
segnali raccolti in quest’ultimo anno non sono stati incoraggianti. La così
tanto desiderata legge anti-abusivismo, che consentirebbe di rendere più
efficace e tempestivo l’intervento dello Stato, non è riuscita a vedere la
luce nella legislatura appena terminata. E come se non bastasse la Giunta
regionale siciliana di centro-destra si è resa protagonista di una nuova
proposta di sanatoria per tutte le costruzioni che si affacciano entro la
fascia dei trecento metri dal mare camuffandola come “riordino delle spiagge”.
L'abusivismo, insomma, continua a “erodere” territorio e paesaggi anche se
i numeri dimostrano una flessione del cemento selvaggio: secondo le stime
elaborate dal Cresme, nel Duemila sono state immesse sul mercato edilizio
del nostro Paese ben 28.938 case abusive (tra nuove costruzioni e
trasformazioni d’uso illegali) rispetto alle 33.571 del 1999, per un valore
immobiliare di 3.548 miliardi di lire. In un anno è stata ricoperta di
cemento una superficie complessiva di 3.941.900 metri quadrati. Il 55 per
cento di questa enorme massa di cemento illegale (ovvero 15.829 case
abusive per 2.137 miliardi di lire) si concentra, e non è un caso, nelle
quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: Campania, Puglia, Calabria
e Sicilia. Soltanto negli ultimi tre anni, sono stati demoliti almeno mille
edifici fuorilegge, una cifra forse superiore alle demolizioni realizzate
negli ultimi 20 anni. Ma ecco venti storie esemplari:
La Riserva marina di Capo Rizzuto
Ben 57 costruzioni abusive (10 nel comune di Crotone e 47 in quello di Capo
Rizzuto) per 48.600 metri cubi, sono state individuate dalla Capitaneria di
porto di Crotone, nell’area di demanio costiero della Riserva di Capo
Rizzuto e nella fascia di rispetto. Una morsa di cemento illegale, fatto di
moli che si protendono in mare, porticcioli, fabbricati, muri di
recinzione, piattaforme in cemento armato, porticati, che stringe e avvolge
la stupenda riserva marina di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. Tutte
le gare fatte finora per demolire gli immobili sono andate deserte e
nessuno, a cominciare dall’Ente gestore della Riserva, ha risposto alla
stessa Capitaneria di porto, che aveva dato la propria disponibilità a
provvedere agli abbattimenti. E ancora oggi non si registrano novità volte
a liberare questi luoghi.
Baia di Copanello
Siamo nel Comune di Stalettì, in provincia di Catanzaro, sulla costa ionica
della Calabria. In uno scenario di straordinaria bellezza, “convivono” i
due estremi, negativi e positivi, di tante aree del Mezzogiorno:
l'ecomostro di cemento di Villaggio Lo Pilato, che con i suoi 16mila metri
cubi deturpa la baia da oltre vent'anni; la tomba di Cassiodoro, il grande
senatore e letterato romano del Vivarium, abbandonata a sé stessa nella più
totale incuria e a pochi metri da un “illuminante” caso di scempio
urbanistico. Sul Villaggio pende una ordinanza di demolizione del 1987, mai
eseguita, e una gara di demolizione andata deserta. Alcuni mesi fa
Legambiente ha presentato una denuncia le cui indagini sono ancora in corso.
Capo Rossello
Capo Rossello è una baia nel tratto più bello della costa meridionale della
Sicilia, nel comune di Realmonte (Agrigento). È un luogo di grande
suggestione, reso unico da uno scoglio, chiamato, per via di una antica
leggenda, “Do zitu e da zita”, cioè del fidanzato e della fidanzata, che si
trova nel mare a trecento metri dalla spiaggia. La spiaggia di Capo
Rossello, proprio per la sua straordinaria bellezza, è stata al centro
delle mire speculative di un gruppo di politici e di imprenditori,
denunciati e condannati dopo la pubblicazione di un dossier di Legambiente
Sicilia. Nei primi anni Novanta, utilizzando uno strumento urbanistico
scaduto ed in violazione del vincolo paesistico, alcuni assessori del
Comune di Realmonte rilasciarono a sé stessi una serie di concessioni
edilizie per realizzare palazzine in riva al mare, piantando i piloni nella
sabbia e sbancando la costa di pietra bianca che completava il tratto
costiero. Nel febbraio ’94, dopo la denuncia di Legambiente, l’intera
Giunta Municipale, la commissione edilizia ed alcuni imprenditori furono
tratti in arresto, processati e condannati. Si attende ancora, che il
Comune demolisca lo scempio, fortunatamente bloccato.
Assalto alla baia dei Turchi
Sempre in territorio di Realmonte (Ag), a pochi chilometri da Capo
Rossello, in località Baia dei Turchi, si trova un altro monumento alla
speculazione edilizia, realizzato illegalmente da un altro gruppo di
palazzinari grazie a concessioni edilizie compiacenti. Si tratta del
progetto di un albergo sul mare, su quel tratto di costa dove, come dice il
nome, un millennio fa sbarcarono gli ottomani. L’intervento di Legambiente,
obbligò la Regione ad annullare la concessione ed a bloccare i lavori.
Anche in questa baia ancora oggi si attende l’arrivo delle ruspe demolitrici.
Villaggio Sindona (Isola di Lampedusa)
Dodici scheletri di cemento armato in stato di completo abbandono che
sfregiano una delle aree costiere più belle e interessanti dell’isola: è
questo il Villaggio Sindona di Lampedusa. Siamo nel Vallone di Cala Galera,
in zona A della Riserva naturale. La costruzione dell’ecomostro isolano
inizia nel 1973 su un’area del demanio comunale soggetta a vincolo
paesaggistico e inclusa, nel 1996, all’interno della Riserva naturale
orientata “Isola di Lampedusa”. L’Istituzione della riserva conclude
definitivamente un lungo processo di tutela e chiude ogni possibilità di
sfruttamento edilizio di queste aree, in cui nel frattempo sono sorti i
dodici scheletri. Due anni fa il Sindaco di Lampedusa rigetta la domanda di
sanatoria presentata nel 1986 dall’attuale proprietario ai sensi della
legge regionale 37/85 e firma l’ordinanza di demolizione. Qualche mese fa,
anche, il Consiglio comunale si è pronunciato per l’abbattimento.
Vico Equense
Gli scheletri dell'ecomostro di Alimuri, uno schiaffo all'immagine e al
paesaggio naturalistico della penisola sorrentina, dal 1971 presidia
maestoso una delle conche più belle del golfo di Napoli. Nel 1986 i lavori
sono sospesi dal Comune di Vico Equense perché si rendono necessari lavori
di consolidamento del costone roccioso retrostante. Da allora, lo scheletro
dell’albergo diventa un punto di ritrovo per la piccola delinquenza locale
e per lo spaccio di stupefacenti, mentre tra i pilastri di cemento armato
sorge spontanea una vera e propria discarica. Completare l'ecomostro di
Alimuri avrebbe un duplice “effetto”: dare corso all'ennesimo assalto al
patrimonio ambientale della penisola sorrentina e rendersi responsabili di
un’opera a rischio, costruita alle pendici di un costone roccioso fragile,
inserito nella zona rossa, quella a maggior rischio, dell'ultimo piano
d’intervento per il dissesto idrogeologico realizzato dall'Autorità di
Bacino del Sarno. L'amministrazione comunale di Vico Equense ha fatto
rientrare l'area tra quelle di maggior pericolosità, censite nel nuovo
Piano di Protezione Civile Comunale. Il passaggio successivo è quello di
predisporre tutte le procedure amministrative per arrivare all'abbattimento.
L’isola dei Ciurli di Fondi
L’isola dei Ciurli, un'area agricola di grande valore paesistico, 21
scheletri in cemento armato illegali aspettano da decenni di essere
demoliti. Il Tar di Latina con una sentenza dell’ottobre 1997 ha giudicato
l'intero complesso abusivo. Il Comune di Fondi, anziché avviare le
procedure per l’acquisizione della lottizzazione al patrimonio pubblico e
prevedere un piano di demolizione degli edifici, ha invitato i titolari
della lottizzazione a sospendere i lavori e a presentare una proposta di
lottizzazione. Il 29 settembre 1998 il Consiglio comunale di Fondi ha
approvato il “progetto di lottizzazione convenzionato e relativo schema di
convenzione”. Questo è l’ultimo passaggio di una lunga storia iniziata nel
1968 che attraverso provvedimenti di sospensione dei lavori, sequestri
giudiziari e ordinanze di sanatorie si è trascinata fino ai nostri giorni.
Il Circolo Legambiente di Fondi, da tempo in prima linea contro
l’ecomostro, ha presentato contro la decisione del Comune un esposto alla
Procura della Repubblica di Latina.
Gli scheletri di Agrigento
Dopo la demolizione di uno degli edifici di proprietà di un mafioso che, da
tempo deturpavano una delle aree archeologiche più importanti e suggestive
d’Italia e del mondo, si è aperta agli inizi di quest’anno una nuova
stagione di abbattimenti. Il ministero dei Lavori Pubblici e il comitato
istituito presso il provveditorato per le Opere Pubbliche della Sicilia,
con il positivo contributo dell’assessore ai Beni Culturali e Ambientali
regionale, Fabio Granata, e dell’allora Sottosegretario ai Lavori Pubblici,
Antonio Mangiacavallo, hanno dato il via libera all’abbattimento di altri
sei scheletri nella Valle dei Templi, sbloccando una situazione di stallo
che si protraeva da tempo. Purtroppo resta ancora tanto da fare per
liberare il Parco archeologico dal cemento. Sono circa 600, infatti, le
abitazioni realizzate illegalmente nell'area sottoposta a vincolo di
inedificabilità assoluta.
Simeto: un'oasi a rischio
Complessivamente sono 550 le case abusive da demolire, realizzate
all’interno dell’Oasi del Simeto in Provincia di Catania. Ad oggi ne sono
state abbattute, dalla precedente amministrazione guidata da Enzo Bianco,
circa 60. Una colata di cemento per un totale di 250mila metri cubi, ossia
6 volte la volumetria del Fuenti. Un altro segnale positivo nella vicenda è
arrivato dal Tar siciliano, che ha sospeso il Decreto regionale con il
quale si riduceva drasticamente la zona B di pre-riserva, determinando di
fatto la sanatoria anche delle costruzioni abusive assolutamente
incompatibili con i valori naturalistici della riserva. L’Oasi del Simeto,
alla foce dell’omonimo fiume, è una delle aree umide di maggior pregio
ambientale d’Italia, dove ancora oggi transitano e nidificano rare specie
di uccelli migratori. Legambiente chiede che si prosegua, senza
ripensamenti, l’opera di abbattimento delle costruzioni illegali e di
recupero dell’Oasi.
Le ville di Pizzo Sella
Un milione di metri quadri di collina scoscesa e rocciosa sottoposta a
vincolo idrogeologico e paesaggistico lottizzati abusivamente, 314
concessioni edilizie rilasciate illegittimamente dal Comune di Palermo in
una zona destinata a verde agricolo, 159 unità immobiliari realizzate, il
tutto corredato da opere di urbanizzazione primaria, strade, fognature,
impianto di illuminazione, ecc. Si tratta delle ville di Pizzo Sella, a
Palermo, un altro ecomostro il cui caso è quasi chiuso: le case abusive
costruite sul promontorio palermitano di Pizzo Sella, ribattezzata la
collina del disonore, vanno confiscate e il danno ambientale prodotto deve
essere risarcito. Lo ha stabilito la sentenza emessa il 29 gennaio 2000 dal
giudice Lorenzo Chiaramonte, che ha condannato dieci tecnici, funzionari
comunali e imprenditori, accusati di aver partecipato a vario titolo a
un’enorme speculazione edilizia. Particolare non trascurabile, le
concessioni edilizie figuravano intestate alla sorella del noto boss
mafioso Michele Greco il "papa della mafia". Una colossale speculazione
immobiliare che nasconde un’imponente operazione di riciclaggio di denaro
“sporco” da parte di Cosa Nostra. Dopo la demolizione dei primi scheletri,
la sentenza apre adesso una pagina completamente nuova in questa vicenda,
premessa indispensabile per la demolizione delle oltre 300 costruzioni
illegali che da più di vent'anni deturpano la collina.
La “saracinesca” di Bari
Il 29 gennaio scorso la Corte di Cassazione ha reso definitiva la sentenza
emessa nel 1999 dal giudice per le indagini preliminari di Bari, Maria
Mitola: l’ecomostro di Punta Perotti, 300 mila metri cubi di cemento
costruiti sul lungomare di Bari, è abusivo, annullando, così la sentenza
della Corte d’Appello di Bari che aveva assolto gli imputati perché il
fatto non sussisteva e restituito l’ecomostro di Punta Perotti ai
proprietari La sentenza, definitiva, prevede l’acquisizione gratuita al
patrimonio comunale dei due grattacieli e delle aree di sedime in cui sono
stati realizzati e, soprattutto, non lascia margini di equivoco sul futuro
della Saracinesca: le costruzioni devono essere abbattute. Spetta ora
all’amministrazione comunale dare corso all’ultimo atto di una lunga
vertenza, che ancora tarda a venire.
La “Pietra” di Polignano a Mare
Nel febbraio del 1998 è scattata l'operazione “Pietra Igea”, condotta dagli
uomini del Coordinamento provinciale del Corpo forestale di Bari su delega
del sostituto procuratore Roberto Rossi contro una lottizzazione abusiva
nel Comune di Polignano a Mare. L'area, in località Ripagnola, si estende
su quattro ettari, e al momento del blitz già ospitava un volume
complessivo di oltre 20 mila metri cubi di cemento: un complesso turistico,
con albergo e villini annessi. Diciannove i “corpi di fabbrica” già
sequestrati nell'area soggetta a vincolo paesaggistico, sette gli avvisi di
garanzia emessi nei confronti dei responsabili di questo scempio.
Punta Licosa: la Baia degli scheletri
Oltre 10 ettari devastati, un intero bosco di rarissimi pini d'Aleppo
distrutto per fare spazio a 80.000 metri cubi di cemento: è il complesso
residenziale Baia Punta Licosa di Montecorice, in provincia di Salerno. Una
vicenda lunga oltre vent’anni, nella quale, come capita spesso nel nostro
Paese, lo scempio edilizio si fonda anche su concessioni e licenze
“regolarmente” rilasciate, che determinano un lunghissimo strascico
giudiziario. Ultimo atto, il 3 maggio scorso, quando il Comune ha emanato
una ordinanza di demolizione delle opere costruite abusivamente entro 90
giorni, sulla base di una sentenza passata in giudicato emessa dal
Consiglio di Stato.
Villaggio Coppola: un paese abusivo
Dune mobili e una splendida pineta di proprietà demaniale costituivano la
cornice di uno stupendo paesaggio unico nel suo genere: si presentava così
il litorale domiziano in provincia di Caserta. Ora su quella dune c'è un
“paese privato” di oltre 15 mila abitanti, il Villaggio Coppola
“Pinetamare”, un mostro di pietre e cemento lungo quattro chilometri
costituito da otto grattacieli identici di dodici piani, con almeno ottanta
appartamenti l'uno, 1300 posti auto, hotel e residence, pizzerie e
rosticcerie, un porto privato per seicento posti barca, una chiesa e un
cinema. La lottizzazione risale ai primi anni '60. A realizzarla fu la
Società immobiliare Fontana Blu di proprietà dei fratelli Coppola, di
Aversa. Nel 1995 scattano i sequestri disposti dal sostituto procuratore
Donato Ceglie, inizio di una lunga vicenda giudiziaria che non ha ancora
visto la parola fine. Nel frattempo le ruspe (pagate da chi aveva costruito
abusivamente) hanno terminato d’abbattere la sopraelevata del Parco
Saraceno, 800 metri di asfalto abusivo che collegavano la darsena con le
strade principali. Una nuova primavera per il Villaggio Coppola, sul quale
pendono ben 165 procedimenti penali, è iniziata. Ma il progetto di recupero
del Villaggio Coppola non si deve fermare: una torre è già stata abbattuta,
ma occorre demolire le altre sette torri abusive e dare corso al progetto
di riqualificazione dell’intera area.
Lo Spalmatoio di Giannutri
Una lunga fila di fatiscenti immobili in cemento armato per circa 11 mila
metri cubi, fa bella mostra di sé da oltre dieci anni nell'insenatura dello
Spalmatoio a Giannutri, isola che fa parte del Parco nazionale
dell'Arcipelago Toscano. Delle costruzioni, iniziate negli anni Ottanta
dalla società Val di Sol e poi interrotte, rimangono oggi alcuni scheletri
in cemento e qualche villetta in completo stato di abbandono. Dopo oltre
dieci anni di oblio, la nuova società che ha acquisito gli immobili ha
chiesto al Consiglio direttivo dell'Ente Parco il nulla-osta per
“recuperare” il complesso. L'Ente Parco è in attesa di documentazione
aggiuntiva dal Comune del Giglio (nel cui territorio rientra Giannutri) per
chiarire una vicenda che presenta diversi lati oscuri.
Il complesso residenziale di Fossa Maestra
«A trenta metri dall'incantevole spiaggia di Marina di Carrara, la Società
Casa Fiorita 2 sta costruendo un complesso immobiliare denominato Residence
Paradiso, formato da tre piccoli gruppi di ville a schiera immersi nel
verde»: così nel dicembre del 1992 veniva pubblicizzato su alcuni giornali
la costruzione del complesso residenziale di "Fossa Maestra", in un'area
dove il Piano regolatore prevedeva "attrezzature collettive balneari". Il
circolo Legambiente di Carrara nell'aprile '93 ha presentato un esposto
alla magistratura; nel luglio '95 il pretore ha condannato i responsabili a
20 milioni di multa «per aver realizzato un albergo in contrasto con quanto
previsto dal Prg e per aver realizzato l'edificio in difformità rispetto
alla concessione edilizia rilasciata dal comune». La sentenza è stata
successivamente confermata in Cassazione. Sono passati quattro anni ma lo
scheletro è ancora in piedi, impedendo ogni possibilità di ripristino e
recupero dell'area umida.
Lo "scheletrone" di Palmaria
Circa 10 mila metri cubi di cemento incombono sul paesaggio del Parco
Regionale delle Cinque Terre. Uno scheletro abusivo alto trenta metri nel
Comune di Portovenere di cui Legambiente chiede la demolizione e il
recupero dell'area, tra le più suggestive di Palmaria. La vicenda inizia
nel 1975 quando il Sindaco di Portovenere rilascia una concessione edilizia
per la realizzazione di un albergo e di un residence di 45 appartamenti,
con annessi servizi e infrastrutture. Nello stesso anno la Pretura blocca
la speculazione, mette sotto sequestro il manufatto e rinvia a giudizio i
titolari della società lottizzatrice, il Sindaco e l'impresa. La sentenza è
poi confermata anche in appello. Si attende ancora un intervento della
Giunta regionale.
L’Hotel Castelsandra nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diana
(Comune di Castellabate – Salerno)
Un nuovo ecomostro si aggiunge all’elenco. Un vasto complesso immobiliare a
destinazione alberghiera costruito su di una collina, nel cuore del Parco
nazionale del Cilento e Vallo di Diana. Siamo nel comune di Castellabate in
provincia di Salerno dove, a partire dalla meta degli anni Ottanta, in
assenza di qualsivoglia lecito titolo concessorio, in una zona
incontaminata soggetta a vincolo di inedificabilità e destinato all’uso
civico boschivo, è stato costruito l’Hotel Castelsandra. Il complesso
alberghiero è stato confiscato perché ritenuto oggetto di reinvestimento e
di riciclaggio di attività illecite e criminali da parte del clan
camorristico dei Nuvoletta. Tuttora è in corso, da parte del Commissario
straordinario del Governo per la gestione dei beni confiscati alle
organizzazioni criminali, il procedimento per individuare la sorte
dell’ecomostro di Santa Maria di Castellabate.
Le villette abusive di Piscina Rey a Muravera
Dopo una lunga vicenda giudiziaria fatta di appelli e riforme parziali di
sentenze, il 9 aprile 1999 la Corte di Cassazione ha confermato l’ordinanza
di demolizione per un complesso immobiliare di villette a schiera per
migliaia di metri cubi costruito in un’area ad uso civico lungo la costa di
Muravera. Dopo sette pronunce giurisdizionali non è stato ancora demolito
nulla.
Il “moncone in cemento armato” a Mondragone
Lungo il lungomare di Mondragone continua a fare bella mostra di se da
oltre vent’anni un moncone di cemento armato mai ultimato, un pontile
d’attracco che parte dalla terra ferma, attraversa l’intero arenile e si
protrae per qualche decina di metri nel mare. Il progetto originario
risalente al 1971, prefigurava un pontile di attracco per piccole
imbarcazioni, che si sarebbe dovuto addentrare per oltre 256 metri nel mare
e consentire così, anche, una gradevole passeggiata panoramica. I lavori
partiti agli inizi degli anni Ottanta non sono mai stati ultimati, non solo
per lungaggini tecnico-burocratiche, ma soprattutto per lo stop decretato
il 20 settembre 1990 dall’allora Ministro dei Beni Culturali e Ambientali
che ritenne l’opera incompatibile con la vocazione turistico-balneare
dell’area. Una colata di cemento senza futuro che continua a sfregiare e
deturpare il litorale: dopo la pronuncia del Consiglio comunale per
l’abbattimento si attende l’emissione dell’ordinanza di demolizione per
liberare il litorale dal moncone di cemento.