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ambiente: la terra e' una camera a gas



dalla stampa di lunedi 18 giugno 2001
Allarme dei geologi di Oxford: miliardi di tonnellate di metano minacciano
di accelerare il riscaldamento del globo
 
  La Stampa
 
  
  
 David Keys 
LE nuove ricerche geologiche e climatiche suggeriscono che il riscaldamento
del globo potrebbe accelerare molto più velocemente di quanto si pensi. Gli
scienziati hanno individuato quattro fattori chiave che finora non erano
stati presi in considerazione nei calcoli effettuati per prevedere la
velocità e l'entità dei mutamenti climatici futuri. Di questi nuovi
fattori, i primi tre riguardano i meccanismi che potrebbero portare al
rilascio nell'atmosfera di miliardi di tonnellate del potentissimo metano a
effetto serra, un materiale con una potenza riscaldante 60 volte superiore
a quella dell'anidride carbonica (CO2). Le ricerche geologiche e
paleontologiche oggi rivelano che 55 milioni di anni fa vi è stato un
periodo di caos ecologico e evolutivo provocato dall'emissione
nell'atmosfera di ben duemila miliardi di tonnellate di questo gas, a sua
volta causata dal riscaldamento del pianeta. Negli ultimi tre anni i
geologi dell'Università di Oxford, tramite ricerche effettuate nelle
Badlands del Wyoming e su campioni geologici del fondale marino prelevati
al largo della Florida e dell'Antartide, hanno raccolto prove che
suggeriscono che questo massiccio rilascio di metano sarebbe avvenuto in
tre fasi distinte e che la prima rapidissima fase, probabilmente un evento
unico, potrebbe essere durata solo pochi decenni o secoli e aver visto il
rilascio di circa 800 miliardi di tonnellate di gas! «È la prima volta che
la geologia è riuscita ad isolare un singolo evento di emissione di metano
in un passato così remoto, e solo adesso possiamo vedere che ruolo abbia
svolto nel processo globale di riscaldamento avvenuto in quell'era», ha
dichiarato Santo Bains del dipartimento di geologia dell'Università di
Oxford, capo della spedizione nelle Badlands. Ora alcuni scienziati
iniziano a temere che una serie di massicce emissioni di metano, innescate
dal riscaldamento del pianeta generato dall'uomo, possa spingere i sistemi
ecologici e l'umanità stessa verso la catastrofe. Una serie prolungata di
emissioni di grandi quantità di metano potrebbe far salire le temperature
molto rapidamente e in ultima analisi innescare processi di riscaldamento
in grado di far sciogliere una buona parte delle calotte polari, alzando
quindi il livello complessivo degli oceani di circa 2 metri ogni 100 anni.
Innanzi tutto, vi sono enormi quantità di metano intrappolate all'interno e
al di sotto del permafrost artico. Man mano che il riscaldamento fa
sciogliere le propaggini meridionali di quel sottosuolo fino ad oggi
permanentemente gelato, i composti ghiacciati di acqua e gas (idrati di
metano) in esso contenuti e il metano in forma gassosa, intrappolato al di
sotto, si sprigioneranno nell'atmosfera, facendo alzare ulteriormente la
temperatura del pianeta. E non è tutto: con l'innalzamento del livello dei
mar i, vaste aree del nord della Siberia e altre zone ora coperte dal
permafrost verranno inondate e quindi, relativamente riscaldate. In secondo
luogo, sotto i fondali marini delle piattaforme continentali del pianeta,
spesso vicino ai delta dei fiumi, si trovano enormi quantità di idrati di
metano raccolti nei sedimenti, oltre a metano in forma gassosa. In questo
caso non è solo la bassa temperatura che li mantiene stabili, ma anche la
pressione esercitata dallo strato di sedimenti geologici e di acqua
sovrastante: i principali eventi naturali attraverso cui il metano può
liberarsi in modo rapido e massiccio da queste riserve sotterrane e sono
gli smottamenti sottomarini, i quali scoprono i sedimenti gassiferi prima
sepolti, riducendo la pressione istantaneamente. Un terzo nuovo fattore,
ora studiato dai climatologi, è rappresentato dal fatto che il
riscaldamento globale potrebbe potenzialmente aumentare le probabilità di
franamenti sottomarini. Il riscaldamento globale crea un mondo in
prevalenza caldo e umido nel quale si verificano inondazioni erratiche: le
portate di molti fiumi probabilmente aumenteranno, così come l'erosione
fluviale e la quantità di limo trasportato, per cui i delta dei fiumi
saranno soggetti a maggiori pressioni. L'aumento della portata dei fiumi e
delle aree acquitrinose incrementerà l'emissione naturale di metano, in
questo caso tramite l'espansione delle paludi. Vi è un quarto fattore, non
strettamente correlato al metano, fino ad oggi trascurato dai climatologi.
Il clima di una delle regioni più importanti, il Bacino Amazzonico,
potrebbe inaridirsi, di conseguenza la foresta pluviale inizierebbe a
morire, accelerando il riscaldamento globale in due diversi modi: in primo
luogo la giungla, seccandosi, diventerebbe più infiammabile; in secondo
luogo la distruzione della foresta e la sua sostituzione con la savana
ridurrebbe la capacità del nostro pianeta di riassor bire l'anidride
carbonica. Biologi brasiliani, sotto la guida di Antonio Nobre,
dell'Istituto nazionale per lo studio dell'Amazzonia, hanno scoperto che la
giungla amazzonica sta sostanzialmente aumentando la propria biomassa in
risposta alle emissioni di CO2 da parte dell'uomo. In altre parole
l'Amazzonia sta rallentando l'effetto serra molto di più di quanto la
scienza non credesse. Se la giungla dovesse scomparire (come potrebbe
accadere tra il 2050 e il 2100), la sua scomparsa avrebbe conseguenze molto
più dannose del previsto. Sullo stesso argomento verte anche il lavoro
svolto da scienziati britannici, guidati dal climatologo Peter Cox
dell'Hadley Centre, il quale mostra una correlazione tra gli eventi causati
da El Nino e l'aumento del CO2 nell'atmosfera: la ricerca, ancora inedita,
evidenzia che i fenomeni come El Nino, riscaldando le superfici terrestri
nelle zone tropicali, incrementano l'attività dei microbi emettitori di CO2
presenti nel suolo, quindi un'intensificazione della frequenza di questi
fenomeni sarebbe destinat a ad aumentare il riscaldamento del pianeta. «La
nostra esperienza nello sviluppo di modelli computerizzati complessi del
sistema climatico globale è compatibile con quanto stiamo imparando
riguardo il clima nel lontano passato - dichiara Cox -. Sia i nostri
modelli al computer che i reperti climatici del passato suggeriscono che il
mutamento climatico indotto dall'uomo potrebbe essere molto più brusco di
quanto ipotizzato in passato e di più difficile adattamento». «Le nuove
prove riscontrate mostrano chiaramente che il metano ha avuto una funzione
fondamentale nel rapidissimo riscaldamento del pianeta avvenuto al termine
dell'era glaciale - dice il professore Euan Nisbet, paleo-climatologo del
Royal Holloway College di Londra -. Proprio studiando quell'evento potremmo
essere in grado di capire l'effetto del futuro riscaldamento globale
sull'Artico». Per scoprire che cosa attende la Terra.