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VAS: Documento congressuale 2001
Carissimi Amici,
Il documento che di seguito troverete è il documento di
presentazione dell'Assemblea Nazionale della nostra Associazione
, che si svolgerà a Roma, Domus Pacis, Via Torre Rossa, 94 nei
giorni 22 - 23 -24 giugno p.v.
Vi pregherei di riprodurlo e di farlo circolare al fine di fare riunioni e
assemblee partecipate e ricche di contenuti.
Cordiali Saluti
Guido Pollice
1. VAS: L'AMBIENTALISMO IN MOVIMENTO
Ci avviamo verso la nostra assemblea nazionale con una
consapevolezza del tutto nuova. Oltre alla coscienza e all'orgoglio
di aver dato vita ad una soggettività ambientalista del tutto inedita
nel nostro Paese, consegnamo alla discussione il profilo di una
associazione non più valutabile soltanto per le proprie potenzialità
e per la gran mole di lavoro sin qui realizzato ma per il ruolo che
essa ricopre attualmente nella società civile e nel panorama
dell'ambientalismo italiano, per i processi di trasformazione dei
quali è parte, per tutto ciò che di importante, insomma, è
concretamente impegnata a realizzare.
Così come a S.Giacomo in Paludo, l'isola di VAS nella Laguna
di Venezia, dove sono finalmente iniziati i lavori di consolidamento
degli argini e di ristrutturazione dei beni architettonici presenti,
anche per VAS è tempo
di aprire il cantiere del proprio
consolidamento e del salto di qualità associativo. La qualità della nostra
iniziativa di tutela ambientale ed il metodo rigoroso e puntuale attraverso
il quale è sostanziata fa di VAS un patrimonio ormai condiviso nell'im
maginario collettivo di migliaia di persone.
Trasformare il calore dell'affetto e l'abbraccio di solidarietà che
beneficamente ci circonda in scelta di condivisione concreta e fattiva con
VAS, costituisce l'impegno prioritario che dobbiamo dibattere e assumere
nella
nostra assemblea nazionale. Nel decennale della propria costituzione,
crescere per VAS equivale al decidere di farlo. Decidere cioè la chiusura
definitiva di una fase in cui abbiamo sperimentato nella quantità impression
ante delle
iniziative prodotte l'originale identità di VAS, ma che abbiamo coltivato e
proposto al Paese nelle forme organizzate di un Club amatoriale e non certo
di una Associazione nella quale poter
condividere percorsi, emozioni, valori, tensione etica, obiettivi e
decisionalità. Siamo con ciò ad un passaggio cruciale della nostra storia,
nel quale la sperimentazione in corso del nostro essere autenticamente
associa
zione coincide a tutti gli effetti con una rinnovata capacità di esprimere
una politica ecologista di movimento capace di coinvolgere inedite
soggettività, di sviluppare obiettivi unificanti, di proporre rinnovate
idealit
à che spingono gli individui a prendere nuovamente parte.
2. UNA "COALIZIONE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE"
Affrontiamo la nostra assemblea nazionale nel pieno della più grave crisi
alimentare dell'Europa moderna. Nutrirsi oltremisura ma nell'insicurezza di
ciò che si consuma, costituisce l'insostenibile paradosso per milioni d
i europei che non sanno più cosa poter
mangiare. Insufficienza e insicurezza alimentare si presentano come
risvolti di una medesima medaglia: quella di un modello di sviluppo che ha
operato per trasformare l'attività agricola in appendice della produzione
ind
ustriale, che ha manipolato il valore del cibo da bene primario a merce
indistinta dal valore speculativo.
Si è dovuti giungere a questo stadio di emergenza alimentare per assistere
al collasso di un modello che nell'insostenibilità ambientale delle
produzioni ha coltivato le condizioni della propria insalubrità. Le
proporzion
i del disastro realizzato nel tentativo di uniformare la terra ad una
catena di montaggio e le produzioni alimentari a quelle di un manufatto
sono condensate in un pugno di cifre: l'agricoltura in Europa conta solo il
2%
del PIL; gli addetti non raggiungono neppure il 5% sul totale degli
occupati; la spesa alimentare costituisce il 14% del bilancio familiare.
Con una agricoltura ridotta a poco più di nulla e con una spesa alimentare
pro-c
apite consistente negli spiccioli avanzati dall'acquisto del superfluo,
"mucca pazza" è proprio il minimo che ci potesse capitare.
2.1 Una nuova coesione sociale per la sicurezza alimentare
Cambiare radicalmente rotta costituisce un imperativo imposto dai fatti, ma
farlo con efficacia significa in primo luogo costruire una nuova coesione
sociale nel Paese, in grado di esprimere un consenso maggioritario vers
o scelte produttive eco-compatibili e di consumo consapevole che, in quanto
tali, non potranno esse né indolori né prive di contraccolpi. Pensare che
questo debba essere il principale tra i compiti della politica è senza
dubbio meritorio: sperare tuttavia che lo faccia costituisce solo una
remota speranza. La sotterranea disputa tesa a stabilire se la sicurezza
alimentare rappresenti un valore di centro-destra o di centro sinistra
rappres
enta purtroppo quanto la politica sia ancora molto distante dalla
percezione sociale del problema.
Si tratta di una percezione sociale che esprime sicuramente un allarme
generalizzato, ma anche una nuova consapevolezza sulla natura stessa del
cibo: anche per la maggioranza della
popolazione che abita gli ecosistemi di cemento e asfalto delle città o
delle metropoli il cibo non è più un prodotto privo di identità, la cui
storia coincide essenzialmente con quella dell'industria della
trasformazione
. L'insicurezza alimentare ha nuovamente reso consapevole la popolazione
del valore primario del cibo, del rapporto inscindibile che lo lega alla
terra e che è dalla natura delle relazioni instaurate con essa che si decid
e la produzione di salute
o di nocività.
Solo una grande Coalizione per la Sicurezza Alimentare costituita dal
comune operare del movimento ecologista, del mondo agricolo, dei
consumatori e da quella parte consapevole dell'industria agro-alimentare,
avrebbe le p
otenzialità per esprimere e rappresentare il
profilo di un nuovo patto sociale, per il quale l'agricoltore sia chiamato
ad assumere la duplice funzione di custode della sicurezza alimentare e
della sicurezza dei sistemi agrari,
ottenendo in cambio dalla comunità quote aggiuntive di reddito destinate al
sostegno di tali preminenti responsabilità. Un patto sociale capace infine,
di stringere nuovi legami di responsabilità con l'industria nazionale
della trasformazione agro-alimentare.
2.2. Gli attori del cambiamento
Intendiamo realizzare questo ambizioso progetto. Con gli amici di
Coldiretti, di COOP e della Confederazione Nazionale Artigiani, con i quali
abbiamo da tempo avviato un percorso di intensa e proficua collaborazione.
Chia
mando la disponibilità delle associazioni dei consumatori, dei colleghi
delle associazioni ambientaliste e di quelle del consumo equo e solidale.
Ciò che stiamo ipotizzando è la proposta di strutturare in via permanente
una Coalizione di associazioni, che si assuma la responsabilità di operare
per quella coesione sociale così
indispensabile per l'avvio di politiche coerenti con l'obiettivo della
sicurezza alimentare. Una Coalizione dotata di un profilo giuridico
proprio, di personale qualificato, di mezzi e di risorse adeguate e che
sappia, se
necessario, dar vita in proprio alla tanto attesa Conferenza Nazionale
sull'Agricoltura, la cui realizzazione è rimandata da anni; alla
formalizzazione di un testo di legge socialmente condiviso in materia di
fitofarmaci
, la cui discussione è
da anni ostacolata dalla lobby dell'industria chimica; alla verifica delle
attività, nella migliore delle ipotesi ignote, della miriade di Istituzioni
e Autorità pubbliche che, nonostante i precisi mandati, hanno utilizza
to i soldi del contribuente per tutto tranne che per garantirgli standard
di sicurezza alimentare; alla realizzazione di campagne, vere e non
artificiose come quelle promosse sin qui dalla Commissione UE, di
educazione al
imentare nelle scuole e nei quartieri. Dal canto nostro abbiamo sviluppato
nel corso degli anni un bagaglio di conoscenze e di esperienze vive e
concrete, che possiamo mettere da subito a disposizione per la comune realiz
zazione di questa impresa. Strutture d'eccellenza quali il "Comitato
OGM-FREE" piemontese o ambiti di elaborazione e di iniziativa come quelli
che si sono espressi attraverso l'azione del Circolo VAS di Parma, per
promuo
vere e sostenere la candidatura della città a sede dell'Authority Europea
per la Sicurezza Alimentare, che costituiscono una vera e propria fucina di
idee e di competenze.
3. VAS: OVVERO LA CRITICA AL MODELLO DI CIVILTA' BIOTECH
Il salto di qualità, che ha consentito alla nostra associazione,
nel breve volgere di un biennio, di passare dall'interpretazione di un
ruolo tutto sommato di nicchia dell'arcipelago ambientalista, alla
riconoscibilità p
ubblica di un ruolo di primo piano nella dinamica sociale del nostro Paese
è in larga misura dovuto all'intensità con la quale VAS è stata in grado di
proporre compiutamente la critica al modello di civiltà e di sviluppo
fondati sul nuovo paradigma biotecnologico.
3.1 Una nuova generazione di attivisti per i diritti genetici
Ciascuno dei successi che abbiamo pazientemente costruito, a partire dalla
piena comprensione di doverci misurare con una contraddizione epocale, è il
prodotto di una strategia di ampio
respiro, che ci ha indotto a guardare ben oltre la contingenza dei
risultati conseguiti, gestendone le positive ricadute al fine di
irrobustire lo spessore, la credibilità e i legami che ci uniscono alla
nuova generazione
di attivisti dei diritti genetici, che si mobilita in
rete, che popola le parrocchie e i centri sociali, e alle realtà più
avvedute del mondo agricolo, della trasformazione e della distribuzione
agro-alimentare. Di questa nuova e fresca realtà, nella quale l'impegno si
fonde
con nuovi legami di solidarietà e amicizia, con il desiderio di capirsi e
di costruire insieme, la nostra associazione è parte integrante, autorevole
e stimata. E non v'è dubbio che il più significativo dei risultati rec
entemente conseguiti da VAS, la sospensione in Italia -e fra breve anche in
Europa- della
commercializzazione di quattro varietà di mais OGM illegalmente
autorizzate, costituisce al tempo stesso un valore in grado di far luce
sulla natura nient'affatto testimoniale di questo fronte plurale.
Poiché per quanto siano influenti i colossi multinazionali dell'agricoltura
e dell'alimentazione transgenica, abbiamo concretamente avuto modo di
dimostrare che non sono affatto imbattibili ma possono essere sconfitti dal
la comunità civile, unitamente alle loro pretese di impossessarsi delle
caratteristiche genetiche del pianeta e di commercializzare una tecnologia
indesiderata, nient'affatto sicura, per nulla affidabile e in alcun modo e
conomica.
3.2 Oltre Seattle: un nuovo "caso italiano"?
Siamo con ciò parte di un fenomeno di trasformazione della società civile
le cui caratteristiche appaiono ben più avanzate di quelle ormai comuni
alla realtà internazionale, di cui Seattle ha rappreentato la radicalità de
i contenuti e l'insanabilità delle
contraddizioni in campo, proponendo i motivi strutturali di una feconda
alleanza planetaria fra le ragioni dell'ecologismo e quelle degli
agricoltori. Un'alleanza strategica che si è sviluppata affermando il nesso
inscind
ibile fra sostenibilità dello sviluppo e
sicurezza alimentare e che costituisce il motivo per rafforzare nella
gerarchia dei valori la centralità della tutela e della manutenzione del
territorio, in un rapporto di rinnovabilià delle risorse proprio di
un'agricol
tura capace di interpretare l'innovazione come
espressione delle tradizioni e la cultura e la storia dei luoghi come
valore aggiunto dei processi di produzione.
Il Patto promosso da VAS, Coldiretti, COOP, e Associazione dei Consorzi
Agrari, formalizza nei fatti la costituzione di un fronte economico e
sociale che, a partire dalla ristrutturazione dei processi produttivi, si
impeg
na a garantire l'assenza di OGM dai campi alla tavola. Ma è al tempo stesso
un Patto che afferma con chiarezza la volontà di scendere in campo con
tutto il peso della rappresentanza sociale dei suoi promotori, con l'obiet
tivo dichiarato di garantire al Paese standard ambientali e alimentari
degni della propria storia e della propria cultura e per ottenere dai
decisori politici scelte coerenti, a sostegno degli interessi collettivi in
gioco.
L'iniziativa congiunta con la quale VAS e COOP hanno denunciato la presenza
di ben due caratteristiche genetiche estranee e indesiderate nella soia OGM
commercializzata in Europa e diffidato le autorità italiane ed europe
e ad una immediata sospensione dal commercio di un alimento che non
presenta alcuna garanzia di sicurezza d'uso, ci dice dell'operatività di
una strategia associativa ostinatamente basata sulla costruzione di un
fronte di
interessi
convergenti. Una strategia la cui efficacia è misurabile dalla concretezza
degli obiettivi praticati, ma che al tempo stesso, sul campo, consente a
ciascuno dei soggetti che ne sono parte di sperimentare, su terreni sinor
a inesplorati, tutto il peso del del nuovo protagonismo sociale che si
propongono di esprimere nel Paese. E che insieme ai nostri interlocutori
stiamo sul serio provando a ricostruire una nuova possibilità di governo soc
iale sulle scelte importanti del Paese, ce lo dice proprio l'iniziativa
condotta sulla soia OGM. Con rigore scientifico e con altrettanto puntuale
dimostrazione dei fatti, VAS e COOP hanno consegnato
all'opinione pubblica e ai decisori politici, per la prima volta in modo
tangibile, le prove dell'inaffidabilità delle tecnologie transgeniche.
Per ironia della sorte, esattamente una settimana dopo, le chiacchiere, gli
isterismi, la demagogia, la strumentalità e l'approssimazione scientifica
sono state invece le modalità con le quali alcuni degli scienziati, ha
impresso la propria estraneità dalle scelte sociali condivise, proponendosi
nel ruolo di sacerdoti del trangenico e delle multinazionali che intendono
imporlo ad ogni costo.
4. I LAVORI IN CORSO DELL'ASSOCIAZIONE
Siamo perciò di fronte ad un appuntamento congressuale denso di aspettative
ma altrettanto carico di responsabilità. Poichè se è evidente che VAS è
giunta a ricoprire esattamente quel ruolo che ci eravamo prefissi all'att
o della nostra costituzione e ad essere parte di processi di trasformazione
della coscienza civile, che non abbiamo mai smesso di alimentare, a maggior
ragione non possiamo concederci di rinviare oltre la risoluzione dei
nostri problemi associativi. Problemi gravi e strutturali con i quali non
possiamo più convivere, ora che la responsabilità che ci è riconosciuta è
niente di meno quella di avere aperto la strada ad
una nuova stagione dell'ecologismo nel nostro Paese.
4.1 La fotografia di un miracolo
Da dieci anni in "mare aperto" VAS non ha fatto che remare, che investire
ogni sua risorsa, umana ed economica, nello sviluppo delle mille iniziative
nelle quali si è impegnata, proficuamente diciamo oggi, ma al prezzo di
aver sin qui rinunciato a consolidare sé stessa, con scelte capaci di
esprimere una qualità a tutti gli effetti associativa. Ciò che attualmente
rappresentiamo nel Paese possiamo quindi ben dire che è esclusivamente il f
rutto dell'impegno volontario dei nostri circoli territoriali e della
coesione di un gruppo dirigente che in VAS ci ha davvero creduto sino in
fondo. Il resto, semplicemente, o è precario o é frutto di
volontaristiche improvvisazioni. Non ci sono uffici stampa che veicolano le
nostre iniziative; non ci sono politiche di marketing a promuovere
l'immagine dell'associazione. Persino la campagna centrale di adesione è
condo
tta in modo poco più che artigianale.
4.2. Vas: un'associazione da condividere
Rispondere al bisogno di una reale e più efficace strutturazione attraverso
scorciatoie di tipo organizzativistico non sarebbe da noi.
I nostri problemi sono srtutturali ed è attraverso importanti scelte di
politica associativa che dobbiamo positivamente risolverli.
E' quindi con la complessità e l'estensione di ciò che rappresenta oggi VAS
che dobbiamo discutere, programmare e percorrere insieme il futuro
dell'associazione. A partire da questa nostra assemblea nazionale, che sarà
di
autentica svolta se sapremo condividere VAS con tutti coloro che la
considerano una ricchezza.
Una scelta associativa di condivisione che, per essere tale, dobbiamo avere
il coraggio di farla vivere nelle mani di un gruppo dirigente associativo,
locale e nazionale, fortemente rinnovato, espressione autentica di ciò
che VAS rappresenta nella realtà, prodotto di nuove assunzioni di
responsabilità alle quali dobbiamo chiamare le tante intelligenze a noi
vicine. Dobbiamo ripensare i luoghi della partecipazione alla vita
associativa com
e reali momenti
di incontro, di crescita collettiva, di voglia di condividere e di stare
bene insieme. Sapendo che i Circoli territoriali costituiscono il cuore
statutario dell'associazione, ma che è altresì necessario moltiplicare i luo
ghi della partecipazione rendendoli davvero
accessibili a tutti gli associati. Le tecnologie informatiche ce lo
consentono pienamente. La creazione di siti telematici in ogni realtà
regionale, la realizzazione di frequenti forum tematici e la progressiva
messa in r
ete dei nostri associati costituisce una scelta nel segno di una
associazione realmente partecipata.
L'autonomia giuridica e finanziaria delle rappresentanze regionali
dell'associazione costituisce il passaggio statutario fondamentale di
questo nostro processo di ristrutturazione e di consolidamento.
Con il decentramento delle responsabilità chiudiamo una fase fondata su di
un rapporto associativo di delega al centro nazionale per inaugurare una
stagione fondata sulla sussidiarietà fra associazioni regionali e centro
nazionale. Un rapporto di sussidiarietà nel quale il centro nazionale
rivesta la duplice funzione di direzione e di erogatore di servizi comuni,
e le associazioni regionali detengano in sè ogni decisionalità sulle iniziat
ive territoriali, sui progetti finanziati dagli Enti Locali, sulla campagna
di adesione territoriale, sulle iniziative di reperimento fondi. Quanto
prima saremo in grado di avviare questo processo e più velocemente il nuo
vo gruppo dirigente che emergerà dall'assemblea nazionale, avrà la concreta
possibilità di intraprendere il necessario potenziamento delle strutture e
dei servizi comuni dell'associazione.
4.3. Un salto di qualità per affrontare i nuovi conflitti ambientali
Stiamo nei fatti prefigurando un salto di qualità della struttura sociale
destinato a modificare profondamente le nostre abitudini e a migliorare la
stessa qualità delle relazioni fra i soci.
Completare in tempi ragionevoli questo nostro processo, è altresì la
condizione per affrontare con efficacia situazioni e realtà inedite per
l'ambientalismo e non solo del nostro Paese. Il modello della
concertazione, com
e pratica di una tutela ambientale contrattata, appare ormai al tramonto.
Lo è per l'inconsistenza dei risultati ottenuti, ma lo è ancora di più per
l'impossibilità di conciliare il contenuto eversivo di nuovi paradigmi,
come quello biotecnologico, che irridono al traguardo dello sviluppo
sostenibile.
5. RICICLO DELLE MATERIE E NON INCENERITORI
Libera dall'angusta visuale concertativa, la termocombustione dei rifiuti
emerge per quel che è nei fatti: un investimento economico ad altissima
densità di capitale, del tutto coerente con un modello speculativo che, non
ponendosi il problema dell'esauribilità delle risorse, risolve i problemi
di accumulo con la loro "scomparsa". Dal punto di vista del territorio e
degli attori sociali che vi operano e che lo popolano significa invece in
salubrità dell'aria e delle produzioni, significa perdere l'occasione per
utilizzare la stessa quantità di capitale per professionalizzare gli
agricoltori al riciclaggio e allo smaltimento differenziato delle risorse e
de
i mezzi tecnici impiegati, educare la popolazione alla separazione delle
materie di
scarto, impedendo insieme ad una nuova professionalizzazione ed a una nuova
educazione civica, l'incremento occupazionale nelle strutture produttive
dello smaltimento dei rifiuti. Le iniziative che VAS ha intrapreso per i
mpedire la disseminazione degli inceneritori
sul territorio non sono quindi solo il frutto di una contabilità ambientale
passiva, ma esprimono l'opportunità attraverso la quale un territorio si
riappropria di fattori di qualità del vivere civile e di una modalità de
l produrre capace di esprimere valore aggiunto
qualitativo. Un valore aggiunto che non può più essere estraneo neppure
alla cultura sindacale, la cui funzione sociale ha l'opportunità di porre
la questione del recupero delle materie
utilizzate nei cicli industriali come fattore qualitativo di competizione,
come modalità di innalzamento delle caratteristiche professionali degli
addetti e come occasione di ampliamento della base produttiva, nella consa
pevolezza che il traguardo di un modello economico sostenibile si misura
proprio dalla capacità di riutilizzare le materie impiegate nei processi di
produzione. E se é necessario far prevalere la cultura del riuso delle m
aterie, il
recupero di quelle pericolose è addirittura vitale. Farlo è concretamente
possibile come dimostra il successo di "ZERO/RUP", il progetto promosso da
VAS in collaborazione con
Federambiente, Confesercenti, Assofarm e cofinanziato dall'Unione Europea,
grazie al quale sono state sino ad ora recuperate 70, 652 tonnellate di
rifiuti pericolosi (medicine, pile, toner, accumulatori al piombo) raccolt
e in 1124 negozi e 405 farmacie di 20 città e con il coinvolgimento di 3,2
milioni di cittadini.
6. CAVIE DA ELETTROSMOG?
Il ruolo di primo piano che la nostra associazione è giunta a ricoprire
nella vertenzialità che si propone di contrastare e prevenire le dilaganti
forme di inquinamento elettromagnetico, desideriamo sottolinearlo come il
più bello fra i lusinghieri risultati ottenuti nella nostra storia recente.
E' il più bello perchè è il prodotto di uno straordinario impegno
volontario di associati che, con disarmante entusiasmo, si sono
letteralmente i
mpadroniti di un ufficio del
Centro nazionale di VAS per trasformarlo in centro operativo dal quale sono
stati in grado di mettere in rete decine di comitati locali; di elaborare
gli emendamenti più significativi alla legge sull'elettrosmog; di assic
urarsi le competenze volontarie di giovani e capaci avvocati; di
interlocuire senza alcun timore reverenziale con Ministri e Sottosegretari;
di vincere vertenze legali importanti come quella con l'emittente "Radio
Maria";
di chiamare in giudizio
niente di meno che "Radio Vaticana".
Il dilagare di nuove forme di inquinamento elettromagnetico, che vede la
nostra associazione tenacemente impegnata per ridurne gli impatti,
attraverso l'azione diretta di denuncia degli abusi e per ottenere una
legislazio
ne di reale salvaguardia della salute pubblica, è il tipico prodotto di
innovazioni tecnologiche che il governo della politica non è in grado di
governare se non in modo del tutto insufficente. Ponti radio collocati in ar
ee densamente popolate e antenne per la telefonia mobile installate a due
passi dagli asili nido sollecitano il ricorrente intervento dei poteri
sostitutivi della magistratura per disciplinare una materia pressochè ingove
rnata.
La lettura di questa realtà ci consegna gli strumenti necessari per
comprendere quanto l'innovazione, intesa come prodotto della "miglior
tecnologia attualmente disponibile" e come origine di un "rischio
accettabile", qua
nto inevitabile, non costituisce la semplice
proposta di un prodotto industriale, ma rappresenta il portato di una
gerarchia di valori che oppone frontalmente la cultura del liberismo
economico a quella europea.
Cosicché ciò che per il senso comune liberistico è considerato normale,
persino la valutazione "post-marketing" del rischio di una determinata
tecnologia, nella percezione sociale europea è
considerato semplicemente inaccettabile. E questo in virtù di una
percezione culturale, altrettanto radicata e socialmente condivisa,
che considera l'esercizio del controllo sociale della ricerca scientifica e
delle scelte tecnologiche, come uno dei requisiti qualitativi della
democrazia stessa.
7. DAI PARCHI DI CARTA ALLE AREE PROTETTE
Recuperare l'organicità della contraddizione ambientale che qui si propone,
significa anche cimentare la nostra associazione ad una rivisitazione di
tutta la problematica relativa alla istituzione e al ruolo delle aree na
turali protette, a partire da una ridefinizione dei
soggetti e degli obiettivi che si impone attarverso la corretta lettura dei
rapporti centro/periferia, dove il centro coincide con le aree urbanizzate
e densamente antropizzate e la periferia con le aree agricole e margin
ali. Poiché è innegabile che il limite di fondo che
si evidenzia nella scarsa capacità delle aree naturali protette di
conseguire gli obiettivi di tutela loro assegnati e di radicarsi
durevolmente nell'ambito territoriale di competenza sta proprio nella
inadeguatezza del p
resupposto che affida ai parchi ed alle riserve
naturali il ruolo di ambito ricreativo funzionale al mantenimento dei
processi di consumo del suolo e di degrado della qualità ambientale nelle
aree centrali dello sviluppo. E' dunque necessario rovesciare l'ottica nella
quale hanno finora operato le aree naturali
protette, a partire dai criteri di gestione che hanno enfatizzato il ruolo
politico degli enti locali, trascurando del tutto la rappresentatività
delle istanze sociali ed economiche della
comunità insediata, attive nella quotidiana azione di mantenimento dei
territori e dei paesaggi. Gli agricoltori, gli allevatori, gli artigiani
debbono essere chiamati ad un ruolo di gestione delle aree naturali protette
in un'ottica che garantisca la conservazione delle risorse e lo sviluppo
sostenibile delle comunità locali attraverso la riconoscibilità di un patto
tra Stato e comunità locali, laddove quest'ultime vengano riconosciute c
ome soggetti attivi di salvaguardia del territorio attraverso la
valorizzazione delle pratiche
ambientali tradizionali e l'incentivazione economica dell'azione di
presidio territoriale svolta dai soggetti economici locali, secondo lo
stesso meccanismo che consente allo Stato di incentivare la piccola e media
impres
a nelle aree urbanizzate.
8. EDUCARE A CONVIVERE CON L'AMBIENTE
Le ragioni dell'ambiente, la qualità della vita nelle aree urbane, il
recupero delle materie attraverso il riciclo dei rifiuti, gli scopi delle
aree naturali protette possiedono un potente veicolo di propagazione della
ed
ucazione ambientale all'interno delle scuole.
Oltre 400.000 sono i giovani studenti che hanno partecipato alle nove
edizioni di "Un Racconto per l'Ambiente", il Concorso promosso
dall'associazione ormai divenuto un punto di riferimento
imprescindibile nell'istituzione scolastica, destinato alle scuole di ogni
ordine e grado e che nel corso della propria attività ha favorito la
realizzazione di oltre cento microprogetti di tutela ambientale. Il fecondo
s
odalizio con la Green Cross International ha proiettato
"Un Racconto per l'Ambiente" in una dimensione internazionale condivisa in
dodici Paesi distribuiti in tutti i Continenti. Inoltre la disponibilità di
un vasto archivio di documentazione relativa alle diverse edizioni del
l'iniziativa, ha reso possibile la conduzione di studi, realizzati sulla
più alta campionatura mai analizzata, finalizzati alla valutazione dei
contenuti espressi nell'ambito del processo di apprendimento dell'educazione
ambientale. In
collaborazione con i docenti di VAS, la Facoltà di Psicologia
dell'Università di Milano ha analizzato circa 10.000 lavori, realizzati con
diverse tecniche espressive, ed ha recentemente concluso l'indagine
rilevando, come
principale e preoccupante evidenza dell'analisi condotta, la non diffusa
preparazione del corpo docente all'insegnamento dell'educazione ambientale,
che è risultata in maggior parte approssimativa, frutto di luoghi comun
i, priva di approndimenti e non in grado di trasmettere conoscenze corrette
sul funzionamento degli ecosistemi e sulle problematiche dovute
all'interazione umana con l'ambiente. Un tale risultato non può
lasciare indifferenti e chiama immeditamente in causa il modello
scolastico, che affida l'educazione ambientale alla sensibilità ed alla
preparazione di ogni singolo docente, senza con ciò preoccuparsi di
rivedere i model
li formativi, ad esempio i corsi universitari, destinati ai formatori, i
quali continuano ad essere impostati in modo tradizionale, per lo più senza
alcuna connessione diretta o indiretta, salvo specifici approndimenti di
pertinenza disciplinare, con le problematiche relative alla salvaguardia
dell'ambiente. I docenti, cioè, continuano ad essere formati da un sistema
universitario che non si adegua alle nuove
esigenze formative che la società affida alla scuola, lasciando
all'istituzione il compito di provvedere come può, magari affidandosi a
personale di eccellenza che pure non manca completamente nel panorama
nazionale dell'
insegnamento. Ciò deve impegnare l'associazione ad una vertenza nei
confronti del governo della scuola, al fine di ottenere una progressiva
valorizzazione del significato strategico che l'educazione ambientale
riveste nel
la
formazione dei giovani e per un addestramento permanente del corpo docente
impegnato nella trasmissione dei contenuti educativi.
9.CONTRO DISSESTO E DEGRADO URBANO RIPENSARE LE CITTA'
La realtà urbana italiana, nonostante i consistenti processi di
urbanizzazione avvenuti nel dopoguerra, è composta da 8.102 Comuni, tra i
quali 138 sono quelli con più di 50mila abitanti;
mentre sono solo 11 le città che contano una popolazione che supera i
200mila abitanti. Cinque o sei appena sono i centri o aree con una
popolazione superiore o vicina al milione di abitanti: Roma, Milano,
Torino, Paler
mo e Napoli. A queste si aggiungano gli ampi tessuti urbani che vanno a
comporre aree "metropolitane", una su tutte la realtà napoletana, quella
più problematica e critica dal punto di vista ambientale; o le aree del baci
no genoano.
Questo particolare aspetto dimensionale rappresenta un elemento
caratterizzante dell'Italia; in qualche modo potrebbe anche costituire un
fattore di mitigazione delle note critiche che possono avanzarsi riguardo
all'ambie
nte urbano. Altra considerazione da fare è la seguente: la dimensione dei
problemi che si possono prospettare, dovrebbe ancora permettere un
approccio localmente focalizzato.
Sembra opportuno individuare quali siano le caratteristiche che una città
deve offrire ai suoi abitanti affinché la qualità ambientale del centro
urbano possa essere considerata elevata? Alcuni obiettivi che ci si dovrebb
e porre al fine di una ottimizzazione della vita quotidiana: un'aria libera
da smog, una più bassa rumorosità, una migliore organizzazione dei servizi
in generale, una più corretta gestione dei rifiuti. La disponibilità d
i spazi verdi, intorno e dentro al contesto urbano, dovrebbe rappresentare
un impegno di tutti i cittadini e delle amministrazioni comunali che, a
livello locale, potrebbero riuscire a definire un contesto urbano verde di
qualità ed estensione adeguata, ottenendo luoghi la cui fruizione, in
termini di vicinanza, sarebbe nella immediata disponibilità dei più. Quanto
riportato si giustifica in base ad alcune indagini statistiche da cui risu
lta che il 56% delle famiglie dispone di parchi o giardini distanti a non
meno di 15 minuti dalla propria abitazione.
Da una verifica complessiva di quanto si è fatto negli ultimi decenni sui
tessuti urbani, può discendere l'idea di "nuovo spazio urbano" che non
dovrebbe più nascere dalle linee di sviluppo fino ad oggi applicate (industr
ia, uffici, residenza, servizi e -sul restante spazio-
il verde), ma da un differente approccio che si trova ad affrontare
spesso i problemi di una "città-regione" come parco complessivo in
cui introdurre ambiti produttivi più modesti e articolati con un
minimo impatto ambientale e i luoghi del risiedere con spazi verdi e
servizi adeguati, in quanto l'idea di città con i confini, il suo centro
storico con la Cattedrale e il Palazzo del Comune sono oramai un
reperto storico senza un aggancio con la realtà urbana
contemporanea.
Di fronte a questo stato della situazione urbana, alcuni parametri
possono essere i seguenti:
- Pensare la soglia di "accessibilità", la presenza, dei cittadini sul
territorio. Quanti possono ancora viverci, lavorare o risiedervi
temporaneamente. Solo con un " nuovo limite " si possono
predisporre in futuro dei piani non solo per il costruito e i servizi,
ma anche per i rifiuti, l'energia e i sistemi di collegamento efficaci;
- Pensare un nuovo spazio di minima abitabilità, oltrepassando
l'attuale situazione che vede la continua creazione di monolocali e
di piccoli spazi abitativi in prossimità di alcuni assi terziari o di
particolari nuove funzioni.
10.LA DISMISSIONE DEI SITI INDUSTRIALI
DISMISSIONE INDUSTRIALE: UN'OPPORTUNITA' DA NON
PERDERE
La questione delle aree industriali dismesse crediamo, in questi
ultimi 15 anni, sia stata ampiamente dibattuta e per chi non si è
occupato di dismissione va ricordato che stiamo trattando
un'operazione che investe quasi 60 milioni di mq. di aree industriali
non più usate nel paese e che economicamente valgono migliaia di
miliardi.
Complessivamente possiamo affermare che la dismissione a livello
metropolitano è un fenomeno diversificato: a livello nazionale, oltre
alle grandi aree dismesse strategiche di città come Milano, Torino,
Genova, Napoli e Roma che vanno trattate con una particolare
attenzione pianificatoria, troviamo delle dismissioni di media entità
e qui parliamo di aree che vanno dai 1.500 ai 3.000 mq.
Nelle vaste problematiche ambientali e territoriali crediamo
doveroso e opportuno, allora, aprire una finestra e un momento di
attenzione su di un patrimonio, mai indagato, di edifici produttivi,
strutture e infrastrutture di servizio lasciati sul "terreno" dalla civiltà
industriale.
Un passato che oggi possiamo chiamare di "archeologia industriale
o dei fossili del lavoro". Per molti anni, nel nostro paese la
definizione di archeologia industriale ha destato una certa
perplessità da parte di molti studiosi del fatto urbanistico e
territoriale.
Ecco, allora, come è importante riprendere il dibattito e lo studio
sulla fine della nostra industria. E' possibile, oggi, immaginare una
mappa dei monumenti industriali ?
Città come Roma, Torino, Genova, Napoli e Milano possiedono da
sole qualche migliaio di siti da sistemare. Roma ne ha ben 400 e
una rapida carrellata, in giro per l'Italia, può far risaltare le zone più
interessanti: le valli laniere del Biellese, l'area della seta del
comasco, i frantoi oleari del pugliese, le zone minerarie dell'isola
d'Elba e della Sardegna, i capannoni della Montecatini, l'area
Italsider di Bagnoli ,Italsider di Taranto, la Sir di Lamezia, di Reggio
Calabria. Ancora l'Eternit di Bari e di Siracusa, ecc.
Su questi edifici, siano essi opifici idraulici, fornaci, fabbriche
ottocentesche, novecentesche, o villaggi operai va posta
l'attenzione interdisciplinare di tutti i soggetti preposti alla
progettazione del tessuto urbano, questa è una fase irrinunciabile
per poter valorizzare e riqualificare correttamente.
Allora, cosa farne degli edifici e delle aree industriali non più usate?
Vogliamo occuparci in questa fase, di aree e di pezzi di città che
hanno delle potenzialità, come nel caso di Sesto San Giovanni o di
Bagnoli, e anche degli strumenti economici. Utile in questo lavoro è
l'esperienza di riuso fatta, in questo ultimo ventennio, in Germania.
11. VAS, LA POLITICA E LE ISTITUZIONI
Il rapporto che VAS intrattiene con la politica è il portato
trasparente della scelta che percorre i nostri programmi e la nostra
azione. Una scelta che è di riappropriazione di quelle prerogative
decisionali e programmatiche che la politica dei partiti, sempre più
circoscritta ad un ruolo di gestione istituzionale, non è più in grado
di assolvere, poichè è di fatto lontana dalla vita del territorio e dalla
conseguente possibilità di leggerlo e trasformarlo in chiave
sostenibile. Vittima o carnefice che sia, la politica dei partiti
esprime prevalentemente oggi il condizionamento di poteriforti,
economicamente influenti, portatori di interessi delocalizzati, la cui
vocazione speculativa condiziona il corto respiro delle decisionalità
e la spinge a scegliere in rapporto a convenienze immediate.
L'autorganizzazione degli interessi ambientali condivisi, la
riarticolazione dei legami fra gli
attori sociali interessati ai processi di sostenibilità è altresì il
contributo che la nostra associazione profonde al fine di ristabilire
occasioni, ambiti e luoghi di una decisionalità sociale che non solo
costituisce l'odierna possibilità di governo del territorio, ma è anche
l'unica e concreta modalità per organizzare e proporre, anche sul
piano dei rapporti di forza, scelte strategiche di governo su grandi
questioni di fondo, come quelle sin qui proposte, che di per sè
dalla politica dei partiti non sono vissute come priorità del proprio
agire. Emerge con ciò un rapporto di lineare lealtà con la politica
dei partiti, in primo luogo di profondo rispetto dei ruoli, dalla quale
ci aspettiamo che voglia con maturità accogliere anche i più aspri
dei conflitti che saremo all'altezza di proporre, come concreta
opportunità per tornare ad essere strumento essenziale di governo
dei problemi reali.
Partire dai problemi, ricostruire attorno ad essi nuovi legami sociali
e nuove forme di democrazia partecipata non è un compito facile,
ma è tuttavia il ruolo prioritario al quale è chiamato il movimento
associativo di cui siamo parte. In questa fatica, che è coerente con
la scelta di costruire una associazione sempre più radicata nei
problemi e nel territorio nazionale, non ci sentiamo affatto soli.
12. LA CARTA DELLA TERRA
La necessità di riorganizzare organicamente il pensiero e i soggetti
del nuovo ambientalismo sociale trova nella Carta della Terra,
redatta ad opera della Green Cross International, uno strumento di
proposizione internazionale, guidato proprio dalla spinta di
riunificare gli assunti di nuovi principi universalmente condivisi,
secondo lo spirito del diritto planetario che già venne fatto proprio
dalla Carta dei Diritti dell'Uomo. La Carta della Terra
costuisce di fatto una sintesi delle moderne garanzie che si
ritengono irrirunciabili in qualsiasi luogo del pianeta, in favore della
sostenibilità dello sviluppo, della sacralità della vita o della
invalicabilità del suo limite, a seconda della chiave di lettura
religiosa o laica che si ritenga di voler utilizzare. Ciò fa della Carta
della Terra uno strumento operativo, che fissa i criteri dell'esercizio
di un governo planetario, ritenuto
indispensabile alla necessità di uno sviluppo armonico delle
comunità umane in rapporto all'ambiente. Un governo planetario
che si pone in alternativa al caos mercantile sospinto dalla
globalizzazione liberista, che notoriamente non poggia su basi di
riflessione etica ma unicamente su una concezione utilitaristica
delle risorse. Assumere come associazione il profilo di questa
iniziativa significa in primo luogo disegnare una cornice entro la
quale
contestualizzare le singole azioni, in funzione della condivisione di
un più ampio orizzonte culturale, etico e morale.
La Carta della Terra diviene dunque il contesto entro il quale
esaltare la caratteristica fondante della nostra associazione, che si
è distinta nel panorama nazionale proprio a motivo della eticità
della sua azione e della sua modalità di agire l'ambientalismo, mai
scevro da
implicazioni di carattere sociale. Vorremmo operare affinché la
Carta della Terra potesse costituire nel nostro paese una concreta
occasione di incontro tra istanze etiche afferenti alla dimensione
del consumo ecosolidale, della cooperazione internazionale,
dell'agricoltura sostenibile, dei diritti genetici, dell'ambientalismo,
della produzione e della commercializzazione sociale delle
produzioni, delle più varie forme dell'impegno sociale, in una
cornice riconosciuta e condivisa di obiettivi comuni: il governo
sostenibile del pianeta.
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