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IL GENOMA E L'ANIMA
DA BOILER.IT DI SABATO 14 APRILE 2001
Il genoma e l’anima
di Pietro Greco
IL GENOMA UMANO sta diventando l’equivalente moderno e secolare
dell’anima? È nella costellazione di geni che compongono il suo Dna
l’”essenza” dell’uomo? A porre queste domande, anzi ad avanzare questa
provocazione, è stato, qualche settimana fa sulla rivista americana
Science, lo svizzero Alex Mauron, biologo molecolare e di bioetica, in
forze all’università della Scuola Medica di Ginevra. Domande tempestive.
Provocazione utile. Perché intorno al Dna umano e al suo recente
sequenziamento integrale sta nascendo una nuova metafisica: la “metafisica
genomica”, per dirla con Mauron. Una visione del mondo che individua nel
Dna, nuda ed essenziale, la nostra natura umana. Nella “metafisica
genomica”, infatti, il Dna è l’elemento fondante ed esaustivo dell’identità
di un’intera specie e di ogni suo singolo individuo. In questa visione, noi
siamo il nostro Dna. È il genoma che ci conferisce la nostra “umanità”.
Insomma, sostiene Mauron, il genoma è diventata la versione moderna
dell’anima. Anche se è un’anima secolare e persino materiale.
Il principio organizzativo di Aristotele
La “metafisica genomica” travasa sui media, talvolta in modo scomposto.
Quanti articoli leggiamo quasi ogni giorno sul “gene dell’intelligenza”,
sul “gene dell’omosessualità”, sul “gene dell’aggressività”, sul “destino
dell’uomo iscritto nei suoi geni”! La “metafisica genomica” è presente in
modo massiccio sui mezzi di comunicazione di massa. Ma non è un fenomeno
mediatico. Ha radici profonde. Come ricorda Alex Mauron, già Max Delbrück,
uno dei pionieri della biologia molecolare, notava una certa somiglianza
tra la nozione di “programma genetico” e il concetto, caro ad Aristotele,
di eidos, il principio organizzativo interno a ogni essere vivente.
E Tommaso d'Aquino, molti secoli dopo lo Stagirita, individuò una stretta
connessione tra il concetto greco e laico di eidos e il concetto, latino e
religioso, di “anima”, quell’entità spirituale che nella visione cristiana
modella la materia caotica nella forma tipica, altamente ordinata, di ogni
organismo vivente. Per Tommaso la “forma” (altro modo di denominare
l'anima) costituisce l'essenza stessa degli organismi viventi. L'elemento
che conferisce l'identità sia ai singoli che alla specie. Così le piante
hanno un'anima vegetativa, gli animali un'anima sensibile, gli uomini
un'anima intelligente. Naturalmente Tommaso, come Aristotele, non conosce
il concetto di evoluzione biologica. E quando pensa all'anima, quale
essenza e identità degli organismi viventi, la immagina pura, statica e
immutabile. Fuori dalla storia e dalle sue contingenze.
Molti secoli dopo, Charles Darwin ha dimostrato che nel mondo biologico non
c’è nulla di statico e di immutabile. Tutto evolve. Tutto è segnato dalla
storia. Tutto è storia. Non esiste un’essenza di cavallo, che informa di sé
tutti i cavalli del mondo. Esistono i cavalli. Ciascuno diverso dall’altro.
Ciascuno con una sua storia. Insieme formano una popolazione, la
popolazione dei cavalli, che a sua volta ha una storia evolutiva. Insomma,
con il naturalista inglese, l'idea di “essenza” scompare dalla biologia. E
con essa l'idea di anima. Che resta come idea squisitamente religiosa.
Un’idea che appartiene ai credenti.
Oggi però assistiamo a una sorta di ritorno dell’idea tomista di “anima”.
Recuperata, sostiene Alex Mauron, da molti pensatori cristiani, in
particolare cattolici, per rendere compatibile la visione scientifica della
vita con la tesi dello zigote-persona. Se, infatti, si ipotizza che il
genoma di ciascuno di noi contiene in sé la nostra identità, la nostra
essenza, allora diventa chiaro che nel momento in cui il nostro genoma si
forma, in quel medesimo momento ci siamo noi con tutta la nostra identità.
In tutta la nostra essenza. In quel momento c’è la nostra persona. In quel
momento c’è la nostra “anima”. E il momento in cui il Dna di ciascuno di
noi si forma è noto e ben definito: è all’atto della fecondazione della
cellula uovo da parte di uno spermatozoo, ovvero quando un filamento del
Dna paterno si unisce a un filamento del Dna materno per dar luogo al Dna
del figlio.
Ma è davvero così? La nostra personalità, la nostra persona è contenuta
tutta nei circa trentamila geni che costituiscono il nostro Dna? Beh, su
questo la gran parte dei biologi ha idee molto chiare. Non è così. Per
molte ragioni. Che proviamo semplicemente a elencare.
L’uomo è la sua storia
Le informazioni contenute nel Dna non hanno alcun valore assoluto, in sé.
Assumono valore quando il genoma dialoga con l’ambiente (cellulare ed
extra-cellulare) e risponde con alcune espressioni geniche a precisi input.
Senza gli stimoli dell’ambiente il Dna sarebbe un contenitore di
informazione congelata e indifferenziata. Gli stimoli ambientali
conferiscono un senso all’informazione genetica e alla sua espressione
nello spazio e nel tempo.
Le informazioni contenute nel nostro Dna non bastano, da sole, a far
sviluppare il nostro organismo. Occorrono altri linguaggi, occorrono altre
grammatiche: quelle della morfogenesi (che consente alla cellula iniziale
di differenziarsi in centinaia di cellule specializzate, organizzate a loro
volta in organi e tessuti); quelle del sistema immunitario (che consente
all’organismo di distinguere il sé dal non sé); quello del sistema nervoso
(che consente di apprendere, di ricordare e, almeno nel caso dell’uomo, di
avere coscienza di sé). Tutti questi sistemi si sviluppano attraverso un
dialogo incessante tra l’ambiente nucleare (il genoma) e l’ambiente
extra-nucleare. Nessuno di questi sistemi è interamente contenuto nel Dna.
Senza anche uno solo di questi sistemi non c’è persona. Non c’è un uomo.
Ancora. Questi l’insieme di questi sistemi biologici, informati
dell’ambiente e dall’ambiente, evolvono nel tempo. Cosicché una persona non
è solo un insieme complesso di sistemi, ma è anche e soprattutto la sua
storia. Unica e irripetibile. Unica e imprevedibile. Che egli, unico forse
tra tutte le specie viventi, contribuisce a determinare con le sue scelte
coscienti. Con il suo parziale, ma libero arbitrio.
L’uomo non è distillabile in un’essenza. L’uomo è processo. L’uomo è una
storia. L’uomo è la sua storia. L’idea che esista un elemento materiale, il
Dna, dotato dell’informazione necessaria e sufficiente a determinare una
persona, è pertanto un’idea di un riduzionismo e di un determinismo davvero
ingenui. L’idea che il Dna sia l’equivalente moderno e secolare dell’anima
è dunque priva di ogni fondamento scientifico. Ciò non toglie che essa
pervada i media e molti circoli intellettuali. Ciò non toglie che essa sia
un’idea vagamente pericolosa.