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new economy:ricerca:ora tocca alle proteine
da boiler.it di sabato 14 aprile 2001
E ora tocca alle proteine
La Myriad Genetics, di Salt Lake City, nello Utah, progetta di realizzare
un catalogo che riunisca tutte le proteine umane. Il tempo previsto per la
sua realizzazione è tre anni. Il catalogo dovrebbe contenere le oltre
trecentomila proteine prodotte dal Dna umano e le loro interazioni. Sarebbe
il primo grande passo di un’operazione colossale battezzata “Progetto
proteoma umano”: appena celebrato, il genoma è già il passato e ora la
ricerca è più che mai proiettata verso la prossima frontiera. Una sfida che
si rivela ancora più ardua. Ma se la ricerca si complica, ecco che le
grandi aziende si attrezzano e danno vita a nuove alleanze. L’ultima in
ordine di apparizione è quella fra la Celera, protagonista della corsa alla
mappatura del genoma umano, la Compaq Computer Corporation e i Sandia
National Laboratories. È tutto qui, sul vostro schermo.
Progetto proteoma umano
di Barbara Paltrinieri
2 aprile 2001: si apre a McLean una ridente cittadina dello stato della
Virginia, negli Stati Uniti, la conferenza Human Protome Project: genes
were easy. Un convegno ambizioso che raccoglie circa quattrocento nomi di
primo piano dello studio delle proteine e che in due giorni di seminari e
tavole rotonde propone di fare il punto sullo stato delle conoscenze.
4 aprile 2001: tre grossi gruppi biotech, la Myriad Genetics Inc., Hitachi
Ltd., Oracle Corporation, rivelano alla stampa l’intenzione di sequenziare
tutte le proteine umane. Per l’impresa verrà stanziato mezzo miliardo di
dollari.
9 aprile 2001: arriva da New York la notizia che in realtà la mappa del
genoma umano pubblicata sarebbe altamente incompleta. Secondo le
dichiarazioni di William Haseltine, amministratore delegato della società
Human Genome Sciences, rilasciate al Boston Globe, mancherebbero ancora
sessantamila geni all’appello. Una manovra commerciale, visto che Haseltine
lavora per un’azienda privata, o la natura del nostro genoma è ancora tutta
da svelare? E allora che cosa succederà a quello che già viene definito il
futuro, ossia lo studio delle proteine umane?
Anche se a prima vista potrebbe sembrare strano, gli scienziati non hanno
dubbi: vogliono descrivere tutte, ma proprio tutte, le proteine attive
nell’organismo umano. Un’operazione colossale ormai nota come “Progetto
proteoma umano”. E le notizie giunte nei giorni scorsi non lasciano dubbi:
il genoma umano è il passato e ora la ricerca è più che mai proiettata
verso la prossima frontiera. Così accanto ai simposi scientifici si trovano
le dichiarazioni di colossi dell’industria biotech che puntano sullo studio
del complesso corredo proteico umano. A fare da cornice a questo fermento
ci sono poi i dubbi istillati da alcuni esperti sull’esatto numero di geni
del corpo umano. Un fattore importante, determinante si potrebbe dire,
perché la mappa dei geni dell’uomo rappresenta un tassello fondamentale
nella composizione del puzzle proteico. Infatti le proteine altro non sono
che gli “esecutori” dell’istruzione codificata nel Dna: i geni stabiliscono
e le proteine obbediscono, si potrebbe anche dire. Per questo
nell’affrontare un problema come quello della caratterizzazione delle
proteine umane, è di basilare importanza la conoscenza della sequenza di
ogni gene, altrimenti il lavoro a carico dei biologi sarebbe maggiore di
quanto già non sia.
Ma quante sono le proteine umane?
L’alta barriera di complessità tecnico-scientifica superata con il Progetto
genoma umano, non è nulla al confronto di quello che attende la ricerca
biomedica con il proteoma umano. Come suggerisce il titolo scelto per il
convegno di McLean, è stato fatto il passo più semplice, il difficile deve
ancora venire. Ogni gene codifica per un numero variabile di proteine,
quindi se trentamila (o giù di lì) è il numero dei geni umani, quello delle
proteine potrebbe essere svariate volte maggiore, e c’è chi suggerisce che
sia tre o quattro volte di più. E sono proprio loro che guidano le diverse
funzioni organiche. Per questo molti scienziati non si sono scandalizzati
più del dovuto quando dagli Usa è arrivata la notizia che il numero di geni
dell’uomo era molto simile a quello di un moscerino. «Da tempo abbiamo
capito che in un solo gene esiste l'istruzione anche per diverse proteine»,
commenta Paolo Vezzoni, dell'Istituto di tecnologie biomediche avanzate del
Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) di Milano, «quindi è possibile che
il numero dei geni umani non sia tanto dissimile da quello di organismi
meno complessi. La natura è parsimoniosa, e costruisce bellissime cose con
il minimo indispensabile».
Dalle molte facce delle proteine i farmaci di domani
Nel contesto del Progetto proteoma umano, questo significa che il lavoro è
quanto mai arduo. Nelle ambizioni degli ideatori c’è l’idea di descrivere,
catalogare tutte le proteine umane, che non solo sono moltissime, ma
variano a seconda del tipo di tessuto, al contrario dei geni che sono gli
stessi in ogni cellula del corpo. In altre parole, per esempio, nel tessuto
muscolare vengono espresse solo alcune delle innumerevoli proteine
descritte dai geni, e questo perché i muscoli svolgono una particolare
funzione all’interno dell’organismo, quindi necessitano di proteine diverse
da quelle usate, per esempio, nel tessuto nervoso. Non solo. A seconda
della fase evolutiva della vita dell’individuo (infanzia, adolescenza, età
adulta) le proteine espresse cambiano, proprio per far fronte alle
necessità diverse del fisico.
Dal punto di vista scientifico questo complica la faccenda e rende
necessario agire su più fronti per giungere al risultato. Ma ne vale la
pena perché la ricaduta è enorme, sia sul fronte della salute umana che su
quello finanziario. Infatti la caratterizzazione delle proteine è la via
che molti descrivono per mettere a punto terapie sempre più potenti. E già
oggi sono la maggioranza i farmaci che agiscono direttamente su proteine,
bloccandone l’azione nefasta. Conoscere la struttura di tutte le proteine
che entrano in gioco nei diversi processi patologici significa avere in
mano una chance in più per contrastarli, quindi per curare l’individuo. E
questo vale anche per malattie oggi incurabili, come il morbo di Alzheimer.
Un progetto multidisciplinare
Un ultimo aspetto importante riguarda la multidisciplinarietà delle
ricerche. La scienza del futuro non può lavorare per comparti stagni. Il
Progetto genoma umano ha in un certo senso aperto la strada, mostrando che
oggi la ricerca biomedica si basa sulla sinergia di tante figure
professionali, con competenze tecnologico-scientifiche diverse, ma tutte
fondamentali. Chi potrebbe infatti negare il ruolo di primo piano svolto
dagli informatici e dai programmatori nel lavoro della Celera? E la stessa
cosa succede anche nei laboratori dove si stanno movendo i primi passi per
la descrizione e la catalogazione delle proteine umane. Si trovano biologi,
biotecnologi, ingegneri, chimici, bioinformatici e fisici, oltre a tutta
una serie di figure intermedie, con ruoli fondamentali, che si sono venute
delineando negli ultimi anni.
COI GENI E' STATO FACILE
intervista con Angela Bachi
di Barbara Paltrinieri
CONOSCERE UNO PER UNO i geni che risiedono nel nucleo delle cellule umane
è stata una conquista importante, ma ora ci aspetta un lavoro molto più
arduo. È quello che sembra dire Angela Bachi, giovane ricercatrice
italiana, oggi in forza al Dibit, il Dipartimento di biotecnologie della
fondazione San Raffaele di Milano. Lei, con due lauree in mano, una in
chimica e una in tecnologie farmaceutiche conseguite a Genova, ha fatto
rotta qualche anno fa verso Heidelberg, dove ha lavorato allo European
Molecular Biology Laboratory con quello che viene considerato il padre del
Progetto proteoma umano, Matthias Mann. Ma come confessa lei stessa, «sono
stata fortunata e a gennaio scorso sono potuta tornare in Italia e ho
portato con me il bagaglio di esperienza acquisito all’estero, soprattutto
nel campo della spettroscopia di massa (una tecnica fondamentale per la
caratterizzazione delle proteine, ndr)».
Dottoressa Bachi, cosa dobbiamo attenderci dal Progetto proteoma umano?
Dal punto di vista biologico, questo progetto permetterà di conoscere le
proteine implicate nei diversi processi organici, anche se io credo che
l’impatto maggiore sarà in ambito medico. L’impresa sarebbe proprio quella
di riuscire a svelare il meccanismo di molte patologie. Ma il lavoro che ci
attende è enorme
In che modo si pone questa nuova impresa rispetto al Progetto genoma umano?
La messa a punto della mappa del genoma rappresenta uno stadio fondamentale
da cui partire per la descrizione delle proteine. Proprio perché le
proteine altro non sono che l’espressione dell’informazione genetica e in
un certo senso eseguono le direttive stabilite nel Dna.
L’Italia che posizione ha preso nei confronti della post-genomica?
Ottima, io credo. Sono stati stanziati da parte del ministero della Ricerca
scientifica diversi fondi a favore dei progetti che seguono lo studio del
genoma umano, di cui il progetto proteoma è la naturale evoluzione. Certo
non sono paragonabili a quelli stanziati negli Stati Uniti, ma bisogna
anche considerare che in Italia sono ancora pochi i gruppi che ci lavorano
Lei crede che quello del proteoma umano si svolgerà come un progetto di big
science oppure sarà portato avanti da tanti gruppi separati?
Forse entrambe le cose. Ma il lavoro è davvero enorme. E poi io ritengo che
si debba fare una distinzione di fondo. Infatti, una cosa è la
catalogazione di tutte le proteine del corpo umano, che può essere utile,
ma da cui non si possono trarre informazioni relative alla loro
funzionalità. Un'altra cosa è invece studiare le proteine coinvolte nei
diversi processi fisiologici. Per esempio è interessante vedere le proteine
presenti nel tessuto di un organo malato e confrontarle con quelle espresse
nello stesso organo sano, per capire qualcosa in più dei processi alla base
della malattia. Gli stessi processi su cui poi si potrebbe agire a livello
di ricerca farmacologica.
È un po’ la stessa cosa che molti genetisti vanno predicando da tempo,
sulla mappa del genoma umano. Abbiamo un elenco di tutti i geni umani, ma
solo di un numero limitato conosciamo la funzione.
È proprio così. Con una piccola differenza per quanto riguarda le proteine
che, in qualche modo, potrebbe rendere le cose ancora più complesse.
Infatti, mentre ci possono essere funzioni organiche regolate da un unico
gene, le proteine lavorano quasi sempre “in gruppo”. Questo significa che
la descrizione di un’unica proteina non sarebbe altrettanto utile dello
studio dell’intero processo multiproteico. Per questo molti concordano sul
fatto che il risultato finale di maggiore interesse è proprio quello di
isolare e caratterizzare i network di proteine coinvolte in un determinato
processo fisiologico.
ANCHE LA CELERA SI RICICLA
di Sabina Morandi
NON SI È FATTO nemmeno in tempo a leggerlo che il “grande libro dei geni”
già passava di moda. A renderlo obsoleto non sono state le critiche di
quanti sottolineavano da anni i limiti della “genomania”, quanto le
scoperte stesse del Progetto Genoma. Che trentamila geni esprimano un
milione di proteine significa una cosa sola: il segreto della vita va
cercato altrove. E l’altrove dell’era post-genomica ha già un nome: si
chiama proteoma, ovvero l'insieme delle proteine prodotte da una cellula o
da un organismo in determinate condizioni ambientali. La nuova disciplina
si chiama infatti “proteomica funzionale” e le grandi aziende leader
mondiali della caccia al gene, si stanno rapidamente convertendo.
Se il Dna rappresenta il progetto che una cellula utilizza per costruire le
proteine, perché il progetto arrivi in cantiere è fondamentale l’mRna, o
Rna messaggero. E questo perché, sebbene ogni cellula dell’organismo
contiene tutto il materiale genetico, l’espressione genica, ovvero la
copiatura in mRna e la successiva traduzione in proteina segue complessi
meccanismi sia durante lo sviluppo che durante la vita adulta. Di fatto
alcuni geni non verranno mai espressi, altri verranno espressi solo in una
determinata fase dello sviluppo per poi tacitarsi per sempre, e altri
ancora verranno attivati in modo altamente selettivo, secondo quel
meccanismo noto come differenziazione cellulare.
Le grandi aziende si attrezzano
Tutte queste scoperte hanno condotto non solo ad abbandonare l’antico dogma
che stabiliva una corrispondenza univoca fra gene e proteina, ma hanno
fatto intravedere scenari estremamente articolati dei meccanismi cellulari
che intervengono nel passaggio fra progetto e messa in opera come
l’editing, la lettura a salti e l’elaborazione proteica che interviene
ulteriormente ad alterare la trascrizione. Si è scoperto che perfino la
“piegatura” della proteina, ovvero la sua struttura tridimensionale, può
comportare modificazioni di tale rilevanza da implicare la sopravvivenza o
la morte dell’organismo, anche se le sequenze di partenza sono identiche.
E se il mondo dei geni si rivela più complicato, ecco che le grandi aziende
si attrezzano e danno vita a nuove alleanze. L’ultima in ordine di
apparizione è quella fra la Celera, protagonista della corsa alla mappatura
del genoma umano, la Compaq Computer Corporation, il maggiore produttore
mondiale di computer, e i laboratori Sandia National Laboratories, di
proprietà del Dipartimento statunitense dell'Energia ma gestiti dalla
Lockheed Martin, nei quali è in funzione il supercomputer Linux più potente
mai installato finora.
Celera, Sandia e Compaq collaboreranno allo scopo di innalzare i limiti
della capacità di calcolo fino a centomila miliardi di operazioni al
secondo (cento TeraOps). La condivisione di alcune tecnologie di calcolo
sviluppate dai tre partner potrà consentire in futuro di raggiungere
l'incredibile traguardo dei mille TeraOps. La cooperazione è indispensabile
per fare fronte, con costi ragionevoli, allo studio del funzionamento,
della struttura e delle interazioni che si verificano a livello proteico
all'interno delle cellule, umane e non. Secondo gli esperti la proteomica
richiede infatti potenzialità di calcolo e di gestione dei dati
notevolmente più complesse rispetto alle tecniche di riconoscimento dei
pattern e di assemblaggio che sono servite per elaborare la sequenza del
genoma umano.
In campo anche le società del farmaco
Ma non sono solo le società genomiche come la Celera a tuffarsi nella
proteomica. Anche il farmaceutico vero e proprio stringe alleanze in vista
della nuova gara. Novartis Pharma e Geneva Proteomics, per esempio, hanno
stretto un’alleanza strategica sulla proteomica per lavorare alla scoperta
di nuovi agenti terapeutici, target e biomarker. Durante la collaborazione,
GeneProt analizzerà il profilo proteico di tre tessuti umani patologici
attraverso un approccio totalmente nuovo, al fine di individuare il ruolo
delle proteine nel processo patologico e per sintetizzare nuove proteine e
peptidi. Dal canto suo Novartis ha investito 43 milioni di dollari
diventando il primo partner farmaceutico di GeneProt.
L’interesse ruota intorno ad alcune molecole che sembrano promettere buone
funzionalità terapeutiche, come anche nuovi obiettivi cellulari che
Novartis potrà utilizzare dal punto di vista farmacologico, oltre a dei
biomarker che possono essere misurati direttamente e potrebbero essere
correlati alle patologie per misurare l’efficacia e gli effetti collaterali
delle terapie. L’accordo prevede che Novartis paghi dei diritti sul
proteoma – si parla di 41 milioni di dollari nel corso di quattro anni –
per ottenere l’esclusiva sulle molecole e le informazioni sui modelli di
espressione studiati.
Anche la Roche allarga i suoi interessi in questo campo. Già dall’anno
scorso ha dato il via, con circa dieci milioni di franchi svizzeri di
finanziamento, alla creazione di due centri specializzati, la cui attività
di ricerca andrà ad affiancarsi ai progetti proteomici a livello sia della
divisione Farmaceutici che Diagnostics. Le attività di ricerca dell’era
“post-genomica” saranno svolte nel centro di Basilea, dove è già presente
un gruppo di ricerca all'avanguardia in questo settore, e nel centro di
Penzberg, in Germania. Entrambe le nuove iniziative saranno guidate da
Hanno Langen, il ricercatore biochimico che, già dal 1997, dirige il gruppo
che si occupa di proteomica a Basilea. Il progetto di ricerca prevede lo
sviluppo di tecnologie di analisi proteica altamente sofisticate, in grado
di studiare simultaneamente migliaia di proteine e di assegnare a ciascuna
di esse il gene corrispondente. Il tutto, naturalmente, attraverso dei
supercomputer in grado di automatizzare i processi analitici.