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tre articoli su OGM



Questi tre articoli del "Il Manifesto" di oggi
         correlati tra loro penso che facciano luce sulla
         strategia della Monsanto nel tentativo di inquinamento
         delle produzioni agricole italiane tentato e che ha
         portato al sequestro delle sementi di Lodi.
         E' evidente che coltivando i campi con coltivazioni
         trasgeniche si rendano trasgeniche anche le
         coltivazioni vicine dei coltivatori biologici con il
         risultato allucinante evidenziato nel caso legale
         scoppiato in Canada. La politica criminale di Monsanto
         in Italia è quella dell'inquinamento voluto travestito
         da "errore" per metterci tutti davanti al fatto
         compiuto.


         Monsanto versus Schmeiser 
         TERRATERRA MARINA FORTI 
         Sembra una nuova versione della battaglia tra Davide e
         Goliath. Solo che qui ha vinto il gigante Goliath,
         impersonato dalla multinazionale dell'agro-biotech
         Monsanto, che ha trascinato in giudizio il piccolo
         coltivatore canadese Percy Schmeiser accusandolo di
         aver illegalmente piantato la sua colza geneticamente
         modificata.
         La sentenza emessa il 29 marzo dalla Corte federale di
         giustizia canadese lascia di stucco. Il signor
         Schmeiser è considerato colpevole di aver seminato nel
         1998 colza Roundup ready (quella modificata per
         renderla resistente all'erbicida Roundup della
         Monsanto), senza aver legalmente acquistato i semi
         dalla ditta proprietaria del brevetto, ovvero
         Monsanto. Secondo la sentenza, dovrà risarcire poco
         più di 15 mila dollari (ovvero i 15 dollari per acro
         che Monsanto chiede a chi acquista le sue sementi),
         oltre ai danni secondo una somma ancora da negoziare
         tra le parti: potrebbe ammontare a 75mila dollari
         (l'azienda chiedeva anche una pena "esemplare" di
         25.000 dollari come deterrente verso altri
         coltivatori, ma almeno questa richiesta è stata
         respinta dalla corte).
         Eppure Percy Schmeiser, 70 anni, non ha mai piantato
         colza Roundup ready nella sua fattoria nel
         Saskatchewan, stato della grande pianura centrale del
         Canada. Ha dichiarato che se il suo raccolto del 1998
         è risultato in gran parte resistente all'erbicida è
         perché le sue piante sono state impollinate dai campi
         circostanti, coltivati a colza transgenica (circa il
         40% dei farmers del Canada occidentale coltivano colza
         geneticamente modificata). Che i pollini volano è cosa
         ben nota. La cosa preoccupante è che il giudice non ha
         considerato falsa l'autodifesa del coltivatore: solo,
         ha sentenziato che Monsanto è proprietaria del
         brevetto sui geni inseriti in quella colza, e che
         l'agricoltore è oggettivamente responsabile della
         coltivazione, anche se non ha piantato i semi
         transgenici di proposito.
         La faccenda è tanto più paradossale perché Percy
         Schmeiser è uno dei piccoli coltivatori che non
         volevano varietà transgeniche: lui l'inquinamento dei
         pollini l'ha subìto, non ha mai usato Roundup, non ha
         tratto alcun beneficio dalla colza modificata. Nel '98
         ispettori della Monsanto sono andati nei suoi campi,
         senza permesso, per prelevare campioni del raccolto
         quasi pronto: prassi di routine per la multinazionale
         con sede a St. Louis (Missouri), ossessionata
         dall'idea che gli agricoltori conservino e ripiantino
         i semi delle sue varietà transgeniche, cosa
         esplicitamente esclusa dal contratto di "cessione di
         tecnologia" che gli acquirenti devono firmare quando
         comprano la semente brevettata. Così la multinazionale
         di St.Louis ha già avviato centinaia di cause analoghe
         a quella che sta mandando in rovina il piccolo
         coltivatore del Saskatchewan.
         "Potrei perdere tutti i soldi che io e mia moglie
         abbiamo risparmiato lavorando una vita", ha commentato
         amareggiato Schmeiser, che si è già giocato buona
         parte del fondo pensione per le spese legali. "Ho
         perso 50 anni di lavoro perché i semi transgenici di
         quell'azienda sono entrati nella mia colza,
         distruggendo ciò per cui ho lavorato, e per di più ora
         mi citano per danni" (www.percyschmeiser.com).
         I rappresentanti di Monsanto si sono detti
         "gratificati" dalla sentenza, leggiamo sul quotidiano
         canadese The Toronto Star: "Questa decisione significa
         che aziende come la nostra possono continuare a
         investire in importanti ricerche in Canada, sapendo
         che i nostri diritti saranno rispettati".
         Quella sentenza è un pericoloso precedente, nota
         Greenpeace: invece di risarcire chi si ritrova dei
         raccolti contaminati dalle varietà geneticamente
         modificate, la proprietaria dei brevetti transgenici
         chiede i danni. Schmeiser è "una vittima
         dell'inquinamento transgenico", aggiunge Rafi (Rural
         Advancement Foundation International, organizzazione
         per lo sviluppo rurale che ha sede in Canada): "E'
         come dire che la tecnologia Monsanto diffonde una
         malattia a trasmnissione sessuale ma sono gli altri
         che devono mettere il preservativo". 

         Mandante a chi?
         MONSANTO L'incendio: scambio di accuse tra azienda e
         ministro 
         LUCA FAZIO - MILANO 

         Incendio alla Monsanto Italia di Lodi: chi sono i
         mandanti? Non è la domanda del giorno dopo, è una
         insinuazione pesantissima. Il primo a ripartire
         all'attacco è il ministro per le politiche agricole,
         Alfonso Pecoraro Scanio, che in dirittura d'arrivo
         (tra poco si vota) ha deciso di non andare tanto per
         il sottile: "Bisognerebbe conoscere i veri mandanti",
         ha insinuato ieri il ministro verde. La replica di
         Monsanto, cortese e stizzita, restituisce
         l'insinuazione al mittente: "Non commentiamo la
         dichiarazione del ministro - ci dice un portavoce
         della multinazionale - in quanto rappresenta solo una
         sua lettura degli eventi. E' in corso un'indagine da
         parte dell'autorità di polizia che stabilirà come si
         sono svolti i fatti. Certamente anche noi siamo
         interessati a sapere chi è stato e chi sono gli
         eventuali mandanti". La polizia per ora non aiuta a
         risolvere il quesito: "Stiamo indagando in qualsiasi
         direzione - dice Maria Luisa Pellegrino, dirigente
         Digos della questura di Lodi - e non stiamo escludendo
         alcuna ipotesi".
         Visto che la traduzione del feroce scambio di battute
         a distanza più o meno corrisponde a un "siete stati
         voi, no sei stato tu", è più che legittimo tornare sul
         luogo del delitto. La multinazionale, ufficialmente,
         non ha intenzione di riparlare dell'incendio ma un suo
         portavoce invece sì. I punti oscuri sono più di uno.
         Se gli attentatori si sono introdotti di notte
         significa che qualcuno ha visto: come mai i pompieri
         sono stati chiamati con ore di ritardo, intorno alle
         8? "Nessuno di noi ha indicato l'ora. Senza dubbio
         tutto è successo prima delle 7,45, orario di ingresso
         degli operai. Comunque non è un'azione che richiede
         solo 5 minuti, si sono aggirati in magazzino, hanno
         sparso liquido infiammabile in quattro punti, hanno
         lasciato una scritta". E con due cani alle calcagna è
         possibile soffermarsi per tutto quel tempo? "Ci sono
         due cani lupo e probabilmente gli attentatori sono
         stati visti solo in uscita e non quando sono entrati,
         fuori dal magazzino sono state trovate tracce di zampe
         e di scarpe". E il portinaio non si è accorto di
         nulla? "Sta a 400 metri dal retro dello stabilimento,
         la postazione si affaccia sulla statale, è possibile
         che non abbia sentito". Infine è strano (e su questo
         punto concorda anche la dirigente Digos) che nessun
         "ecoterrorista" abbia ancora rivendicato l'azione:
         "Non abbiamo mai parlato di ecoterroristi - ci dice
         ancora il portavoce - abbiamo detto che ciò che è
         successo è il frutto di un clima creato attorno
         all'azienda". Tesi, quest'ultima, che ieri ha fatto
         infuriare Grazia Francescato (Verdi) intenzionata a
         denunciare Monsanto colpevole a suo dire di
         "dichiarazioni gravissime a danno di chi sostiene il
         principio di precauzione in materia di ogm".
         Sulla vicenda si inserisce un altro scambio di battute
         a distanza, più cortese ma non troppo. Quelle tra il
         politico Pecoraro Scanio e il ministro della sanità,
         lo scienziato Umberto Veronesi, chiamato direttamente
         in causa da Jean Michel Duhamel, presidente di
         Monsanto Italia. A Veronesi, che in relazione
         all'attentato ha paventato il rischio "oscurantista",
         Pecoraro Scanio ieri ha mandato a dire che "è un vero
         oscurantista chi fa della scienza una specie di
         dogma". Secondo il ministro verde le biotecnologie si
         possono ben adattare alla ricerca medica, ma non
         all'agricoltura. Il grande oncologo è di un altro
         avviso: "Gli ogm sono uno strumento per migliorare
         geneticamente le cellule e rientrano nel grande futuro
         delle biotecnologie". Affermazione che ogni giorno
         continua a trovare nuove conferme, anche più o meno
         lecite: l'associazione Verdi Ambiente e Società ha
         scoperto un nuovo carico illegale perché contaminato:
         379,86 quintali di mais transitavano a Genova,
         provenivano dagli Usa, erano destinati alla Sivam di
         Lodi.

         GENETICAMENTE MODIFICATI
         Esperti, ma di chi? 
         ROCCO QUINDICI 

         Decisamente sono tempi duri per gli ogm. Non ci
         riferiamo qui all'incendio in un magazzino italiano di
         Monsanto, quanto agli eventi che precedono: la
         gigantesca multinazionale del settore è accusata di
         aver importato in Italia in modo non autorizzato
         semente di soia transgenica, e rischia la licenza. Ma
         ecco che di fronte a tale accusa scendono in campo gli
         "esperti indipendenti", luminari che dall'alto del
         loro disinteressato sapere tranquillizzano il popolo,
         piuttosto imbufalito, dei consumatori: dal ministro
         Veronesi al professor Poli, direttore dell'istituto di
         microbiologia e immunologia veterinaria di Milano.
         Ora, proprio sulla soia transgenica, si stanno
         riversando fosche nubi: in breve, Monsanto è accusata
         di aver "omesso" dati (trovati da Barbara Keeler: la
         denuncia su Whole Life Times, agosto 2000 e The
         Konformist, 31 ottobre 2000) che dimostrano come la
         soia in questione contenga livelli anomali
         dell'inibitore della tripsina di lectina: due sostanze
         responsabili di diminuire l'accrescimento. Anche le
         mucche nutrite con soia ogm producono latte più grasso
         del normale. E questo senza contare i tre casi di
         shock anafilattico che sarebbero stati registrati
         negli Usa, insieme a un'altra decina di casi meno
         gravi, per l'ingestione del mais StarLink finito per
         "errore" negli alimenti destinati agli umani. Tutto
         considerato "verosimile" dal rapporto di una
         Commissione governativa degli Stati uniti.
         Ma allora, chi sono questi esperti indipendenti?
         Perché non ci dicono tutta la verità? Possiamo
         fidarcene? In affannosa ricerca di risposte, proviamo
         a fare un giro nel sito web di Novartis, altra
         multinazionale proprietaria di brevetti su ogm che ora
         sta passando tutto il business (in perdita)
         dell'agro-biotech a Syngenta, una sorta di società a
         perdere formata in coppia con AstraZeneca. Così alla
         pagina www.novartis.it/biotecnologie/esperti.htm
         troviamo in bella evidenza i nomi degli "Esperti della
         Novartis".
         Al numero 12 dell'elenco (in ordine alfabetico) c'è il
         sunnominato professor Giorgio Poli. E' in brillante
         compagnia: spicca il nome del nazional-popolare Nobel
         Renato Dulbecco, e del meno famoso, ma più attivo
         professor Edoardo Boncinelli. C'è anche il professor
         Arturo Falaschi, direttore del Centro internazionale
         di ingegneria genetica e biotecnologie di Trieste, un
         organismo del sistema Onu, e di Elke Anklam del Centro
         comune di ricerche della Ue che ha sede a Ispra
         (Varese). Qual è il problema? Che sarebbe meglio se
         questi signori ci dicessero pure di essere "Esperti"
         di una delle maggiori imprese del settore quando ci
         informano delle loro opinioni sulle prodezze delle
         biotecnologie. Nella lista compare anche il professor
         Leonardo Santi, organizzatore del ben noto Tebio di
         Genova e presidente del Comitato nazionale per la
         biosicurezza e le biotecnologie, organo consultivo
         della presidenza del consiglio dei ministri. Forse non
         è molto carino che a presiedere un'assise di tale
         livello sia un esperto della Novartis, ma in fondo la
         "Commissione Santi" è solo un organo consultivo.
         Assai più delicata pare la presenza tra gli "Esperti"
         della dottoressa Marina Miraglia e del professor
         Luciano D'Agnolo, entrambi dell'Istituto superiore di
         sanità. Sono infatti membri della Commissione
         interministeriale per le biotecnologie (Cib), che è
         l'organo istituzionale che concede l'autorizzazione
         agli usi, sperimentali e commerciali, di ogm in
         Italia. In particolare, sembra piuttosto grave che il
         professor D'Agnolo sia qualificato nella lista della
         Novartis proprio come membro della "Commissione
         Interministeriale di Coordinamento per l'attuazione
         delle normative Cee in materia di biotecnologie", la
         Cib di cui sopra. Hanno mai detto, Miraglia e
         D'Agnolo, ai loro colleghi Cib, di essere "Esperti
         Novartis"? Se non l'hanno fatto, sarebbe ora che lo
         facessero. Se l'hanno fatto, sarebbe ora che la Cib
         chiarisse a tutti la sua effettiva composizione.