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quando finiranno gas e petrolio



da la stampa - tutto scienze di mercoledi 21 febbraio 2001

 
LA LEZIONE / IL FUTURO DELL’ENERGIA
 
  Quando finiranno gas e petrolio
 
 Come il mondo si prepara a sostituire i combustibili fossili
 
  
 Gian Angelo Vaglio

NEI mesi scorsi si sono verificati ripetuti aumenti del costo del barile di
petrolio e del rapporto dollaro/euro che hanno provocato un sostanzioso
incremento della bolletta energetica. Evidenti ripercussioni si sono avute
sulle vicende economiche mondiali, poiché i combustibili fossili -
petrolio, carbone e gas naturale - continuano ad essere la fonte principale
dell'energia prodotta in tutti i paesi. Nonostante le inversioni delle
ultime settimane e nonostante la percentuale di energia prodotta dai
combustibili fossili sia in lieve diminuzione (da 86 percento nel 1973 a
circa 80 nel 1997), ci sono due buone ragioni per ridurre drasticamente
questa dipendenza nel medio termine. L'Agenzia Internazionale per l'Energia
(IEA, International Energy Agency), fondata nel 1974 come forum per il
coordinamento delle politiche energetiche dei paesi più industrializzati,
stima che la quantità di petrolio estraibile dai giacimenti finora scoperti
raggiungerà il suo massimo nel 2014 e poi gradualmente diminuirà. 
Queste previsioni sono fatte sulla base dei consumi attuali e dei
prevedibili incrementi di richiesta da parte dei paesi in via di sviluppo
di Asia, Africa e America Latina. Le riserve di gas naturale dovrebbero,
invece, durare ancora per settant'anni e quelle di carbone per circa 200.
Forse queste date slitteranno per la scoperta di altri giacimenti o per
nuove e più economiche tecnologie di estrazione, ma situazioni critiche
potranno verificarsi anche prima, quando la richiesta di petrolio supererà
costantemente l'offerta. 
La seconda ragione deriva dal contributo, attualmente del 92 per cento,
derivante dall'uso di combustibili fossili per produzione di energia alle
emissioni nell'atmosfera di diossido di carbonio, CO2, ritenuto il maggior
responsabile dell'effetto serra e dei cambiamenti climatici. Questa
percentuale deve essere ridotta, entro tempi determinati, ai livelli
stabiliti nel 1997 dal Protocollo di Kyoto. Ciò può essere ottenuto con la
produzione, entro il 2010, da parte dei paesi dell'OECD (Organisation for
Economic Cooperation and Development) del 35 - 40 percento del loro
fabbisogno energetico da fonti diverse dai combustibili fossili. 
Tra queste fonti alternative non sarà certamente l'energia nucleare ad
avere un ruolo fondamentale. Infatti, il nucleare, pur avendo fornito nel
1997 un contributo del 6,6% alla produzione mondiale di energia
(percentuale che sale al 10,6 nei paesi OECD), è destinato al declino: le
stime dell'IEA prevedono una riduzione al 5,8 percento nel 2010 e al 4,4
percento nel 2020. I processi nucleari possono generare elevate quantità di
energia senza emissioni di CO2, ma problemi ambientali legati allo
smaltimento delle scorie radioattive e problemi di sicurezza hanno spinto
molti paesi a ridurre la fiducia negli impianti nucleari. 
Le fonti di energia alternative ai combustibili fossili, accettate
dall'opinione pubblica, sono chiamate energie rinnovabili e comprendono un
ampio spettro di tecnologie diverse che vanno dall'utilizzo della biomassa,
alle celle a combustibile, all'energia idroelettrica, geotermica,
fotovoltaica e a quella generata da onde e correnti marine e dal vento. I
paesi dell'Unione Europea prevedono di raddoppiare, entro il 2010, la quota
di energia rinnovabile portandola mediamente dal 6 al 12 percento
dell'energia prodotta. Anche gli Stati Uniti hanno programmato di aumentare
la quantità di energia rinnovabile prodotta, che fornisce attualmente il 12
per cento dell'elettricità richiesta. In particolare, negli Usa come in
Gran Bretagna, le ricerche sono volte nel medio termine all'incremento di
produzione di energia dalla biomassa vegetale, dai rifiuti inceneriti e dal
vento, mentre nel lungo periodo altre tecnologie, soprattutto le celle
fotovoltaiche, rappresentano la sfida più promettente. 
L'utilizzo dell'energia rinnovabile è ancora relativamente scarso per le
basse efficienze ed i costi decisamente più alti rispetto ai combustibili
fossili. Nel settore fotovoltaico le ricerche sono volte ad aumentare
l'efficienza di conversione in elettricità della luce solare sostituendo il
silicio con altri materiali, come arseniuro di gallio, fosfuro di indio e
tellururo di cadmio. 
Questi semiconduttori sono caratterizzati da bande di valenza e di
conduzione, coinvolte nella produzione di cariche elettriche e quindi di
corrente, con differenza molto vicina all'energia irradiata dal sole. Per
questa ragione celle ad arseniuro di gallio hanno raggiunto efficienze del
30% ma il costo del materiale è ancora tale da non renderle attualmente
competitive. Per quanto riguarda le celle solari al silicio, ulteriori
avanzamenti tecnologici hanno permesso di raggiungere efficienze del 18%
con il silicio policristallino, mentre la sostituzione con il silicio
idrogenato amorfo, molto meno costoso, ha dato efficienze del 13 per cento.
Dei 200 MW di potenza complessiva delle celle al silicio prodotte nel 1999,
circa il 20 percento erano costruite con silicio amorfo. 
Per il 2030 si prevede che le celle fotovoltaiche possano produrre una
potenza di 300.000 MW all'anno a costi competitivi. 
Università di Torino