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WWF: Allarme Tartarughe



Corn Island (L'isola degli Orrori)
di Pietro Scozzari mailto:civ829@iperbole.bologna.it
Fonte: WWF Italia (Panda di Dicembre 2000)

SCRIVETE UNA LETTERA DI PROTESTA contro la strage delle tartarughe:
Ambasciata Nicaraguense, Vie brescia 16, 00198 Roma.

Corn Island, l'isola idilliaca del Nicaragua situata lungo la costa
atlantica, e' un paradiso terreno, ma andrebbe boicottata dal turismo:
almeno fintanto che l'antica tradizione locale di ammazzare le tartarughe
marine non cessi e gli animali (vivi), semmai, vengano convertiti ad
attrazione ecoturistica, come gia' da tempo avviene nel vicino Costa Rica. A
Corn Island, infatti, ancora oggi e' possibile acquistare e mangiare
un'intera tartaruga vecchia di qualche secolo per circa 25 Dollari: poche
centinaia di chilometri a Sud, nel parco nazionale di Tortuguero (Costa
Rica) i turisti occidentali pagano 60-100 dollari al giorno per escursioni
che permettono di osservare le tartarughe senza toccarle, ne' disturbarle
coi flash mentre depongono le uova. Sull'isola, invece, basta camminare tra
Biggs Bay e Picnic Beach per incontrare un angolo d'inferno. In un capannone
giacciono a pancia in su, vive e con le pinne legate, una dozzina di
tartarughe, sempre pronte per essere fatte a fette. Vengono mantenute cosi'
per 25 giorni, semivive e fresche grazie a qualche secchio d'acqua buttato
ogni tanto. Lo spettacolo e' disgustoso, ma nessuno sembra fare alcunche'.
Le organizzazioni per la difesa degli animali pare che non abbiano ancora
scoperto questo ennesimo misfatto umano, e la popolazionelocale consuma
impunemente la loro carne giustificandosi come cio' appartenga alla loro
cultura: quando di tartarughe non ce ne saranno piu' finira' anche la
cultura? I pescatori si dicono ecosostenibili perche' pescano solo quelle
adulte, e ogni anno interrompono per ben tre mesi la caccia, permettendo la
deposizione delle uova. Le tartarughe pescate pero', a volte hanno secoli, e
la matematica non e' un opinione. Che cosa fare? Qualche turista ricco e
sensibile che, ogni tanto, incappa in questo errore, decide di comprarle
tutte e le ributta in mare, facendo attenzione che il pescatore non faccia
dietro front. Ma non e' certo questo il sistema. Inanzitutto bisogna far
conoscere il fatto agli enti che si battono per la difesa degli ecosistemi,
peraltro solo agli inizi nel Nicaragua. Poi, a livello istituzionale,
sarebbe doveroso far pervenire qualche protesta ufficiale alle varie sedi
consolari sparse per il mondo. Infine, individualmente, al momento possiamo
fare una cosa sola: boicottare l'isola, spiegando il perche' di tale azione
a ogni nicaraguense che incontreremo durante il viaggio.

Fabio Quattrocchi mailto:FABIOCCHI@supereva.it