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alta velocita':un binario "ragionevole"



dal manifesto di martedi 5 dicembre 2000
 Un binario ragionevole 
 ANGELO TARTAGLIA* 


 Lo spettro del progetto Alta Velocità continua ad aggirarsi tra noi,
 ingombrante come un ospite sgradito e pesante come una maledizione.
 In un certo senso siamo giunti al dunque: ora, dicono governanti e
 pubblici amministratori, si è discusso a sufficienza, è tempo di passare
 alle realizzazioni. Ebbene sì, è ora di venire ai fatti; e se fosse possibile
 chiedere i danni a chi ha la responsabilità di aver ritardato di dieci anni
 ogni intervento organico di ammodernamento del sistema ferroviario
 italiano, sarebbe il caso di farlo, visto che è denaro pubblico quello che
 è stato sperperato. Bando dunque alle chiacchiere e, nel momento in cui
 ci si appresta ad aprire cantieri (alcuni per la verità sono già aperti e
 non da ieri) proviamo a ribadire ciò di cui abbiamo bisogno.
 Per cominciare, ricordiamo che c'è nel nostro paese un serio problema di
 trasporto delle merci che continua ad avvenire massicciamente su
 strada. Quanti e quali inconvenienti ciò comporti non è forse il caso di
 richiamarlo. Potremmo però ricordare le ricorrenti minacce e i concreti
 rischi di paralisi e blocco dei rifornimenti che periodicamente
 provengono da un settore frammentato, poco razionale e insieme vitale.
 Abbiamo dunque tutto l'interesse a potenziare canali di trasporto
 alternativi, il primo dei quali è la ferrovia. Questa è in grado di
 competere veramente con l'autotrasporto soltanto in alcuni casi (grandi
 quantitativi e lunghe percorrenze), in cui però non esplica il ruolo che
 potrebbe per l'inadeguatezza del servizio offerto. Se si vuole dare una
 risposta reale a questa domanda potenziale bisogna smetterla di
 gingillarsi con le parole (la soluzione non sta nel trasformare il nome
 Alta Velocità in Alta Capacità) o vagheggiare improbabili vie italiane che
 mescolerebbero sulla stessa linea treni merci e treni veloci destinati ai
 passeggeri. Un'offerta di un servizio ferroviario adeguato e appetibile
 deve basarsi, lungo le direttrici fondamentali Est-Ovest, attraverso la
 pianura padana, e Nord-Sud, lungo la dorsale della penisola, sulla
 realizzazione di linee dedicate (basta anche un solo binario), il cui
 tracciato eviti l'attraversamento degli abitati e in cui l'interferenza col
 sistema di trasporto passeggeri sia ridotta al minimo, se non eliminata
 del tutto. Perché una simile infrastruttura sia effettivamente sfruttata
 occorre immettervi materiale rotabile moderno ed efficiente, anche dal
 punto di vista dell'impatto acustico, e accompagnare il tutto con misure
 tariffarie che, sia pur gradualmente, riducano le sovvenzioni di fatto
 oggi accordate al trasporto su strada (il costo di gestione, oltre che di
 realizzazione, delle infrastrutture viarie è in grandissima parte a carico
 dello stato).
 Quanto ai movimenti di persone, sappiamo che il nostro paese è ad alta
 e altissima densità di spostamenti, che gli spostamenti avvengono in
 massima parte su distanze che non superano il centinaio di chilometri e
 infine che il trasporto su rotaia ancora una volta presenta molti e
 consistenti vantaggi rispetto a quello su strada (non ultimo quello di
 comportare minori emissioni di anidride carbonica in atmosfera). Se
 questo è l'identikit della domanda possiamo trarne il profilo della
 risposta: occorre intervenire sull'intera rete e aumentare, in condizioni
 di sicurezza, l'offerta di treni in grado di circolare soprattutto durante le
 fasce orarie di massimo afflusso. Di questi giorni la notizia di una quasi
 rivolta di passeggeri alla stazione di Milano: non riuscivano a salire su
 un interregionale troppo corto e assurdamente affollato, destinato a
 Torino. Più treni dunque e per questo anche nuove linee a
 potenziamento e affiancamento delle tratte già particolarmente
 affollate. Quanto al servizio da rendere, questo deve essere adatto a
 un'utenza diffusa che si addensa sui grandi nodi. Insomma, non si vede
 cosa c'entrino con tutto ciò i miti legati alla velocità con cui ci si è
 trastullati, a spese di tutti noi, per tutto il decennio passato. Serve
 materiale rotabile moderno e comodo, serve un esercizio cadenzato a
 frequenza variabile, servono infrastrutture in eccesso. Serve, in altre
 parole, la disponibilità di più canali o percorsi equivalenti e alternativi,
 anche per evitare che, in condizioni di emergenza, l'interruzione di una
 sola linea comporti il caos e la paralisi di gran parte del sistema.
 Ora, se è vero che già da qualche tempo gli stessi progettisti delle
 nuove linee vanno ripetendo che quello della velocità di punta è un
 falso problema e che i treni in realtà viaggeranno alla velocità più
 opportuna e conveniente, da tutti i punti di vista, rimane anche vero
 che, nell'interesse sostanziale dei costruttori, le specifiche tecniche
 delle nuove linee sono ancora quelle dell'Alta Velocità. La motivazione
 suona più o meno così: "Anche se all'inizio i treni non andranno tanto
 forte, già che la facciamo, facciamola in modo che l'Alta Velocità sia
 quanto meno possibile. Domani chissà... ". Un parametro marginale, ma
 rilevante nella definizione dei tracciati e degli impatti, non diventa
 centrale né domani né mai: ciò che si massimizza sono i costi e gli
 impatti.
 A partire dalla metà di ottobre il nostro paese ha conosciuto la piaga
 delle alluvioni che è ormai una costante di ogni autunno e di ogni
 primavera o in generale di ogni periodo in cui piova per più di qualche
 ora di seguito. Ciò che è stato ed è fastidioso, almeno per me, in
 queste occasioni è ascoltare le ormai corali lamentazioni, dai commenti
 televisivi, alla carta stampata, ai bar, sul dissesto idrogeologico,
 sull'effetto serra, sull'imprevidenza (non si sa mai di chi) nella gestione
 del territorio. Il fastidio deriva dal fatto che questo neo-ambientalismo
 di massa si dissolve d'incanto quando splende il sole e si parla di opere
 pubbliche e di piani regolatori. Ciò che è ormai chiaro a chiunque è che
 occorre evitare di disseminare il territorio di manufatti ingombranti e di
 creare rigidità, che bisogna contenere i prelievi di inerti. Traducendo in
 indicazioni pratiche, questo significa che ogni nuova opera deve essere
 adattata al territorio e non il territorio all'opera. Più specificamente: non
 è proprio il caso di far correre nelle pianure baluardi lunghi decine di
 chilometri e non è detto che la congiungente più conveniente per
 collegare due punti sia una linea retta orizzontale. Ma se in qualche
 caso una curva conviene più di una retta, bisogna mettere da parte quei
 vincoli di velocità così poco importanti, ma nello stesso tempo così
 ingombranti.
 Oggi si fa un gran parlare dei miracoli delle nuove tecnologie che
 esplicano le loro maggiori potenzialità nella gestione dei sistemi
 complessi e nel controllo dei flussi di informazione: lì sta la frontiera
 dell'innovazione, non nel cemento e tondino che da noi continuano a
 dominare la scena. I fattori di qualità in un sistema come il nostro sono
 alta frequenza e piena affidabilità del servizio: questi si possono
 conseguire con sistemi avanzati ed automatizzati di gestione. L'idea è
 quella di trattare una linea ferroviaria come una sorta di nastro
 trasportatore su cui i successivi convogli non sono fisicamente collegati,
 ma si comportano e sono gestiti quasi come se lo fossero. Occorre un
 sistema di gestione che, se si verifica un problema sul convoglio di
 testa, ferma automaticamente tutta la fila, senza bisogno di interventi
 da terra e nemmeno da bordo. Secondo valutazioni recenti di una
 università tedesca, questo tipo di blocco mobile porta la capacità di
 trasporto di una linea a più di 400 treni al giorno (quasi il doppio di
 quello che viene oggi considerato il livello di saturazione delle nostre
 linee).
 In conclusione, buttiamo definitivamente nel cestino tutti i vincoli
 artificiosi che sono stati posti alle nuove infrastrutture ferroviarie e
 apriamoli questi cantieri, ma evitiamo che le nuove linee, una volta
 entrate in esercizio, siano ascritte alla categoria delle opere di cui non
 si trova più alcun padre e per cui la saggezza del giorno dopo grida
 vanamente allo scandalo per lo sperpero di risorse pubbliche.

 *Già membro del gruppo tecnico di garanzia per la Torino-Milano 

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