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luigi mara: stopo al killer della chimica



dal manifesto di venerdi 17 novembre 2000
 Stop al killer della chimica
 Cloruro di vinile, una molecola da eliminare dalla produzione e dai consumi 
 LUIGI MARA 

 Le produzioni, gli impieghi e i consumi di cloruro e polivinilcloruro
 (Cvm/Pvc) vanno vietati, pena ulteriore sofferenza, malattia e morte
 operaia e delle popolazioni a rischio, nonché inquinamento ambientale
 (i poli chimici di Porto Marghera e di Brindisi stanno lì a ricordarcelo). Si
 tratta dell'unica richiesta responsabile ovvero in grado di tutelare la
 salute pubblica e l'ambiente; una richiesta che Medicina democratica
 formula da moti anni, quasi inascoltata, per queste come per tute le
 altre produzioni della chimica di morte.
 Il Cloruro di vinile monomero (Cvm) è una sostanza tossica,
 cancerogena, mutagena e teratogena che trasmette queste nefaste
 proprietà ai suoi derivati polimerici, le matrici plastiche di Pvc.
Infatti, il
 Cvm si scioglie fino al 30% in peso nel suo polimero, il Pvc, mentre
 quest'ultimo è praticamente insolubile nel suo monomero. Risultato:
 tutti i manufatti plastici a base di Pvc sono contaminati, in grado
 diverso, dal cancerogeo Cvm.
 Se questo non bastasse, quando i manufatti di Pvc diventano dei rifiuti
 - (dalle bottiglie per l'acqua minerale alla moltitudine dei più diversi
 imballaggi, dai giocattoli alle tubazioni per l'acqua, ai diversi manufatti
 impiegati in edilizia, dai componenti delle autovetture e degli
 elettrodomestici, ai teli e teloni, ai pavimenti, etc., etc.) - finiscono
 negli inceneritori come combustibile, dando però luogo alla formazione
 di un micidiale cocktail di veleni a base di diossine, furani e metalli
 pesanti (piombo, cadmio, rame, stagno, zinco, antimonio) che vanno a
 inquinare popolazione e ambiente ivi compresa la catena alimentare.
 Per esempio, nell'estate del 1996, la Francia è sotto shock: un rapporto
 del ministero dell'agricoltura francese - reso noto da Greenpeace -
 dimostra che l'inquinamento da diossina del latte di mucca è causato
 proprio dalle emissioni degli inceneritori per rifiuti. Tant'è che su 71
 grossi impianti di incenerimento, 23 vengono subito chiusi e, all'inizio
 del 1999, altri 25 inceneritori erano da chiudere perché nonostante i
 sistemi installati di filtrazione dei fumi e captazione dei contaminanti,
 gli stessi continuavano ad emettere quantità di diossine ben oltre il
 limite di 0,1 nanogrammo/metro cubico; sia chiaro, un limite tutt'altro
 che innocuo. Per questo è inumano, oltre che inaccettabile, il
 comportamento di chi a Brindisi, prima ha avvelenato per decenni
 operai, popolazione e ambiente con le emissioni tossiche dagli impianti
 Cvm/Pvc e, ora, come se nulla fosse, propone di reindustrializzare l'area
 senza la sua preventiva e rigorosa bonifica costruendovi un inceneritore
 per rifiuti fra le ferraglie di quei medesimi impianti tossici dismessi.
 Dei sindacati Cgil-Cisl-Uil/Fulc che, a fronte della sacrosanta iniziativa
 della magistratura brindisina, ignorando le vittime, si sono precipitati
 dal prefetto "per trovare il modo di dissequestrare l'area indagata e
 scongiurare il pericolo di fuga da parte della Celtica Ambiente, la
 società che ha dichiarato di voler riconvertire l'impianto PVC"
 costruendovi appunto, un inceneritore per rifiuti, preferisco non dire.
 Dagli anni cinquanta le fabbriche italiane che compongono la mappa
 produttiva della morte chimica da Cvm/Pvc sono una decina: Porto
 Marghera, Ravenna, Porto Torres, Samarate, Brindisi, Ferrara, Assemini,
 Rosignano Solvay, Ferrandina, Terni.Ad eccezione delle prima quattro,
 gli altri impianti produttivi sono stati tutti chiusi fra la fine degli anni
 '70 e quella degli anni '90. La lezione da trarre è chiarissima: le aziende
 intossicano i lavoratori, le popolazioni a rischio e avvelenano l'ambiente
 risparmiando sugli impianti, sulle manutenzioni, sulla sicurezza interna
 ed esterna alla fabbrica, pur di estrarre da quei cicli surplus di profitto;
 tutto questo calpestando i diritti umani e scaricando poi i costi sociali e
 ambientali sulla collettività.
 Ciò nonostante, i sindacati Cgil-Cisl-Uil/Fulc tacciono colpevolmente
 prima, durante e dopo, questi tossici comportamenti aziendali. Anzi, si
 fanno megafono delle esigenze aziendali, tacitando e discriminando i
 lavoratori sensibili, le popolazioni autoorganizzate e i movimenti di
 lotta per la salute e ambientali, fra essi Medicina Democratica, che
 hanno il solo torto di chiedere la tutela dell'inviolabile diritto alla
 salute, all'ambiente salubre e alla sicurezza, attraverso l'eliminazione
 delle produzioni cancerogene della chimica di morte e la bonifica dei siti
 industriali e del territorio inquinato, da riqualificare assieme al
 paesaggio, realizzandovi attività economiche più rispettose della salute
 pubblica.