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brindisi la fabbrica killer molti rischiano ancora



da repubblica di domenica 12 novembre 2000


                          Brindisi, la fabbrica killer 
                          "Molti rischiano ancora" 
                       L'oncologo che ha svolto la perizia sui 14
                           operai morti di tumore avverte 

                              di RAFFAELE LORUSSO 

                     BRINDISI - Non è finita. La fabbrica dei veleni
                     potrebbe continuare ad uccidere ancora per
                     molti anni. I quattordici operai morti di tumore e
                     gli altri ottantatrè colpiti da malattie gravissime
                     rappresentano un bilancio provvisorio. Anche
                     adesso che l'impianto è chiuso, la polvere di
                     cloruro di vinile rappresenta una minaccia per
                     chi ha vissuto nello stabilimento della Evc o
                     nelle immediate vicinanze. Il dato, inquietante,
                     emerge dalla relazione del professor Cesare
                     Maltoni, l'oncologo incaricato dai magistrati
                     della Procura della Repubblica di Brindisi di
                     esaminare duemila cartelle cliniche di operai e
                     impiegati che per anni sono stati a contatto con
                     le sostanze tossiche. Secondo il professor
                     Maltoni, gli effetti dell'esposizione alla polvere di
                     cloruro di vinile possono essere devastanti
                     anche a distanza di anni. La mancanza di misure
                     di prevenzione all'interno dello stabilimento, ha
                     rilevato l'oncologo bolognese, "non potrà che
                     incidere pesantemente sulla salute di altri
                     lavoratori del Petrolchimico e di tutti coloro che,
                     essendo stati costretti, loro malgrado, ad elevate
                     esposizioni al cloruro di vinile, tra qualche anno,
                     probabilmente, si troveranno a fare i conti con
                     mali incurabili". Una prospettiva drammatica che
                     fa crescere l'angoscia e il senso di impotenza dei
                     lavoratori dell'impianto e degli abitanti della
                     zona. Non è un caso che i sostituti procuratori
                     che coordinano l'inchiesta abbiano sequestrato
                     l'area su cui sorge il Petrolchimico. Il timore è
                     che nelle immediate vicinanze della fabbrica
                     esistano depositi, anche interrati, di rifiuti
                     pericolosi. Il sequestro è stato disposto per
                     evitare che qualcuno modifichi lo stato dei
                     luoghi. Una misura suggerita dal professor
                     Roberto Gagliano Candela, tossicologo
                     dell'Università di Bari, incaricato dai magistrati
                     di analizzare gli impianti e la zona circostante. 



                           Casson: "Per decenni 
                          nessuno ha controllato" 
                     Parla il magistrato veneziano che ha avviato il
                               filone delle inchieste 


                     VENEZIA - Il pm veneziano Felice Casson è
                     stato il primo a sollevare il coperchio sui veleni
                     chimici del Petrolchimico di Marghera, nel ' 94:
                     nel processo ai vertici di Montedison, Enimont
                     ed Enichem, ancora in corso dopo quasi tre
                     anni e centosette udienze, si sono costituiti
                     come parti offese oltre cinquecento familiari di
                     operai morti (più di cento) o ammalati di tumore
                     a causa del cloruro di vinile monomero (Cvm) o
                     del policloruro di vinile (Pvc). Killer silenziosi
                     che continuano ad uccidere a distanza di tempo
                     quelli che Casson ha definito anche come
                     "carne da macello": l'ultima vittima, Carlo
                     Bolzonella, 65 anni, è morta di cancro al fegato
                     dodici giorni fa. Ma Casson ha inviato carte
                     anche ad altre procure, come Milano, Ferrara,
                     Ravenna, Priolo. L'inchiesta di Brindisi è nata da
                     una costola di quella veneziana, ed ora si sta
                     muovendo anche la Procura di Mantova.
                     Come è nata la sua inchiesta sul petrolchimico
                     di Marghera?
                     "Da due esposti, uno di Greenpeace e l'altro di
                     un operaio di Medicina Democratica, Gabriele
                     Bortolozzo. Rimasi sconcertato dai loro dati, mi
                     sembrava impossibile. Poi è emerso anche di
                     peggio".
                     Da quando si sa che il Cvm è cancerogeno?
                     "Il primo a segnalarlo in un convegno fu, nel
                     '69, il professor Pierluigi Viola, medico di
                     fabbrica della Solvay di Rossignano. Poi, nel '
                     72, il prof. Cesare Maltoni".
                     Quale fu il comportamento delle aziende?
                     "Hanno sempre fatto il meno possibile nella
                     tutela della salute e dell'ambiente, perseguendo
                     solo il profitto e spendendo molto di più in
                     pubblicità o tangenti che nel rinnovo degli
                     impianti".
                     Le aziende chimiche che hanno gestito il
                     Petrolchimico dal '70 al '95 hanno però già
                     risarcito 70 miliardi ed ora si apprestano a
                     risanare.
                     "È la prima volta che risarciscono le parti civili
                     prima della fine del processo ed è già un
                     riconoscimento di responsabilità. Quanto alle
                     bonifiche, le aziende si sono mosse solo perchè
                     costrette dalla magistratura e dagli enti locali.
                     Invece dovrebbe essere un loro dovere
                     giuridico: chi inquina paga. Ma ora bisogna
                     saper gestire bene il business delle bonifiche,
                     evitando che chi ha guadagnato inquinando si
                     ricicli per guadagnare disinquinando".
                     Ma dal '70 cosa fecero le autorità preposte al
                     controllo?
                     "Per decenni c'è stata mancanza di controlli, dal
                     ministero della Sanità, informato dal '72 della
                     cancerogenicità del Cvm, fino alle Usl e agli
                     ispettorati del lavoro. Non parliamo poi di
                     Comuni, Province e Regioni".
                     Anche il sindacato ha avuto delle responsabilità?
                     "Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta fu
                     molto impegnato nella denuncia. Poi, con la crisi
                     della politica, quella dell'occupazione e il
                     terrorismo, fu costretto a cambiare linea,
                     pensando più ai posti di lavoro che al resto. La
                     sensibilità verso questi temi è rimasta invece
                     costante solo in alcune minoranze estreme della
                     politica: Greenpeace, Medicina democratica,
                     iverdi".
                     L'inchiesta sul petrolchimico di Brindisi è nata
                     dopo una sua segnalazione: com'è lì la
                     situazione?
                     "Mi sembra molto simile. I reati ipotizzati in
                     partenza sono gli stessi della mia inchiesta".
                     Ma perché bisogna attendere tanto tempo e tanti
                     morti prima di intervenire?
                     "È un problema della politica, che deve
                     prevenire e programmare a lunga scadenza. Ad
                     esempio, le produzioni chimiche potrebbero
                     essere testate prima di essere prodotte e
                     commercializzate. Inoltre deve diventare
                     convinzione di tutti che i costi per la tutela di
                     salute e ambiente sono costi primari e
                     d'impresa".
                     Anche per l'elettrosmog, sul quale lei ha aperto
                     la prima inchiesta in Italia?
                     "Certo. Credo che lo Stato dovrebbe porre dei
                     vincoli di rispetto e di adeguamento a chi
                     realizza certe produzioni, da quelle chimiche
                     all'energia. Il problema, nel caso
                     dell'elettrosmog, è che c'è un continuo rimpallo
                     di leggi che disorienta non solo chi le deve
                     applicare ma anche il cittadino".