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Legambiente: mucca pazza
13 Novembre 2000
MUCCA PAZZA. VERONESI RIVELI I DATI
"Quanti sono i morti per "sindrome della mucca pazza in Italia"? Perché
il ministero della Sanità non presenta i dati invece di tranquillizzare i
consumatori con generiche rassicurazioni sui controlli veterinari?" Questo
il commento di Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente, alle
dichiarazioni del Ministro Veronesi pubblicati sui quotidiani di questi
giorni. "In questa situazione - ha dichiarato Ferrante - non basta pensare
ai provvedimenti di prevenzione del contagio tra animali. Nella situazione
attuale, con un nuovo caso di malattia a Firenze, è necessario intervenire
sulla prevenzione umana e conoscere tutti i dati epidemiologici relativi.
Veronesi non indugi oltre. Riveli i risultati delle indagini e il numero
delle vittime per malattia di Creutzfeldt-Jacob registrate nel Registro
Nazionale. Solo così sarà possibile fare previsioni per il futuro". In
Inghilterra come in Francia, l'allarme per le morti previste nei prossimi
anni sono scaturite dalle indagini sul presente, sulla reale situazione
sanitaria attuale. "Quanto deve aspettare il nostro Paese per saperne di
più? Siamo sicuri che la mancanza di allarme non dipenda proprio dalla
carenza di monitoraggio?" Legambiente chiede quindi con forza al Ministero
della Sanità e a tutti gli enti preposti di fornire al più presto tutte le
informazioni utili a delineare le dimensioni reali del problema.
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MUCCA PAZZA. LE PAURE DEGLI ITALIANI NEL CARRELLO DELLA SPESA
Fare la spesa può suscitare preoccupazioni e timori. Questo è quanto
emerge da una inchiesta di Assalzoo sulle opinioni degli italiani rispetto
all'argomento spesa alimentare, resa pubblica da Legambiente. Sostanze
chimiche e ormoni (per oltre il 76% degli intervistati), additivi e
coloranti (73,9%), sono le sostanze che suscitano le maggiori
preoccupazioni ma il campanello d'allarme squilla soprattutto rispetto
all'acquisto della carne: moltissimi consumatori (73,9%) rivelano di essere
preoccupati per il cibo somministrato agli animali da allevamento e il
settore produttivo verso il quale si ha meno fiducia risulta essere proprio
quello dell'allevamento del bestiame. Tra tante impressioni vaghe emerge
l'opinione diffusa e data come certa per cui "sicuramente gli animali non
vengono allevati in modo naturale e la loro crescita è forzata". Si ritiene
che "il cibo somministrato agli animali, da allevamento ma anche a quelli
domestici da compagnia, sia pieno di sostanze che "li fanno crescere di
più", che "l'aspetto genetico subisce delle modificazioni", e che comunque
"la crescita venga stimolata attraverso l'uso di ormoni". Il sistema più
diffuso cui si ricorre per difendersi dai rischi è quello di fare gli
acquisti nel supermercato dal nome conosciuto, sentito come garanzia di
qualità o almeno come ente che si assume le eventuali responsabilità, o dal
macellaio di fiducia purché garantisca la vendita di carne nazionale. Gli
incidenti più gravi in questo settore infatti, si sono verificati sempre
all'estero per cui l'origine nazionale (meglio ancora quella regionale)
ispira maggiori sicurezze. Sempre rispetto al prodotto carne, molti
consumatori vorrebbero leggi più severe e controlli regolari da parte delle
forze dell'ordine addette (51,8%), più informazioni sull'origine e sulla la
lavorazione in etichetta (39,7%), nonché marchi di garanzia della Comunità
Europea(20,4%), dello Stato (19,1%) o delle associazioni di consumatori
(15,9%). Molto sentita quindi l'esigenza di conoscere gli ingredienti e i
metodi di allevamento degli animali da consumo. "Gli avvenimenti francesi -
ha dichiarato il direttore generale di Legambiente Francesco Ferrante -
dimostrano come è non è più sufficiente la messa la bando delle farine di
grassi animali solo per i bovini, ma che è diventata necessaria la scelta
di eliminarle dall'alimentazione di tutti gli animali. Infatti l'evoluzione
di "mucca pazza" esemplifica in maniera precisa tutti i problemi che
nascono da questo tipo di alimentazione animale: muoiono sia gli animali
che le persone; è problematico smaltire le carcasse degli animali che si
decide di abbattere (sono troppe e comunque la loro combustione sviluppa
inquinanti atmosferici); la vicenda rappresenta una vera batosta per la
filiera bovina che in un paio di giorni ha visto crollare le vendite tra il
30 e il 50% e che per poter riacquistare credibilità ha deciso di abbattere
oltre un milione di capi. Nel 1996 l'Italia, come la Francia, ha messo al
bando l'uso delle farine animali nell'alimentazione per i bovini, ma a
questo punto escluderle da ogni mangime appare l'unica via percorribile".
Una corretta strategia a favore di una alimentazione buona e sana non può
quindi prescindere dall'analisi e dai controlli sull'alimento base della
catena alimentare: i mangimi industriali per animali da allevamento.
Mangimi Puliti, la campagna di Legambiente dedicata alla sicurezza
alimentare nella filiera zootecnica si presenta allora come iniziativa
contro gli organismi geneticamente modificati (ogm) e per una alimentazione
di qualità, dedicata al settore zootecnico, che deve essere sottoposto a
controlli accurati e puntuali su tutti gli ingredienti e i passaggi
preparatori del prodotto alimentare, per salvaguardarci dagli incalcolabili
rischi legati all'avventata e spregiudicata politica del massimo profitto e
minimo impegno. Eventi gravissimi come "mucca pazza" e il "pollo alla
diossina", possono essere eliminati da un costante e regolare controllo a
partire dalla qualità dei mangimi per il nutrimento del bestiame, passando
per il controllo sanitario degli allevamenti, le modalità di trasporto dei
capi, fino alle operazioni di macellazione e distribuzione dei prodotti, il
tutto nel rispetto delle naturali esigenze degli animali, a partire dal
diritto di essere nutriti, anche a livello industriale, in maniera
adeguata, escludendo l'uso delle farine di carne e di pesce, gli additivi e
i medicinali non necessari. La scelta di intervenire in questo campo non è
quindi casuale: quello dell'allevamento è un settore che nel nostro Paese
produce valore per 26mila miliardi di lire. Solo nel 1999 i 940 mangimifici
autorizzati - di cui 210 a valenza interregionale o addirittura nazionale -
hanno prodotto 112milioni di quintali di mangimi. Il disciplinare di
produzione "Mangimi Puliti" cui ha già aderito la Niccolai Industrie
Alimentari SpA, è un protocollo rigido di controllo da inquinamenti da
scarti animali e Ogm che prevede una serie di certificazioni dalle
produzioni delle materie prime lungo tutta la filiera zootecnica, fino al
prodotto pronto per il consumo. L'adesione alla campagna comporta l'obbligo
per l'azienda di verificare la qualità del prodotto attraverso controlli
effettuati sulle materie prime già selezionate presso il fornitore; durante
la fase di soffiatura e pulitura delle granaglie; durante tutte le tappe
del ciclo produttivo; attraverso la campionatura del prodotto finito prima
della consegna e della somministrazione agli animali. Ma non basta. Per
garantire una filiera ogm free è necessario controllare l'origine di tutte
le componenti della formula mangimistica, controllo che è possibile
effettuare solo per materie prime di origine vegetale, ma che non può
essere rintracciato nelle materie sottoposte a processi tecnologici
alteranti: farine di pesce, farine di carne, grassi di origine animale né
panelli di olio esausto. Tutti ingredienti che per una sana alimentazione
dovranno sparire dal paniere.