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il sole scalda.in italia non abbastanza
dal manifesto di mercoledi 18 ottobre 2000
Il sole scalda. Ma in Italia non abbastanza
L'elettricità è richiesta in quantità non trascurabile per alzare di pochi
gradi
centigradi la temperatura dell'acqua. Per ottenere il risultato, non serve
scomodare l'energia elettrica, basta il sole, anche se in Italia non lo
sappiamo
GUGLIELMO RAGOZZINO
L'impegno di ridurre entro il 2010 la produzione di gas di serra, in
confronto al 1990, del 7% secondo il protocollo di Kyoto, passa anche
attraverso piccole cose: come scaldare l'acqua in un modo appropriato,
servendosi del sole. L'acqua si riscalda con un sistema semplice che
però negli anni si è perfezionato. Grecia e Austria hanno ormai la
capacità di esportare prodotti di qualità e un' efficienza impensabile una
decina di anni fa. In Italia i progressi sono passati inosservati. Secondo
"Ambiente Italia 2000/Rapporto sullo stato del paese" una
pubblicazione di Legambiente, nel nostro paese il settore è circondato
dalla sfiducia e più ancora dal pregiudizio. Secondo "Italia capace di
futuro", il volume del Wwf , ogni edificio potrebbe utilmente essere
dotato di un serbatoio di calore, visto che la maggior parte dell'energia
viene utilizzata e dispersa a basse temperature, quelle che il sole offre
gratis o quasi. A contrastare con questa linea c'è la grande taglia,
l'energia pesante che Enel e consorti, e - più in generale - lo stato
preferisce ed offre (o impone).
In Italia, alla fine di quest'anno vi saranno probabilmente non più di
300.000 metri quadri di pannelli solari installati per il riscaldamento
dell'acqua. In 10 anni, entro il 2010, l'impegno assunto a livello europeo
è di raggiungere i tre milioni di metri quadri, producendo nel paese (o
acquistando all'estero) una superficie complessiva di pannelli solari
equivalente in ciascuno dei prossimi dieci anni a quanto è stato
installato in tutto il periodo precedente al 2000, circa trent'anni, con
una punta importante nella prima metà degli anni ottanta. L'impegno è
molto gravoso, perché implica un cambio di mentalità; molto più che
non la soluzione di aspetti semplicemente tecnici o economici. Con
molto buon senso, a porre il problema fuori dell'ambito ecologista è la
Staffetta quotidiana, quanto a dire la voce del petrolio nel nostro
paese. In un articolo assai documentato e siglato L. T. viene descritto il
problema, raccontata per brevi cenni la storia dei pannelli solari e
indicato il ritardo nazionale, nei confronti di paesi assai più piccoli e/o
assai meno soleggiati, come la Grecia, o l'Austria, o la Germania. Viene
anche fatto notare che in Italia a usare di più il solare termico sono le
province di Trento e Bolzano nelle quali è installata un buona metà del
totale, pur se il sole batte più forte altrove.
Alla fine del 1998, anno degli ultimi dati riletti dalla Staffetta,la Grecia
era la prima in Europa per potenza installata con 237 metri quadri ogni
mille abitanti, cui seguiva poco più indietro l'Austria con 233. La
Germania aveva un risultato di 32 metri quadri e la media dell'Unione
europea era di poco inferiore, con 25 metri quadri. L'Italia aveva un
risultato assai misero, 4,3 metri quadri ogni mille abitanti, quanto a
dire un sesto della media europea. Sempre nello stesso 1998 il paese
con il maggior numero di metri quadri installati era la Germania con 2,6
milioni; nel corso dell'anno si erano aggiunti 470 mila metri quadri, con i
quali la Germania aveva superato la piccola Grecia con poco meno di 2,5
milioni di metri quadri installati dopo un incremento annuo di 154 mila.
Per l'Italia: superficie installata 250 mila metri quadri e incremento
nell'anno 18 mila soltanto. Nell'Europa dei 15 vi erano 9,4 milioni di
metri quadri dopo l'incremento del 1998 di un altro 10%
Il grave ritardo dell'Italia è da mettere in relazione con la piccola
portata e la poca affidabilità dei primi esperimenti che si possono far
risalire ai primi anni settanta, in corrispondenza con la "crisi del
petrolio", culminata con la quadruplicazione del prezzo tra il '73 e il 74.
Il riscaldamento dell'acqua con il calore del sole non rispondeva alle
paure di rimanere al buio e al freddo; era troppo lento, ininfluente.
Inoltre gli installatori, i provetti idraulici del sistema italiano delle
costruzioni erano i primi a non crederci e di fatto a boicottare le
iniziative. Essi preferivano, proprio come il patrio governo, iniziative
pesanti, tanto calore, tanta elettricità, tanto spreco. Il simbolo di una
simile visione del modo può decisamente essere lo scaldabagno
elettrico, considerato dagli ecologisti un obbrobrio, un insulto
all'intelligenza umana, oltre che una ferita alla natura.
"Quando si utilizzano i raggi solari per riscaldare un fluido che poi porta
il calore a un utilizzatore, si parla di riscaldamento solare
attivo...L'elemento base del riscaldamento solare attivo è il collettore
solare il cui elemento principale è un assorbitore, il più sovente una
superficie nera piana che è in contatto termico diretto con il fluido da
riscaldare". Tutto questo si legge in uno scritto, "Il riscaldamento solare
attivo" di Pierre Lehmann che fa parte del volume "L'energia al futuro",
scritto da un'associazione elvetica per le energie rinnovabili, l'Ader.
L'edizione italiana (con prefazione di Giorgio Nebbia) verrà discussa
domani alle 17 alla libreria del "manifesto", a Roma. Lehmann continua
la spiega: non è indispensabile un vetro di copertura, dipende dalla
temperatura che si ricerca. Il calore prodotto nel collettore è trasportato
dal fluido e utilizzato direttamente, oppure immagazzinato in un
serbatoio, di solito un volume d'acqua. Poi ci sono svariate tecniche,
diverse soluzioni che dipendono dalle condizioni, i materiali, le
necessità. L'insieme è tutt'altro che uno scherzo. Ne fanno fede appunto
i 9 milioni abbondanti di metri quadri installati nell'Europa a 15.
Lehmann continua; e se parla della Svizzera, il racconto tratta anche di
noi. La superficie antropizzata nel suo paese: edifici, infrastrutture,
strade, capannoni industriali locali commerciali, ecc. copre 2.300
chilometri quadrati, pari al 5,6% della superficie totale della
Confederazione. Per dare 50 litri di acqua a 60 gradi centigradi a tutti
gli svizzeri basterebbero 18 chilometri quadri di impianto, come dire il
4,6% "della superficie delle coperture esistenti". Certo questa riscoperta
dell'acqua calda è complicata, ma non più complicata di una rete
elettrica con centrale e contatori o di una filiera nucleare; che poi sono
gli altri modi per produrre energia nella Confederazione.