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PeaceLink "simula" il piano di emergenza nucleare



Mercoledi' 13 settembre 
ore 18
Chiesa Valdese via Gen.Messina 71/a a Taranto
assemblea sul tema:

IL RISCHIO NUCLEARE A TARANTO: PROSSIME INIZIATIVE PACIFISTE

A cura di PeaceLink - telematica per la Pace




Comunicato stampa

Oggetto: PeaceLink "simula" il piano di emergenza nucleare

Taranto è preparata al rischio nucleare? Abbiamo fatto una prova.
Lunedì 11 settembre alle ore 9.30 PeaceLink ha svolto un'accurata indagine
per verificare il livello di informazione di cui dispongono le strutture
sanitarie locali nel caso la città sia investita da una nube radioattiva.
Nel caso di incidente ad un reattore nucleare di un sommergibile o di una
nave uno degli effetti più nefasti sarebbe infatti - come contemplato nel
piano di emergenza della Prefettura - l'emissione di una nube radioattiva
contenente, tra le varie sostanze radioattive, il micidiale Iodio 131. Tale
sostanza radioattiva si fissa infatti velocemente nell'"organo bersagio"
della tiroide, provocandone l'impazzimento delle cellule fino alla
generazione di una patologia tumorale. Lo Iodio 131 provoca questo impatto
in particolare sui bambini e le donne in gravidanza. L'effetto radioattivo
dello Iodio 131 ha ripercussioni sull'intero organismo inducendo uno stato
di tachicardia, alterando i fattori metabolici e compromettendo il sistema
immunitario.
Ce n'è abbastanza per alzare le mani e arrendersi all'ineluttabilità della
sorte. 
Ma non è così: l'esperienza di Chernobyl ha dimostrato che una rapida
risposta delle strutture sanitarie può - se non mettere del tutto in salvo
- almeno proteggere temporaneamente la fascia della popolazione più
esposta, quella appunto dei bambini e delle donne in stato di gravidanza.  
E' questione di minuti: occorre intervenire per evitare preventivamente
l'inalazione dello Iodio 131 (ponendo al riparo le persone e sigillando gli
edifici) e somministrare dei medicinali a protezione della tiroide. Basta
perdere qualche ora e il danno diventa irreversibile.
PeaceLink ha voluto verificare se vi è un livello di informazione adeguato
nelle strutture sanitarie e ha compiuto un'inchiesta a partire dalle
farmacie per verificare se disponevano di medicinali per la protezione
della tiroide dei bambini. L'inchiesta si è basata sulla consultazione di
quattro farmacie scelte casualmente che - dopo diverse incertezze - hanno
risposto dicendo di non conoscere tali medicinali. A questo punto
l'inchiesta ha mirato più in alto con diverse telefonate che - per oltre
un'ora - hanno inteso appurare chi avesse dentro l'Azienda Sanitaria Locale
e l'Ospedale SS.Annunziata le informazioni necessarie a rispondere alla
domanda: "Quali farmaci sono in grado di proteggere la tiroide dei bambini
in caso di possibile contaminazione dovuta a Iodio 131?"
Vi è stato un notevole rimpallo di responsabilità del tipo "non è il mio
settore, si rivolga al quest'altro numero di telefono". Sono stati
consultati i numeri telefonici delle più alte cariche di responsabilità
sanitaria locale e netta è stata la sensazione che non vi sia una chiara
informazione sui medicinali da assumere in caso di emergenza nucleare del
tipo preso in considerazione. Tutti hanno detto di non sapere e di
rivolgerci ad altri numeri. Infine, dopo un'ora di telefonate, presso il
reparto di medicina nucleare del SS.Annunziata abbiamo ricevuto
l'informazione circa il farmaco da assumere per proteggere bambini e donne
in stato di gravidanza in caso di nube contenente iodio radioattivo (I
131). E' stato possibile quindi conoscere l'esistenza del "Lugol forte", un
preparato galenico a base di ioduro di potassio che manda in saturazione la
tiroide evitando che assuma ulteriori sostanze pericolosissime come lo
Iodio 131. A questo punto, rivolgendoci alle varie farmacie abbiamo potuto
verificare che esse erano - partendo da una simile indicazione - in grado
di preparare in un quarto d'ora (dietro però prescrizione medica) il "Lugol
forte". 
Questa "simulazione" ha potuto mettere in evidenza un evidente "buco
organizzativo" del piano di emergenza della Prefettura che non prevede - su
un punto di così specifica rilevanza - la distribuzione di un simile
preparato, né un'informazione preventiva ai medici, alle farmacie e alle
strutture sanitarie presenti sul territorio. Nel caso in cui fossero alcune
migliaia le persone che si rivolgessero alle farmacie per richiedere il
"Lugol forte" si creerebbe un ingorgo di proporzioni colossali. Distribuire
"il giorno dopo" il Lugol forte infatti non servirebbe a molto. Conta
invece l'intervento rapido, immediato e capillare a livello di massa.
Possiamo dire di essere in mani sicure?
Come mai queste cose così non sono state affrontate ed approntate in
termini di efficienza e di efficacia da chi è preposto alla tutela della
salute pubblica?



Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink