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Chi vuole cementificare l'isola di San Paolo, perla di Taranto?



Mi ha molto colpito l'articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno del
21 agosto a firma di Marcello Cometti dal titolo "Chi vuole cementificare
l'isola di San Paolo?"
Nell'articolo si legge che "qualcuno vorrebbe cementificare l'isola di San
Paolo, costruendovi sopra mega-villaggi turistici o residence per clienti
facoltosi". Il tutto e' connesso alla trattativa in corso per "liberare" le
aree demaniali della Marina Militare. Se l'esito della trattativa dovesse
essere quello ipotizzato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, allora e' bene
costruire da subito una forte opposizione dell'opinione pubblica a questo
ennesimo raggiro ai danni di Taranto. La tanto decantata "restituzione alla
citta'" del demanio militare si trasformerebbe infatti nel passaggio di
territori verdi e protetti nelle mani di speculatori e cementificatori. A
questo punto io, pacifista ed ecologista senza partito, preferisco che le
aree demaniali rimangano alla Marina Militare e non passino sotto il
controllo dei partiti e delle lobby ad essi sottese. La Marina Militare
infatti ha garantito che quelle aree demaniali fossero preservate dagli
arrembaggi della speculazione edilizia o dagli incendi. Perche' mettere ora
a rischio il poco territorio boschivo che da' ossigeno ai cittadini di
Taranto, gia' cosi' inquinati, dando corso ad una trattativa dalle premesse
poco chiare e dagli esiti ancora piu' oscuri?
E' infatti lapalissiamo - per chi e' ecologista - che l'unica soluzione
accettabile e convincente e' quella della trasformazione del demanio
militare in demanio civile, con gli stessi vincoli di protezione oggi
garantiti dalla Marina. Il demanio militare puo' diventare un'oasi naturale
del Wwf o un parco acquatico come quelli di cui parla la Gazzetta
nell'articolo in questione.
Ma una simile prospettiva di tutela integrale - lontana da lucrosi ritorni
economici immediati e basata solo su un ritorno "ecologico" di ossigeno
alla citta' - quanto puo' interessare a certi politici? E a certi
imprenditori?

Come pacifista ed ecologista dico senza pentimento che - di fronte
all'allarme lanciato dalla Gazzetta - oggi "faccio il tifo" per la Marina
Militare perche' "non molli" il demanio militare in assenza di rigorose
garanzie ambientali che solo la costituzione di un grande parco verde
intangibile offre. Se infatti il demanio militare dovesse ospitare i soliti
villaggi turistici (privi di accesso per chi e' privo di soldi) allora e'
di gran lunga preferibile la situazione attuale: tra la Marina Militare e
gli imprenditori del "turismo al cemento" meglio il filo spinato della
Marina Militare che il filo spinato di imprenditori ben ammanigliati con la
politica. 

La Gazzetta fa notare che "non e' sufficiente continuare a costruire stanze
d'albergo" e sottolinea che l'arrembaggio ai beni naturali non crea
sviluppo turistico. E' opportuno riflettere sulla questione anche in
termini di posti di lavoro (quelli per cui si compie ogni scempio): infatti
la ricaduta occupazionale di un parco come il Parco Nazionale d'Abruzzo e'
superiore a quello dei complessi turistici che ne avrebbero segnato la
fine. Il suo direttore ha (paradosso dell'Italia!) accumulato oltre 800
denunce solo per aver lottato contro la speculazione. Ma alla lunga ha
avuto ragione lui: il turismo da parco naturale ha premiato di piu' - in
termini occupazionali e di presenze turistiche - di quello centrato sulla
miope speculazione privata. 

Ma l'interesse generale e' oggi al centro della politica?

La famelica ricerca di soldi che oggi attraversa i partiti rischia di
portare oggi alla costituzione di un "partito trasversale" che fa poca
distinzione di ideologie (o di quel poche che resta di esse) e punta a
creare ampie alleanze con il ceto degli affari e del cemento. Una politica
che non punti sulla difesa della natura ma sui vantaggi economici di poche
lobby danneggerebbe Taranto che, dalla "protezione" della Marina Militare,
rischia di passare sotto il controllo di quegli imprenditori che hanno
ridotto la nostra costa a quello che oggi e'. Non occorrono parole,
basterebbero le fotografie dei palazzi costruiti a pochi metri dagli
ombrelloni.

Certo non bisogna essere cosi' ingenui da pensare che in questa oscura
trattativa sulle aree demaniali la Marina Militare non possa "cadere in
tentazione" e barattare una propria malleabile disponibilita' in cambio di
tangibili contropartite che bilancino il valore dei terreni ceduti alla
citta': un nuovo ospedale militare, aree edificabili e ben collegate alla
rete viaria, risorse di vario tipo connesse ai progetti di sviluppo urbano.
Sarebbe facile sedersi al tavolo delle trattative e dire: "Cosa mi date voi
in cambio?" 

Ma il mio invito alla Marina Militare e' quello di non flirtare troppo con
i politici e di non cedere a matrimoni di interesse. Ai politici onesti
chiedo che - anche se gli alberi e i pesci non votano - difendano il verde
e creino un bel parco acquatico a Taranto da cui prenda slancio un turismo
sostenibile e pulito.

Attualmente - annusando la puzza di bruciato - meglio e' per Taranto che
permanga l'attuale conflitto di interessi fra la Marina Militare e i politici.

Per me e' chiaro che, nel conflitto attuale di interessi, sia da preferire
una Marina Militare che, con tutti i suoi limiti, 18 anni fa ha creato un
piano di emergenza nucleare per la base navale di Taranto (pur mantenendolo
segreto) piuttosto che un ceto politico di governo che in questi anni - pur
sollecitato a farlo - non ha forse neppure preso visione del problema. "E
ho detto tutto", esclamo' Peppino De Filippo di fronte a Toto'.



Alessandro Marescotti
c.p.2009
74100 Taranto
presidente di PeaceLink
a.marescotti@peacelink.it