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costi sociali della concorrenza



Vi segnaliamo che oggi nel nostro sito www.nonluoghi.it è pubblicato un
intervento del ricercatore Pietro Frigato che, sulla scorta delle teorie
di una serie di economisti, mette in luce i costi nascosti del mercato
concorrenziale. In altre parole, sostiene che è fuorviante ritenere che
al regime di massima concorrenza corrispondano i massimi vantaggi per
consumatori e lavoratori, cioè per la collettività.

Scrive tra l'altro Frigato: <Possiamo renderci meglio conto dei
micidiali rischi di natura ecologica e sociale di un mercato
concorrenziale, affidandoci alle parole pronunciate da William Baumol,
in un recente intervento ad un convegno organizzato dalla Fondazione
Mattei (presente tra gli altri anche il Governatore della Banca
d’Italia, Fabio Fazio): “Abbiamo solo bisogno di guardarci attorno per
osservare l’angosciante evidenza del grave danno prodotto al nostro
mondo dalla proliferazione dell’industria e siamo tutti coscienti della
spiegazione ovvia (...): la ben fondata analisi dei fallimenti del
mercato. Essa include principalmente l’analisi delle esternalità di
Pigou, la quale ci dice che le imprese private tenderanno a produrre in
eccesso qualsiasi attività i cui costi privati sono inferiori rispetto
al costo in termini di danno prodotto nei confronti della società.
Tuttavia esiste anche una forza superiore trascurata dalla storia, ed
essa riguarda il ruolo della competizione. Perché è la competizione
(...) che lascia poche alternative agli imprenditori e agli uomini
d’affari oltre a quella di inquinare e danneggiare l’ambiente nella
misura massima consentita. Sappiamo che un mercato attivo,
effettivamente competitivo previene ogni comportamento che comporti
spreco, dove spreco venga definito come “non arrecante guadagno”
(privatamente appropriabile, n.d.r.). Così la competizione tende a
proibire il supporto alle arti, il supporto all’ambiente e la
prevenzione di altre forme di spreco che rendono la vita degna di essere
vissuta. La competizione dunque non offre alle imprese alcuna libertà di
agire in modo tale da preservare l’ambiente. La  competizione punisce
ogni gesto prosociale come spreco, e lo fa senza pietà e  senza
quartiere”.  
    Dunque esiste una deviazione inerente ad un sistema di iniziativa
economica privata in una forma di mercato concorrenziale: in quanto
coincidenti con possibili riduzioni di costo, una grande quantità di
beni pubblici vengono deteriorati nella misura massima consentita dalle
pratiche di applicazione delle disposizioni
 normative esistenti. Ignorare, trascurare o favorire una cattiva
comprensione dei fenomeni legati ai fallimenti del mercato (qui di una
forma di mercato  concorrenziale) significa pertanto relegare ai margini
una possibilità di critica  obiettiva del modo di operare
dell’istituzione principe del capitalismo (l’impresa) e di
 giustificazione della necessità sociale di una sistematica
regolamentazione delle attività economiche private>. 

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