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biotech:i comandamenti di una morale della vita che dimentica la storia
- To: lonanoda@tin.it
- Subject: biotech:i comandamenti di una morale della vita che dimentica la storia
- From: Andrea Agostini <lonanoda@tin.it>
- Date: Sun, 09 Jul 2000 19:21:02 +0200
dal manifesto 27 Giugno 2000
I comandamenti di una morale della vita che dimentica la storia
Le tecnologie avanzate della medicina contemporanea ci dicono che cosa
possiamo
fare, ma non quello che dobbiamo fare, perché l'etica è anche questione di
scelte sulle priorità relazionali e sociali da perseguire e delle
conseguenti responsabilità che esse comportano. Una lettura critica del
volume "Ripensare la vita" del bioeticista e animalista Peter Singer edito
da Il Saggiatore
FRANCO VOLTAGGIO
" Così come la si pratica oggi, la bioetica non è legata a nessun modo
particolare di far filosofia, giacché la sola condizione che deve rispettare
è quella di adottare un approccio che faccia leva sul ragionamento e
sull'argomentazione, limitando al minimo i preconcetti. Questo
approccio è così libero da essere aperto a tutti, tranne forse ai pochi
marxisti vecchio stampo, ammesso che ne esistano ancora, così
intransigenti da sottrarsi ad ogni discussione etica, e ai pensatori
religiosi decisi ad evitare ogni argomentazione razionale e a derivare le
proprie conclusioni etiche dalle credenze della loro religione di
appartenenza". Così Peter Singer presenta il suo Ripensare la vita (trad.
it. di S. Nini, Il Saggiatore, pp. 239, L. . 29.000) nella prefazione
all'edizione italiana del libro. La prefazione ci sembra tutto sommato
"mirata", intesa com'è, a ben vedere, a segnalare un certo ritardo della
nostra cultura speculativa a misurarsi con i problemi scaturiti dai
progressi della biomedicina e dall'evoluzione del costume.
Singer, nativo di Melbourne, Australia, bioeticista e animalista di fama
mondiale, dall'anno scorso docente di filosofia morale nella prestigiosa
università americana di Princeton, è, come avrebbe detto Shakespeare,
un "uomo d'onore". Dunque, quanto sostiene andrebbe preso sul serio.
Solo che, detto con franchezza, lo studioso australiano non ci facilita le
cose. In primo luogo, non crediamo sia ragionevole, e neppure lecito,
voler impedire a un teologo di dedurre conclusioni di indole generale
dalla propria confessione e cercare di entrare in discussione con gli atei
sul significato generale della vita e della morte. Certamente, risposte
tagliate sull'assoluto sono pericolose perché veicolano il
fondamentalismo, ma è anche vero che sovente il teologo dà voce a
domande "prime" che comunque milioni di uomini e di donne continuano
da sempre a porsi. Ha senso allora cacciare via dalla porta la teologia,
quando essa è comunque destinata a rientrare da una finestra lasciata
aperta da malati terminali, da donne alle prese con il difficile problema
dell'aborto, da genitori disperati di bambini affetti da guasti cerebrali
irreversibili o comunque destinati a un futuro drammatico?
In secondo luogo, non comprendiamo a quali marxisti Singer si riferisca
e sospettiamo, per esser noi stessi marxisti di vecchio stampo, che egli
scambi per intransigenza un appassionato impegno morale e civile che
dura ormai da 150 anni. Potremmo ingoiare l'amarezza che, ancora una
volta, ci viene dall'essere implicitamente accusati di oscurantismo ed
evitare di farci, proprio noi, paladini dei diritti della religione, se con
questo atteggiamento Singer non preparasse a se stesso e alla bioetica
una trappola pericolosa consistente nel confondere l'etica - una
disciplina che aiuta a trovare, di volta in volta, risposte tagliate sul
bisogno - con la morale, vale a dire con lo sforzo di mettere a punto
principî e norme senza cui le soluzioni provvisorie restano quelle che
sono, per l'appunto provvisorie, e assumono, per medici e pubblico, il
carattere di vere e proprie imposizioni, piuttosto che di imperativi della
condotta, in una parola costrizioni e non doveri.
I materiali con i quali Singer costruisce, forse senza rendersene conto,
la sua trappola, si riassumono in: a) l'assoluta irrilevanza del
"biografico"; b) il fraintendimento di contenuti cruciali di momenti alti
della filosofia occidentale e della stessa scienza.
Il primo caso esaminato da Singer è quello di Trisha Marshall. Trisha,
una ragazza americana di 28 anni, la notte del 19 aprile 1993, a North
Oackland (San Francisco), irrompe nell'abitazione di un disabile
sessantenne e lo minaccia con una mannaia da macellaio. Il malcapitato
reagisce e le spara colpendola alla testa. La ragazza viene ricoverata
nel reparto di terapia intensiva della Highland General Hospital. Il suo
stato, prontamente diagnosticato, è quello di morte cerebrale. E'
mantenuta in vita con le strategie terapeutiche del caso, giacché, pur
essendo il suo cervello "spento", le funzioni vitali si mantengono
intatte. La donna è incinta da 17 settimane. Come osserva Singer "per
tre mesi e mezzo il cuore della Marshall continuò a battere, mentre il
respiratore spingeva aria nei suoi polmoni e un tubo inserito attraverso
il naso portava sostanze nutritive nello stomaco. Le infermiere
provvedevano a muoverle gli arti perché non si irrigidissero, a cambiare
posizione alla malata per impedire la formazione di piaghe da decubito
e a tenerla pulita. Il 3 agosto nacque con parto cesareo un bambino un
po' prematuro ma sano... Il bambino trascorse tre settimane e mezza in
un'unità di cure intensive, poi fu dimesso. Dove sarebbe potuto andare?
La famiglia della madre chiese che le venisse affidato. Lo stesso fece il
ragazzo della Marshall. Sul problema della custodia del bambino
incominciò così una lunga disputa che finì quando le analisi
ematologiche dimostrarono che il giovane non era il padre".
Ricostruendo la storia di Trisha, Singer pone sul tappeto diverse
questioni: avevano ragione i cittadini di Oackland ad essere irritati
perché il mantenimento in vita della giovane, finalizzato alla nascita del
bambino, e la complessità delle operazioni associate al parto e alla
sopravvivenza del feto avevano comportato per l'ospedale una spesa
complessiva di 400.000 dollari? Una somma, sostenevano i più, che
avrebbe potuto essere meglio impiegata per le tossicodipendenze,
l'approvigionamento di farmaci e strumenti indispensabili per l'attività
sanitaria, i trapianti di organi? A queste domande Singer risponde così:
le tecnologie avanzate della medicina contemporanea ci dicono che cosa
possiamo fare, ma dobbiamo fare quel che possiamo fare? No, perché
l'etica non investe quel che si può fare, ma quel che si deve fare. Le
cose stanno così perché l'etica è questione di scelte e di responsabilità.
Bene, Singer, uomo d'onore , ha perfettamente ragione. Ma la scelta
non implica la necessità di ancorarsi a un preciso referente? Quale era
questo referente? A nostro parere, una toccante storia d'amore tra due
ragazzi dell'inferno metropolitano: Trisha e il suo compagno. Il fatto
stesso che il ragazzo non fosse il padre "naturale" del bambino innalza
il valore morale della storia: la genitorialità non è solo un fatto
naturale, è anche e soprattutto l'esito di un coinvolgimento di affetti e
di sfide, in una parola, un momento insopprimibile non già della vita in
sé, ma del biografico, in cui quel che veramente conta non è la natura,
ma l'insieme delle relazioni umane, la storia. Il ragazzo di Trisha si
muoveva all'interno di una biografia, la sua e quella della giovane, in
cui subentrava il momento alto dei doveri associati all'amore tra un
uomo e una donna. Il medico di Trisha, che definì il bambino "molto
carino", e che, con i colleghi aveva cooperato alla sopravvivenza fisica
della ragazza, aveva fatto quello che, a nostro parere, a Singer è
sfuggito: usato la tecnica come strategia lungimirante della scienza
medica al servizio della morale.
In questa prospettiva si ribaltano le preoccupazioni costi-benefici. Non
ci si deve chiedere perché un ospedale spenda centinaia di milioni di lire
- che non ha - distogliendo da altre le emergenze, le sempre
insufficienti risorse finanziarie. Occorre piuttosto chiedersi perché, in
generale, un ospedale, anche nel paese più ricco del mondo, non
disponga dei fondi necessari. La cronica povertà delle istituzioni
sanitarie non rinvia, forse, inevitabilmente, a una visione critica della
società postmoderna in cui il primato dell'equazione costi-benefici
nasconde costantemente la realtà: la realtà di un contesto umano
appiattito all'insieme di utenti di un astratto, il denaro? Siamo solo
poveri vetero-marxisti perché abbiamo ancora la forza di denunciare
questo stato di cose?
In questo appiattimento si inserisce la valutazione che Singer, nella
seconda parte del libro, fa del pensiero di taluni giganti della filosofia
occidentale, da Tommaso d'Aquino -cui, di recente, la cultura scientifica
occidentale ha riconosciuto il merito di aver gettato le basi della
tradizione biologica francese - a Descartes e soprattutto a Kant.
Contrariamente a quello che dice Singer, la filosofia kantiana non si
propone affatto di "porre l'uomo al centro dell'universo" ma, piuttosto,
cerca di dedurre dalle potenzialità conoscitive proprie della coscienza
umana le responsabilità cogenti che essa ha nei confronti della natura
nel suo complesso e del mondo degli animali in particolare. Crede
davvero Singer che l'animalismo, di cui è campione, sarebbe mai potuto
decollare se l'uomo, animal sapiens per definizione di Kant, non traesse
da questa differenza - peraltro innegabile - il dovere di far transitare
l'intera natura, animali compresi, dal mondo delle forze brute al regno
della convivenza pacifica universale? Che cosa è la ragione kantiana se
non la promessa che il mondo vivente, nato dal caso, possa essere
ricostruito secondo necessità? Lo stesso Darwin, che Singer celebra
come il primo che abbia ricondotto l'uomo alla sua affiliazione con gli
animali, sarebbe davvero riuscito a farlo se, studiando il comportamento
degli animali, non avesse trasferito la storia dei conflitti sociali umani,
la "lotta per la vita", nell'indagine sul mondo vivente nel suo complesso.
A poco a poco si chiarisce l'indole della trappola in cui Singer finisce per
ingabbiare la sua indagine sulle grandi questioni della bioetica
contemporanea. Una trappola costituita dall'irrilevanza della biografia e
della storia e dal singolare errore di non vedere nella ragione - ragione
che non ha nulla a che fare con un calcolo ragionieristico - un luogo
dove nasce la responsabilità, cioè l'essenza della morale. Smarrendo lo
spessore di questa tematica, Singer enuncia una nuova serie di
comandamenti che trarrebbero legittimazione dal ripensamento di che
cosa sono vita e morte nell'era dei grandi mutamenti apportati dai
progressi delle scienze bio-mediche. Ma questi comandamenti, proprio
perché non tengono conto del primato del dovere sull'opportuno,
finiscono con il volgersi in prescrizioni di una bioetica risolta in non
altro
che in una delle tante normative veicolate dal capitalismo. Così, a
dispetto dell'autore, si perdono molte osservazioni fini e
scientificamente pregevoli di cui pur abbonda Ripensare la vita . Non
siamo certamente sicuri che le intenzioni di Singer fossero quelle di
subordinare la bioetica al primato dell'economico. Temiamo tuttavia che
l'intera argomentazione, poco attenta alle mediazioni speculative, che
pur sarebbero state necessarie, corra il rischio di trasmettere e
legittimare un messaggio sinistro.