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editoriale su colture transgeniche
Cari tutti, ho scritto questo editoriale ripetendo in parte cose gia'
dette ed ampliando l'argomentare e le fonti...ho anche cercato di
rispondere ancora una volta, e spero meglio che nei precedenti
interventi, alla tesi che queste questioni interessino solo 'ecologisti'
e che questi interferiscano con la presunta missione che le
trasformazioni genetiche avrebbero di sfamare il mondo.
Potete trovare questo pezzo sulla pagina principale di Peacelink
http://www.peacelink.it
Saluti
Alessandro Gimona
Chi semina vento...
di Alessandro Gimona
Le preoccupazioni sui rischi posti da colture e
cibi transgenici sono solo da "ecologisti con
la pancia piena", come ha sostenuto di
recente, secondo "L'Espresso" , Norman
Borlaug, uno dei padri della 'rivoluzione verde'
in agricoltura? La risposta e' un sonoro no.
Cerchero' di spiegare brevemente perche' le
accuse siano infondate, e come il recente incidente sulla colza
transgenica in Europa esemplifichi i rischi per il terzo mondo nel
presente contesto. Infine, cerchero' di riassumere perche' i benefici
'in astratto' non corrispondano, per ora, a
benefici concreti.
Ecologismo
Cominciamo con il refutare l'accusa di 'ecologismo', esaminando alcune
voci scientifiche indipendenti.
Timori ed inviti and investigare i rischi sono infatti stati espressi
anche da scienziati che lavorano in
universita' enti governativi e istituzioni internazionali.
La British Medical Association, ha formalmente invitato ad adottare il
Principio di Precauzione,e ad
operare una separazione di filiera, fino a che i timori di potenziali
effetti nocivi non vengano fugati. Inoltre
la BMA ha chiesto una moratoria dell'introduzione nell'
indeterminato, fino a che non vi
sia chiarezza.
Sir William Asscher, presidente del BMA Board of Science and Education,
ha dichiarato:
[fonte:http://www.bma.org.uk/news/990517.html]
Una volta che il genio GM sia fuori dalla bottiglia l'impatto
sull'ambiente e' probabilmente irreversibile.
Ecco perche' il principio di precauzione e' estremamente importante in
questa questione. E' persino piu'
serio che nel caso della licenza per I farmaci, che puo' essere
revocata. Ecco perche' la BMA fa
pressione per una moratoria a tempo indeterminato, fino a che vi sia
una certezza molto maggiore
riguardo a rischi e potenziali benefici degli OMG."
English Nature (l'ente di protezione della natura inglese, che
rappresenta anche gli altri enti del Regno
Unito su queste questioni) ha chiesto il bando per almeno tre anni
delle colture resistenti agli erbicidi. Dr
Brian Johnson, suo consulente scientifico ha dichiarato nel gennaio del
1999: " Riteniamo che l'uso
comerciale di GMHT (piante modificate resistenti agli erbicidi) che si
basa sull'applicazione di potenti
erbicidi rendera' l'agricoltura ancora piu' intensiva, causando ancora
piu' danni alle specie selvatiche
agricole. Il Regno Unito ha sottoscritto impegni internazionali per il
mantenimento delle specie selvatiche
a livelli sostenibili, dunque urge risolvere problemi legati all'
agricoltura intensiva, anziche' aggravare
questi problemi con l'uso di colture GMHT."
La Union of Concerned Scientist, un associazione basata negli Stati
Uniti, formata da scienziati che
lavorano, in prevalenza, sia nel mondo accademico che in enti
governativi, e' da anni molto critica sui
rischi e sull' uso che si intende fare delle tecnologie genetiche in
agricoltura. Il suo sito web
[http://www.ucsusa.org ] e' ricco di informazione critica.
Dubbi e incertezze sollevati da alcuni scienziati e gruppi di
pressione, sono stati in parte riconosciuti
anche da un recente rapporto della National Academy of Sciences ne
ni [executive summary http://www.nap.edu/html/gmpp/]. Qui
si mette in luce la
necessita' di ulteriori ricerche, anche a lungo termine, per valutare
impatti in campo ambientale e
alimentare delle piante autoinsetticide.
Di recente anche la FAO e' intervenuta nel dibattito su costi e
benefici delle biotecnologie in agricoltura,
con una dichiarazone ufficiale che evidenzia la presenza di possibili
benefici, ma invita anche a valutare
attenatamente i rischi [http://www.fao.org/biotech/state.htm]
Cio' dovrebbe bastare.
Pancia Piena
Che dire poi della 'pancia piena?' Anche questo mito puo' essere
rigettato.
Un argomento spesso portato a sostegno delle modificazioni genetiche in
agricoltura e' che queste sono
indispensabili a sfamare il mondo e specialmente il terzo mondo. Nel
presente contesto, questa e' un'
esagerazione. L' attuale ricerca, improntata a fini commerciali, e'
piu' concentrata su prodotti che
soddifano i mercati del primo mondo piuttosto che le esigenze dei paesi
del terzo mondo.
Anche in questo caso, un esame dei documenti FAO puo' essere profiquo.
Secondo gli esperti FAO
sulla sicurezza alimentare, e secondo il suo direttore generale, il
mondo produce gia' abbastanza cibo
per sfamare i suoi abitanti. Questo non significa che un aumento delle
rese in terreni marginali non
possa in alcuni casi servire. Tuttavia, il recente rapporto FAO sulla
sicurezza alimentare dice
chiaramente che le cause prime della fame, in molti paesi, sono
socio-economiche. Si consulti, per
esempio l' introduzione del Direttore Generale della FAO al recente
rapporto in materia
[http://www.fao.org/FOCUS/E/SOFI/for-e.htm]. Il documento puo' essere
esaminato per intero allo
stesso indirizzo. Nell' Executive Summary ("Meeting the Challenge") si
trovano frasi come:
" e' chiaro che non c'e' una prescrizione unica per combattere la fame"
"nelle societa' in pace (cioe' dove non ci sia guerra ndt) poverta' e
marginalizzazione sono le radici della
fa
aggiungere gli obbiettivi del World
Food Summit del 2015, cio' dimezzare
il numero degli affamati."
Coloro che sostengono che le modificazioni genetiche siano la chiave
per sfamare il mondo dovrebbero
avere la cortesia di dire su quali dati si basano le loro conclusioni,
evidentemente in contrasto con quelle
degli esperti FAO , e quale contesto socio-economico immaginino per la
loro applicazione. Potrebbe
nascerne un affascinante dibattito.
Il fatto che la fame abbia ragioni principalmente socio-economiche
spiega l'opposizione di alcuni settori
della societa' civile all' introduzione di queste tecnologie nel terzo
mondo. Esse, in combinazione con i
mecanismi di brevetto delle sementi, possono avere serie conseguenze
nei paesi in via di sviluppo, ed e'
probabile che in molti casi contribuiscano ad aggravare, anziche' a
risolvere il problema della sicurezza
alimentare, specialmente per i piccoli agricoltori, anche se e'
possibile che, in casi particolari,
l'introduzione di nuove biotecnologie sia fruttuosa.
Veniamo ora a come il recente (maggio 2000) incidente che ha visto la
mescolanza di semi normali e
transgenici sia rilevante per questo dibattito. Un errore di
separazione ha provocato la involontaria messa
a dimora in Europa di migliaia di ettari di piante transgeniche. Si
consideri ora la tecnologia Terminator,
cioe' piante brevettate che producono semi sterili (per proteggere
diritti delle compagnie sulle sementi).
L' introduzione di tale tecnologia, considerata inaccettabile dalla FAO
in quanto minaccia la sicurezza
alimentare di agricoltori di sussistenza, conferma che le intenzioni
delle compagnie sono rivolte a
proteggere i propri brevetti e i margini di profitto, piu' che
preoccupate di contribuire alla sicurezza
alimentare. In questo caso, i due obbiettvi contrastano. La tecnologia
Terminator e' pericolosa perche' e'
difficile mantenere separate sementi transgeniche da quelle non
modificate. La difficolta' nel mantenere
tale separazione e' stata dimostrata dall'incidente che ha coinvolto
Canada e Europa. Nel terzo mondo
questo tipo di incidenti e' certamente piu' probabile. La diffusione di
piante con gene Terminator, in un
contesto in cui non vi siano infrastrutture adeguate a mantenere i tipi
di sementi separate, puo' far si che
famiglie o anche interi villaggi facciano la fame, dopo aver piantato,
a loro insaputa, semi inutili.
Grazie alla normativa internazionale sulla proprieta' intellettuale
(TRIPS), vi e' la concreta possibilita' che
un crescente numero di agricoltori diventi dipendente dalla tecnologia
offerta e posseduta in esclusiva da
poche compagnie. Industrie biotecnologiche possono anche appropriarsi
di varieta' tradizionali adattate
ad un certo ambiente inserendovi qualche nuovo gene e brevettandole
come nuovi organismi. Anche
ammettendo una qualche limitata forma di brevettabilita', come nel caso
della produzione di nuove
varieta' non transgeniche, appare ingiusto che le industrie si
approprino di un processo di miglioramento
e adattamento che e' solo culminato con l'aggiunta di qualche gene, ma
che e' basato su processi di
evoluzione naturale e miglioramento pre-esistenti. La brevettabilita'
in questi casi appare molto
discutibile. Piu' in generale meccansismi per compensare gli
agricoltori e i paesi che hanno sviluppto
una certa varieta' debbono essere messi a punto e il concetto di
brevettabilita' ridiscusso, se si vuole
trovare un compromesso accettabile tra esigenze di recuperare
investimenti, e giustizia. Molte
associazioni non governative chiedono il bando totale della
brevettabilita' di materia vivente, per lo meno
per i paesi in via di sviluppo, visto il suo contrasto con la
Convenzione sulla Biodiversita'.
In conclusione, esiste il rischio che un settore di evidente importanza
strategica, come quello della
sicurezza alimentare, sia fortemente influenzato da un ristretto numero
di Corporations che hanno come
fine sociale dic
la "responsabilita' verso i loro azionisti",
cioe' generare profitto, ma non verso la
societa'.
Possibili benefici?
Ferma restando la assoluta necessita' di valutare i rischi con
attenzione, lo scenario dei benefici
sarebbe diverso se la ricerca fosse orientata a rispondere alle
esigenze dei paesi in via di sviluppo e se
tali paesi potessero beneficiare liberamente dei suoi risultati. Questi
obbiettivi potrebbero essere
perseguiti in modo efficace solo dalla ricerca pubblica.
Le piante prodotte al momento dalle compagnie biotecnologiche, infatti,
non sono in grado di dare una
risposta ai problemi dei piccoli agricoltori del Sud del mondo, e
possono persino esacerbare i problemi
soci-economici. Se si escludono gli Stati Uniti, dove si trova circa il
75% della superficie coltivata con
piante modificate, altri paesi importanti sono Cina Argentina Messico
Sud Africa. A parte la Cina, negli
altri paesi la produzione e' concentrata in aziende di larghe
dimensioni (a cui le attuali piante sono
adatte) che producono per i mercati del primo mondo.
Fino ad ora la ricerca comerciale non si e' concentrata sulle esigenze
e condizioni dei paesi del terzo
mondo e i caratteri sviluppati per i mercati del Nord non hanno
rilevanza diretta nei paesi in via di
sviluppo. Ad esempio, la produzione di tossine insetticide pone il
problema della gestione degli insetti
resistenti. Questa richiede buone conoscenze ed adeguata assistenza
tecnica, improbabili nel caso di
piccoli agricoltori nel terzo mondo.
La quantita' di denaro investita in ricerca tecnologica "not for
profit" dalla Rockfeller Foundation
attraverso istituti pubblici e' poco piu' di un millesimo del budget di
ricerca (1.3 miliardi di dollari) della
Monsanto. Lo sviluppo di caratteri rilevanti, quindi, puo' procedere
solo con estrema lentezza. Per fare
un esempio, anziche' introdurre la tolleranza agli erbicidi nel riso,
si potrebbe cercare di sviluppare piante
a chioma piu' fitta che com
le loro
infestanti.
E' vero d'altra parte che, sempre nel riso, (dieta base di circa due
miliardi di persone) la introduzione di
geni per la produzione di pro-vitamina A potrebbe alleviare la
malnutrizione infantile. Tali geni non
esistono nel corredo genetico del riso, e possono essere inseriti solo
prendendoli da altri organismi (i
Narcisi). Ottimi progressi in questo senso sono stati fatti
dall'Istituto Federale Svizzero per la
Tecnologia, in collaborazione con l'Universita' di Freiburg . Questo e'
solo un primo passo, comunque,
poiche' non e' chiaro, per ora, se la biodisponibilita' di provitamina
A nel riso, sara' effettivamente
sufficiente a sanare il problema. L'esperienza mostra che la
biodisponibilita' di provitamina A nei vegetali
e' spesso insufficiente.
Idealmente, dunque, la messa a punto di piante modificate adatte a
rispondere alle esigenze del terzo
mondo potrebbe portare benefici, se questa fosse esattamente mirata e
se tale sviluppo coinvolgesse gli
agricoltori stessi. Come nel caso analogo dei farmaci, pero', lo
sviluppo di prodotti che allevierebbero
problemi di sopravvivenza o sussistenza, ma che portano profitti
scarsi, puo' essere condotto molto
meglio dalla ricerca pubblica. Questo si applica anche a problemi
ambientali. Per esempio e' stato fatto
notare da Pimentel (Cornell University) che se si riuscisse ad
allungare la vita delle piante di cereali da
un anno a quattro-cinque anni, cio' ridurrebbe l'erosione dei suoli
migliorerebbe la conservazione di
nutrienti e renderebbe l'agricoltura piu' sostenibile. Cio' tuttavia
ridurrebbe i margini di profitto
dell'industria biotecnologica e chimica.
Per riassumere, l'introduzione di biotecnologie di proprieta' di grandi
compagnie nel contesto
socioeconomico di molti paesi in via di sviluppo avra' come probabile
conseguenza la marginalizzazione
di molti piccoli agricoltori, la ulteriore scomparsa di varieta'
adattate agli agro-ecosistemi esistenti,
possibili ca
estie locali, l'insorgenza di resistenze, la dipendenza
della sicurezza alimentare di molti
paesi dalle esportazioni di pacchetti tecnologici semente-sostanza
chimica.
Pertanto e' importante non confondere generiche, e per ora alquanto
teoriche, affermazioni che le
modificazioni genetiche in agricoltura possano essere di gran benficio
all'umanita' con lo specifico
modello industriale che si va delineando, e che tende ad integrare
tutti i paesi nel sistema
agro-alimentare globale. Da questo modello le compagnie trarrebbero
vantaggio, ma esso ha
conseguenze negative per la sostenibilita' ambientale e sociale
dell'agricoltura stessa.
In conclusione, coloro che parlano di ingegneria genetica per
migliorare le condizioni del terzo mondo,
ne parlano in astratto, come se la ricerca pubblica fosse fiorente e
mirata ( e non vi fossero possibili
rischi) ma trascurano quello che sta per avvenire in realta'in quei
paesi.