network europeo denuclearizzazione



 

Ecco la sintesi, in poche righe, dell'intevento che segue, per i frettolosi: partecipiamo al Seminario milanese del 14-15-16 settembre verso il Forum Sociale Europeo per caldeggiare la costruzione di un Network Europeo per la denuclearizzazione civile e militare. Questo network potrebbe attivare l'Iniziativa Civica Europea insieme al movimento per l'acqua pubblica. Potrebbe e dovrebbe anche cercare convergenze con le lotte per il disarmo contro le guerre. L'obiettivo della denuclearizzazione resta valido a maggior ragione se Israele attacca gli impianti nucleari iraniani. In Italia forse è venuto, da parte nostra, il momento di lanciare un referendum sull'energia ma questo non significa mollare l'obiettivo di attuare il referendum antinucleare.

 

E' possibile che, nei prossimi giorni, il complesso militare-industriale-energetico, che punta su Romney, per far perdere ad Obama le elezioni in USA insceni, con la complicità di Israele, una guerra-show, una "sceneggiata di guerra" - ma con morti veri - come fu quella in Libano del luglio 2006. Agli smemorati vale la pena di ricordare che Hezbollah si proclamò allora "vincitrice": Beirut era sì sommersa dalle macerie ma l'organizzazione era riuscita a "resistere" e a "reagire" sparacchiando razzi a casaccio! Questo per dire che un attacco aereo limitato a qualche impianto sotterraneo di Teheran non scatena necessariamente l'Armageddon né regionale né globale: l'effetto cercato è una chiusura dello stretto di Hormuz da parte del regime iraniano (che potrà comunque "resistere" a qualche botta dall'alto e proclamare "vittoria"), un rialzo vertiginoso del prezzo del petrolio, una caduta economica degli USA (e dell'Occidente), che renda impopolare il presidente "nero" (comunque - non lo ammetto a cuor leggero - è stato l'"uomo di Wall Sreet" in senso forte, anche se ora la Finanza stessa sta cambiando cavallo), la dimostrazione della sua irresolutezza e del fatto che si è rassegnato al "declino" dell'America.

Quello che importa, insomma, è che, sull'onda del clima da guerra permanente, il complesso militare-industriale riaffermi la sua centralità "reale" contestata dalla centralità temporaneamente raggiunta dell'economia monetaria finanziarizzata. Ma, attacco o non attacco (magari funziona, per calmare i bollenti spiriti dei militaristi israeliani, il diversivo in corso della guerra civile in Siria), il punto è che, per noi ecopacifisti nonviolenti, l'obiettivo non cambia: non parteggiare per questa o quella guerriglia etnica, religiosa o nazionalistica che si impanca ad "unico, legittimo rappresentante di un popolo oppresso", quale che sia; bensì rappresentare l'umanità intera nella lotta comune per gli obiettivi che ci riguardano tutti nella nostra essenza umana più basilare, incardinata nel fatto che siamo esseri biologici inseriti nei cicli naturali.

Da questo punto di vista, attacco o non attacco, anzi a maggior ragione dopo l'attacco, il nostro obiettivo resta quello di far svolgere la conferenza di pace per la denuclearizzazione del Medio Oriente e l’eliminazione dalla regione, che deve comprendere l'Europa Mediterranea, delle armi di distruzione di massa.

Il nostro obiettivo, a maggior ragione dopo un bombardamento una tantum, non diventa - che so - quello di prendere le difese del "buono" Iran contro il "cattivo" Israele, e di condividere l'assurdità che "tutti hanno diritto al nucleare pacifico" quando invece la tecnologia della fissione la consideriamo comunque un attentato forse già irrimediabile alla sopravvivenza della specie umana: resta ancora e sempre, e con più forza, come recita l'appello ospitato sulla home page di Peacelink (firmate e fate firmare!), "far sorgere ed operare delle Ambasciate di Pace della società civile che si propongano, dal basso, l'obiettivo comune della denuclearizzazione".

Se il nucleare è un male assoluto, prima uno se ne libera, anche unilateralmente, facendo il primo passo, meglio è; ed il discorso "comincia tu che poi ti seguirò" è quello che ci conduce dritti dritti al baratro.

Tornando al nostro Paese, in Italia è da prendere in seria considerazione la proposta del CESPES siciliano di effettuare un referendum sull'energia, anche se è discutibile la prospettiva di inserirlo in un "pacchetto" referendario confenzionato dall'IDV di Di Pietro.

Ma anche qui, se per fortuna la Strategia Energetica Nazionale, appena sfornata negli indirizzi da Passera e Clini, non parla affatto di nucleare, esiste comunque il problema di attuare il referendum antinucleare nei seguenti punti:

1- i piani nucleari vanno bloccati non solo in Italia ma anche dall'Italia (vedi l'attivismo di Enel e Finmeccanica, partecipate di Stato, all'estero);

2- la sicurezza del "vecchio" nucleare è tutta da garantire: bisogna smantellare le centrali e gestire razionalmente le scorie evitando le catastrofi annunciate, tipo Saluggia (ma anche Casaccia), e ponendo termine al via vai sui treni e sulle navi verso l'Europa (ed anche l'America, secondo la segnalazione di Michele Boato);

3- risolvere in modo alternativo i problemi che l’opzione nucleare pretendeva di affrontare, come ad esempio il rispetto degli impegni di Kyoto e l'emancipazione del nostro Paese dalla dipendenza dei combustibili fossili. (Come pure, cosa non trascurabile in questi gravi momenti di crisi economica, la produzione di energia a costi convenienti e con importanti ricadute occupazionali).

Il popolo referendario, ancora oggi, costituisce la vera base per costruire un progetto sociale e politico di alternativa. Dobbiamo proporci di mettersi al suo servizio per rappresentarlo come nessuna forza politica, in questo momento, ha in testa, per la sua natura di organizzazione "castale", di fare.

Ma noi, che non facciamo parte del "popolo dei 500.000 stipendiati dalla politica", possiamo invece sentirci parte integrante del popolo dei referendum che nel giugno 2011, ha riaffermato il "cuore" fondante della Costituzione nata dalla insurrezione contro l'imperialismo fascista e quindi ispirata al ripudio della guerra: il valore della sicurezza dei diritti.
"Basta all’arbitrio ed alla precarietà" cui ci costringe il fondamentalismo neoliberista: non altro che questo indica, stringi stringi, un voto sovrano e maggioritario (gli oltre 27 milioni che si sono recati liberamente e spontaneamente alle urne) che:
1) ha respinto il rischio nucleare per la sicurezza dell’ambiente e della salute;
2) ha rifiutato la privatizzazione selvaggia prescrivendo la garanzia pubblica non solo sui beni comuni, come l’acqua, ma anche sui servizi essenziali di interesse generale: lo Stato deve esserci, deve operare a protezione e a tutela, anche se non in modo invasivo;
3) ha ricusato i privilegi ad personam perché la legge deve essere eguale per tutti.