Perché i manifestanti non vogliono la Tav in Val di Susa
0 Le ragioni che muovono i manifestanti a opporsi da più di 20 anni alla costruzione di una nuova linea ferroviaria ad alta velocità in Val di Susa sono di almeno due nature diverse: una ambientale e l'altra economica.Già nel 2004, 103 medici della Val di Susa pubblicarono un
appello in cui
esprimevano forti preoccupazioni per l'incolumità della
popolazione locale. I versanti della montagna dove sarà
scavato il tunnel di 50 km che collegherà Francia e Italia
contengono infatti abbondanti tracce di amianto.
La manipolazione e il trasporto dei materiali di scavo
potrebbe causare il rilascio delle pericolose fibre che,
unite alla diffusione di polveri sottili, contaminerebbero
facilmente l'intera valle. Non a caso, nelle vicinanze del
cantiere è situata la più grande cava di amianto d'Europa,
quella di Balangero, dismessa nel 1826 e mai bonificata
(vedi Galileo). Il
timore è quello che l'incidenza dei tumori
causati dalle fibre - già elevata tra gli abitanti della
zona - possa subire un'ulteriore impennata.
Come se non bastasse, l'escavazione dei tunnel richiederebbe
enormi quantità d'acqua, che verrebbero drenate dai bacini
idrici della zona: un'area caratterizzata da coltivazioni
montane tutelate dall'indicazione geografica
protetta (Igp). Si calcola che i lavori in Val di
Susa drenerebbero dai 65 a 125 milioni di metri cubi d'acqua
ogni anno, l'equivalente di quanto consumato da una città
con un milione di abitanti. Il rischio di veder prosciugare
torrenti, fiumi e pozzi si scontra duramente con la promessa
da parte dell'alta velocità di ridurre l'impatto
ambientale del trasporto merci. A quanto pare, il
risparmio di CO2 emessa dal traffico stradale che verrebbe
dirottato sulla nuova linea ferroviaria verrebbe annullato
dalle enormi spese energetiche richieste per la
realizzazione del cantiere e dalla costosa alimentazione
delle nuove motrici.
Oltre alle problematiche ambientali, i cantieri Tav
sollevano non pochi dubbi di carattere economico. Secondo un
saggio pubblicato nel
2007 da Marco Ponti, ordinario di Economia
dei Trasporti al Politecnico di Milano, il
progetto della linea Lione-Torino, un
affare da 17 miliardi di euro, sovrastimerebbe le
aspettative di crescita previste per il traffico merci e
passeggeri nell'area subalpina. La Val di Susa, inoltre,
viene già attraversata dalla linea ferroviaria
internazionale del Frejus, i cui ultimi
lavori di ampliamento sono terminati nel 2010. Tuttavia,
questa tratta alpina è stata sfruttata negli ultimi tre anni
per meno del 25% della sua capacità totale.
La necessità di costruire nuovi e costosissimi tunnel di
collegamento con la Francia sembrerebbe quindi una manovra
azzardata: perché, piuttosto, non sfruttare al meglio le
linee di collegamento già esistenti? Inoltre, secondo gli ultimi dati
dell'osservatorio del Dipartimento Federale dei
Trasporti svizzero sul traffico merci
attraverso i valichi alpini, il volume di scambi attraverso
il Frejus sarebbe in costante calo da almeno otto anni, con
un picco negativo di 2,2 megatonnellate (Mt) nel 2009. Un
dato concreto che getta seri dubbi sulle stime presentate da
Ltf: per il 2009, infatti, prevedeva un volume di passaggio
merci pari a ben 10 Mt, quasi cinque volte più del reale
stato di congestionamento.
Data la complessità del nuovo cantiere che dovrebbe essere
avviato in Val di Susa, c'è anche il
rischio che i lavori possano subire dei forti rallentamenti.
Non sarebbe infatti una novità se la realizzazione della
linea ad alta velocità richiedesse più tempo e denaro
rispetto a quanto preventivato dai primi progetti. È già
successo nel caso delle tratte Roma-Firenze, Firenze-Bologna
e Milano-Torino, dove i costi finali hanno superato i
preventivi iniziali dalle quattro alle sette volte. Anche
nel caso, poi, in cui la tratta Lione-Torino
venisse completata in tempi ragionevoli, occorrerebbero
altri 26 miliardi di euro per estenderla fino al confine
sloveno e completare il corridoio merci che taglierebbe il
nord Italia da Est a Ovest. In conclusione, il rapporto costo-benefici
non penderebbe affatto a favore della Tav,
che al netto produrrebbe un disavanzo di 25 miliardi di
euro. Un bel fardello per la stagnante economia italiana.